Il reportage. Il giornalista e i migranti: in cammino sulla rotta del Mediterraneo
Matthieu Aikins
Gli ultimi mesi del 2023 hanno segnato l’inaugurazione di una nuova collana di saggistica narrativa di Iperborea, I Corvi, libri da tutto il mondo dedicati a temi-cardine della contemporaneità. Sull’onda del lavoro iniziato con The Passenger e dell’attenzione per libri di non fiction con una vocazione narrativa, la ricerca della casa editrice si spinge verso territori nuovi. A inaugurare la collana è L’uomo con lo scandaglio. Storie di mare, abissi e meraviglie dello scrittore svedese Patrik Svensson, cui segue il secondo titolo, Chi è nudo non teme l’acqua. Un viaggio clandestino del Pulitzer canadese-americano Matthew Aikins (pagine 416, euro 19,00).
Il libro è un reportage narrativo sul tema dei migranti. Aikins è stato a lungo in Afghanistan, si è occupato con una squadra di reporter delle vittime civili dei bombardamenti aerei americani e la video-indagine che ha prodotto insieme ai suoi colleghi si è aggiudicata due Emmy Award. Chi è nudo non teme l’acqua è il suo primo libro, capace di raccontare in presa diretta una vicenda umana e giornalistica: la storia è quella di un profugo afghano e del suo viaggio attraverso l’Asia Centrale. Aikins scrive in prima persona, si finge un richiedente asilo, assume un nuovo nome, finge di non capire l’inglese per non farsi scoprire. Segue Omar, un giovane che si guadagna da vivere come interprete e autista, sulla rotta che porta al Mediterraneo. Nulla nel libro è inventato, le fonti sono appunti di viaggio presi sul cellulare e lo stesso vale per foto e video. Concluso il viaggio, Aikins torna in alcuni dei luoghi visitati, conduce interviste di approfondimento e porta avanti un lavoro di fact-checking. Il resto è storia: il City Plaza, il vecchio albergo che a suo tempo era stato chiuso per la crisi economica e poi occupato per diventare un luogo di accoglienza per migranti e rifugiati, «chiuse spontaneamente nel 2019, dopo il ritorno al potere dei conservatori in Grecia». Dall’hotspot di Moria, sull’Isola di Lesbo, nel settembre del 2020, salì una colonna di fumo nero a causa di un incendio, che «rase al suolo il campo. […] A maggio del 2021 sulle isole greche erano detenute tredicimila persone in attesa di ricevere asilo. Il 15 agosto 2021 i talebani conquistarono Kabul e costrinsero all’esilio una nuova ondata di profughi».
A margine, quella raccontata da Ainkins è poi anche una storia d’amore che supera i confini: «C’era anche un’altra persona – scrive – che lo tratteneva a Kabul (Omar, ndr): Laila, la figlia del suo padrone di casa, che abitava poco lontano da lui. Si frequentavano in segreto da diversi anni ma non mi ero accorto che era diventata una storia seria. Omar la considerava l’amore della sua vita».
Un capitolo importante del libro è quello della strada, il racconto della distanza tra luoghi, quindi il tema del viaggio: «Immaginiamo che a collegare le città del mondo sia una rete di strade la cui lunghezza non è proporzionata alla distanza geografica ma alla loro pericolosità». Ciascuna linea, scrive Aikins, ha un prezzo e «chi spende di più rischia di meno. Di solito i migranti prendono la strada più breve che si possono permettere».
Il libro prosegue ricordando l’immagine (e la storia, l’effetto che ebbe) di Aylan, il suo «scuotere le coscienze», e il suo accendere una luce che fino a quel momento era mischiata al «flusso costante di notizie». Come sempre, poi, il mondo «rivolse altrove la propria attenzione» e la storia proseguì. Il sogno di cui si nutre l’emigrazione, scrive Aikins nella parte conclusiva del libro, è ricominciare da capo: «Il viaggio è il preludio. La vita viene dopo, e non è detto che non sia più difficile», nonostante il finale sia spesso un nuovo inizio.