Agorà

L'anniversario. Mario Soldati e la fede dell'autore che trasformò la parola in immagine

Roberto Cicala mercoledì 19 giugno 2024

Mario Soldati

«Molti credono di credere e invece non credono; e molti credono di non credere e invece credono» ha scritto Mario Soldati, di cui ricorre oggi il venticinquesimo anniversario della scomparsa, in uno dei libri narrativi, tra i suoi primi, che esprime il suo rapporto con la religione, fatto di contraddizione e opposte tensioni. In questo testo del 1934, Un viaggio a Lourdes, mette provocatoriamente in luce la «mentalità terrena» di un cattolicesimo da cui vorrebbe prendere le distanze. Tutto nasce dalla biografia dell’autore, classe 1906, fin dalla frequenza dal 1912 delle elementari all’Istituto Sociale dei gesuiti di Torino dove un decennio dopo completa gli studi liceali: la familiarità con quei religiosi viene dalla madre e dalla nonna. E le prime testimonianze artistiche sono proprio degli anni scolastici con due testi teatrali, La madre di Giuda e Pilato, che dimostrano una giovanile consuetudine con i libri biblici. Per lui il peccato maggiore di Giuda, forse anche di Pilato, non è tanto tradire quanto non credere nella misericordia e nella grazia.
Anche nella narrativa della maturità i riferimenti biblici sono molti ma sempre più impliciti, come le tracce d’intertestualità rilevate da Nigro nelle riedizioni Sellerio (forse meno fortunate di quanto avrebbero meritato), che vanno da Dante in America primo amore a Leopardi in Fuga in Italia. Citazioni esplicite si trovano invece in passi della Messa dei villeggianti, il primo libro dopo il passaggio a Mondadori, ambientato sul lago Maggiore, vicino al lago d’Orta dove negli anni ’30 si era rifugiato dopo l’esperienza non del tutto positiva raccontata in America primo amore. Aveva soggiornato due anni sulla riva di Corconio con l’amico novarese Mario Bonfantini, con cui aveva vissuto l’esperienza universitaria della rivista “La Libra”. E sul lago d’Orta prende la decisione di dedicarsi alla letteratura.
A metà Novecento Soldati diventa tra i personaggi più noti su vari fronti: è lo scrittore del primo best seller italiano del dopoguerra, Lettere da Capri; il regista famoso che con un suo film inaugura le trasmissioni della Rai; e l’inventore del reportage televisivo di successo, come Viaggio sul Po alla ricerca dei cibi genuini che resta l’antecedente delle serie tv attuali dedicate al food. Eppure anche nel pieno della fama la sua preferenza è ai piccoli luoghi della fede rispetto alle grandi cattedrali, meglio se nell’amata frontiera tra Piemonte e Lombardia: molti racconti (per esempio Tentazioni) ci accompagnano nei pressi di oratori campestri dove si incontrano tracce di spiritualità, sebbene infangate nel dubbio e nel peccato, frammenti di grazia incompiuta. Avviene tra l’altro in L’amico gesuita, accorata descrizione di quanto c’è di falso, e tuttavia umano, nelle nostre passioni: «Il dubbio si volge in forza morale. Il che comporta la scoperta della carità, dell’amore».
La presenza sacra è anche nei riti e nelle festività che ritmano l’esistenza dei protagonisti di racconti raccolti sotto il titolo Natale e Satana. E il dialogo con un Dio da ricercare dura sino alla fine, se è vero che, secondo la testimonianza del figlio Michele, sul letto di morte riesce a esprimere un’ultima battuta contro la comodità di «credere all’ultimo momento». Tutto è già in Salmace, il racconto dell’esordio che è, come ha evidenziato Garboli, «pieno di fango quanto più è redento dalla serenità dello stile – uno di quei racconti coi quali si è aperto il secolo». Qui è viva l’eco ispiratrice della scena del gallo che canta lasciando compiere il peccato, con una lettura anche giansenistica della realtà che si ritrova in Colazione a Port-Royal, emblematico racconto autobiografico su una visita al celebre monastero francese in cui lo scrittore rievoca «i sei volumi di Sainte-Beuve che avevo segnati e chiosati». Là Soldati confessa così le sue radici cattoliche, il suo allontanamento e i tentativi di ritorno, fino all’ultimo; ma senza passi affrettati, eppure con l’intima ansia di poter ottenere la grazia: «Meglio fermarsi fuori dal recinto, e meditare, meditare più a lungo possibile».