Don Milani garante della Costituzione. Per chi conosce il Priore, non è affatto una novità: «Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua», citava la
Lettera a una professoressa; «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», stava scritto nella
Lettera ai cappellani militari che costerà all’autore un processo per apologia di reato. È tuttavia alquanto curioso che due suoi discepoli, due fratelli di sangue – Michele e Francesco Gesualdi –, in modo praticamente contemporaneo benché da prospettive politiche differenti evochino la figura del prete toscano per difendere la nostra Carta fondamentale, tirando in ballo – in modi diversi – il presidente Napolitano in quanto garante appunto della Costituzione. Francuccio, infatti, ha appena firmato con altri ex alunni di Barbiana una veemente lettera aperta in cui chiede al Quirinale – «nello spirito di don Milani» – di pronunciarsi con un pubblico messaggio a difesa della Costituzione e di praticare l’«obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che ne insultano nei fatti lo spirito». Il fratello maggiore Michele invece, già presidente della Provincia di Firenze, ha invitato il medesimo presidente della Repubblica a seguire (forse avverrà a settembre) il «percorso costituzionale» che la Fondazione Don Lorenzo Milani inaugura sabato alle 11 a Barbiana, alla presenza del presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo. Un sentiero appositamente ripristinato (è lo stesso percorso a piedi dal sacerdote fiorentino la prima volta che giunse nella sua destinazione «punitiva») che si snoda per oltre un chilometro lungo il bosco, fino alla canonica del Mugello dove don Lorenzo visse dal 1954 al 1967 e dove è sepolto. Un grande «libro di strada» permanente costituito da 44 cartelloni con gli articoli della «magna charta» italiana, illustrati dagli studenti di alcune scuole della Penisola (Rovereto, Firenze, Milano, Montebelluna, Pieve a Nievole...). Un percorso didattico che, d’ora in poi, sarà obbligatorio per le migliaia di giovani che ogni anno si recano in pellegrinaggio civile nella sperduta eppure «centrale» località: nemmeno oggi, infatti, i pullman arrivano fin lassù e dunque tutti i visitatori percorreranno l’ultimo tratto a piedi sotto l’ombra delle nuove bacheche «costituzionali». Un’ottima introduzione alla «lezione» che poi riceveranno nella scarna aula dove si faceva scuola 365 giorni l’anno, 10 ore al giorno, e senza annoiarsi. Lì sono cresciuti anche fisicamente i due Gesualdi (il Priore li aveva praticamente adottati e sono gli unici allievi citati per nome nel suo testamento) ed è sintomatico che oggi, ragionando sulla situazione del Paese e anche come segno per il 150° dell’unità, abbiano avuto uno spunto simile: ricorrere al libro che il loro maestro indicava come garanzia per poter essere cittadini sovrani. «Lo studio della Costituzione era costantemente presente nell’insegnamento di don Milani – testimonia Michele –. Se ne trovano ampi riferimenti in
Esperienze pastorali, nella Lettera ai cappellani militari e in quella ai giudici, in
Lettera a una professoressa e nelle lettere pubblicate postume. Alla scuola di Barbiana il suo studio era molto considerato, non solo come legge fondamentale, ma anche come punto di equilibrio sociale capace di indicare soluzioni per la costruzione di una società diversa». Lo testimoniano ancor oggi vari grafici su temi di educazione civica (il diritto al voto, la storia del Parlamento dal 1921 al 1968, l’iniquità fiscale, la piramide della selezione scolastica, il diritto al lavoro...) che stavano appesi al muro dell’aula di Barbiana e oggi sono riprodotti nel percorso didattico.La Costituzione era considerata dal Priore un’arma fondamentale di difesa degli ultimi, i figli dei contadini semi-analfabeti ai quali egli voleva fornire la cultura come mezzo per emanciparsi da una situazione di inferiorità economica e sociale; il Vangelo infatti vale solo per i credenti, ma la Costituzione – quella – è obbligatorio rispettarla. Non per nulla il prete Milani nella Lettera ai cappellani militari rinuncia ad usare argomenti religiosi (troppo facile dimostrare che Gesù era contro la violenza!) e scegli di basarsi solo sulla carta repubblicana fondamentale. «Agli occhi dei barbianesi – sostiene ancora Michele Gesualdi – i valori e le promesse costituzionali apparivano elementi di grande novità con una forte carica innovativa, tesa al riscatto delle persone deboli. È proprio a quella società diversa che guarda don Lorenzo e forma i suoi ragazzi ad impegnarsi nella vita per eliminare le disuguaglianze che creano ingiustizie sociali. Quando il contadinello Luciano che, per andare a scuola, cammina solo solo nel bosco per più di un’ora e mezzo, cade in un fosso d’acqua che sbarra la strada rischiando di affogare, don Lorenzo trasuda d’indignazione e sdegno e reagisce insieme ai ragazzi della scuola impugnando di fronte al sindaco di Vicchio l’articolo 3 della Costituzione: la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano di fatto l’eguaglianza di tutti i cittadini... E ottiene che venga costruita una passerella sul ruscello». Oggi che si invoca da più parti una revisione della Costituzione, sarebbe utile rammentare come – per il Priore – «le leggi degli uomini sono giuste quando sono la forza del debole... e non sono giuste quando sanzionano il sopruso del forte». Ne conviene il presidente della Fondazione Don Milani, sostenendo che i valori costituzionali sono semmai da rafforzare: «Sembra lontana la tensione morale di quando don Lorenzo indicava nella Costituzione il fondamento e la formazione civile dei suoi ragazzi. Allora nessuno metteva in discussione l’attualità e la lungimiranza della nostra Carta. Oggi il clima è un po’ diverso, non è più unanimemente riconosciuta la fecondità di quel documento; ma proprio per questo si rende più necessario riproporne la forza». Magari facendo quattro passi in Mugello, sulle pendici del Monte Giovi, destinazione Barbiana.