Storie di cuoio. Mio figlio e il suo piede sinistro
Francesco Messori calcia un rigore con la Nazionale amputati
Questa storia è dedicata a tutti quei genitori che ogni settimana assistono alle partite di calcio dei loro figli dagli spalti con lo spirito di un gladiatore che affronta la belva nell’arena. Smettetela, e piuttosto diventate tifosi di storie come queste. Anche Francesca Mazzei è una tifosissima, anzi è La tifosa di “Messi” come recita il titolo della sua toccante saga famigliare (Acar, pagine 112, euro 13,50, scritto con Francesco Zarzana, prefazione di Bruno Pizzul ed Emiliano Mondonico). Quella dei Messori. Perché Lionel Messi è l’idolo del figlio, Francesco, «il Frency», ma è anche il soprannome che si porta dietro sui campi di calcio il suo pupillo che però gioca con la maglia n.7, «sì, quella di Cristiano Ronaldo», sorride. Un ragazzino speciale, come speciale è la squadra che un giorno, ha deciso di mettere su «grazie a Facebook», la Nazionale degli amputati. «Frency aveva 14 anni quando l’8 dicembre 2012 ad Assisi venne “battezzata” la Nazionale amputati». Una selezione, supportata fin dalle origini dal Csi (Centro Sportivo Italiano) alla quale da allora si sono “autoconvocati” contattandolo in Rete giovanissimi come Lorenzo Marcantognini, 14 anni di Fano, e veterani come il 50enne portiere torinese Pier Gardino.
Ma per arrivare a coronare il suo “doppio sogno” («Il primo è stato conoscere Messi a la Macia del Barça e farsi tatuare il suo autografo sul braccio, l’altro, poter giocare a calcio anche con una gamba») le sfide da superare sono state tante, e alcune particolarmente dure. Mamma Francesca le ha affrontate assieme a suo marito Stefano e ai nonni di Francesco fin dal giorno che «ha deciso di uscire dalla mia pancia». Era il 22 novembre del 1998 e quello scricciolo era venuto al mondo «senza una gamba». Notizia accolta con estrema “sportività” da mamma Francesca, ex ala destra della Correggese calcio femminile che davanti all’esito dell’ultima ecografia choc disse ironica: «Vorrà dire che suonerà il piano come suo padre».
In realtà fu un tonfo al cuore così forte da perdere il fiato quando lo comunicò a Stefano. «Nessuna reazione. Ci siamo abbracciati. Siamo una famiglia». Una famiglia che affronta tutto con il sorriso e lo spirito di squadra. «Suvvia, anche questa volta si festeggia per essere stati scelti come famiglia campione», fu il commento sdrammatizzante da parte del nonno materno alla notizia dell’arrivo del nipotino. Ma Francesco non sarebbe nato “soltanto” privo della gamba destra, «ma anche senza un rene, con un emivertebra che gli provocherà una grave scogliosi che lo vedrà sottoporsi all’ennesimo delicato intervento chirurgico all’età di dieci anni, e con un’atresia esofagea, cioè un distacco dell’esofago dallo stomaco. Insomma, non ci siamo fatti mancare nulla...», scrive la tifosa del suo “Messi”. Francesco ha subito affrontato quel destino tutto in salita a muso duro, ripetendosi dentro Niente paura, come canta il suo concittadino (di Correggio) Luciano Ligabue. Non ha voluto nessuno artificio per sostituire quella gamba mancante: «Quando tornava da scuola - racconta Francesca - chiudeva la porta, posava lo zaino e si toglieva subito la protesi. Lui voleva sentirsi Francesco e non Francesco con “appendice”». Come un fenicottero è riuscito a stare dritto su un piede solo, a guardare il cielo e ad abbeverarsi alla fonte dell’esistenza. E poi ha iniziato a sognare di correre e di giocare a pallone, come tutti i ragazzi della sua età. «A 9 anni Frency un giorno mi disse: mamma comprami le stampelle che voglio fare gol anch’io». Un anno dopo si giocava tutto nella finale in sala operatoria: artrodesi posteriore strumentata. «Un intervento alla colonna vertebrale che viene eseguito per favorire la fusione dei segmenti vertebrali eccessivamente mobili». Viti che scorrono su quel fisico fragile eppure così forte e resistente, come la voglia di combattere di Francesco e della sua prima tifosa. Cicatrici che per rimarginarsi hanno avuto bisogno di tempo, ma soprattutto di una passione come quella per il calcio che è il vento quotidiano che in casa Messori ha spazzato via le nuvole del male di vivere.
Francesca e Stefano non si sono mai piegati allo sconforto e la loro energia è arrivata a Francesco che, appena ha avuto un pallone sul suo unico “piede sinistro”, si è comportato come il pittore irlandese Christy Brown: con il solo mancino riusciva a dipingere quadri e a scrivere poesie. Ci vuole del talento, certo, ma anche quella fede illuminata che un altro Francesco, il Poverello di Assisi ha trasmesso alla sua famiglia che ha preso alla lettera quel «cominciate con il fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile». Con il suo sinistro ora Frency dribbla e disegna trame che hanno incantato persino quelli della Virtus Mandrio: una formazione di normodotati nella quale per la prima volta un amputato è potuto scendere in campo. «Francesco e tutti i ragazzi della Nazionale amputati sono un inno alla vita. Per chi ha gli stessi problemi fisici o magari anche più gravi e si chiede: ma io cosa posso fare in queste condizioni? Francesco e gli altri rispondono: puoi far tanto, perché hai tutta la vita davanti». Si può fare soprattutto sport, sentirsi liberi di giocare e condividere con gli altri la gioia di esserci e di incidere, comunque. La tifosa di “Messi” di questo è convinta fin dal primo istante in cui ha ricambiato lo sguardo del suo bambino che tra pochi giorni compirà 18 anni, e al quale manda a dire: «Ho visto una maglia in cui sta scritto, “molte persone aspettano tutta la vita prima di incontrare il proprio calciatore preferito... Io l’ho cresciuto».