Qualcuno l’ha definita la «Cappella Sistina del Novecento ». Certo non per le proporzioni, ma il paragone, almeno per la portata storica, regge. E pare segno del destino che tra pochi giorni la Chapelle du Rosaire realizzata da Henri Matisse per le suore domenicane del Santissimo Rosario a Vence, in Provenza, stia per diventare 'vicina di casa' del precedente michelangiolesco. Mercoledì 22 giugno, nella «marescalcia», un vasto locale adiacente alla Sistina, i Musei Vaticani inaugureranno la Sala Matisse, interamente dedicata ai bozzetti e ai cartoni realizzati dall’artista francese tra il 1948 e il 1952 per quello che può essere considerato il suo grande, estremo capolavoro, «il compimento – come egli stesso scrisse – di tutta una vita di lavoro e la fioritura di uno sforzo enorme, sincero e difficile». La storia della Cappella del Rosario è nota. Suor Jacques-Marie prima di entrare nel convento di Vence, era stata infermiera e poi allieva e modella di Matisse. L’istituto mancava ancora di una cappella e la religiosa ne parlò al maestro che nel 1947 accettò la sfida di curarne l’intera realizzazione. I primi studi risalgono al gennaio 1948. La prima pietra fu posta il 12 dicembre 1949 e il 25 giugno 1951 il vescovo di Nizza monsignor Remond potè consacrarla. La decorazione matissiana comprende vetrate, ceramiche dipinte e arredi liturgici. L’artista continuò a lavorare e solo il 31 ottobre 1952 venne ultimata la casula nera per i funerali. A seguire in fase di committenza l’artista, che volle curare l’opera nei minimi particolari, c’era anche padre Marie-Alain Couturier, il grande domenicano protagonista del rinnovamento dell’arte sacra in Francia nel dopoguerra. I cartoni diventano ora il pezzo forte della Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani. Un corpus costituito dal cartone a scala 1:1 per la ceramica del presbiterio con
La Vierge et l’Enfant e dai papiers découpés (una sorta di collage monumentale) a grandezza reale per le vetrate dell’abside, del coro e della navata: lavori che arrivano a misurare anche cinque metri di altezza per sei di larghezza. A queste si affianca una fusione in bronzo del piccolo crocifisso realizzato per l’altare. E presto saranno esposte anche la prima tessitura di cinque delle sei casule disegnate per ogni tempo liturgico dall’artista. Se il crocifisso e le casule furono donate dalle suore di Vence già nel 1973, quando per volere di Paolo VI nei Vaticani fu aperta la galleria dedicata ai moderni, la vicenda dei grandi cartoni è più complessa: «È una vicenda solo in parte conosciuta – racconta Micol Forti, responsabile della Collezione d’Arte Religiosa Moderna e curatrice dell’allestimento – ed è accessibile solo attraverso gli archivi di Pierre Matisse, il figlio dell’artista divenuto importante mercante d’arte e mecenate. La documentazione archivistica degli anni di Paolo VI infatti non è ancora consultabile. L’acquisizione è stata formalizzata nel 1980 in occasione di una mostra che il segretario di papa Montini monsignor Pasquale Macchi, tra i padri della nostra galleria, realizzò in memoria del Pontefice con alcune ultime grandi donazioni. I documenti però hanno rivelato che i primi contatti per l’iniziativa, condivisa da tutti gli eredi anche se formalmente condotta da Pierre, risalgono almeno al 1974. Ciò significa che può essere considerata come l’ultima espressione dell’interesse verso l’arte di un intero pontificato». L’allestimento si è rivelato una vera e propria sfida: «I formati monumentali necessitavano spazi adatti, rari per noi, stretti tra l’appartamento Borgia e la Sistina. Un’altra difficoltà era data dalla conservazione di queste opere, realizzate su carta. La progettazione è partita cinque anni fa, ma la sola operazione di allestimento è durata più di due anni. Particolare cura abbiamo dedicato all’illuminazione. Lo stesso Matisse aveva riflettuto a lungo sulla diversa reazione di carta e vetro alla luce. Siamo arrivati a un risultato inverso rispetto alla Cappella: se quella è immersa nella luce mediterranea, la nostra sala è in penombra e solo le opere sono illuminate». «Tra le testimonianze di arte religiosa moderna conservate nei Vaticani questa è in assoluto la più importante – commenta il direttore dei Musei Antonio Paolucci – Sono certo che la sala contribuirà a dare la giusta luce a una collezione straordinaria in ogni sua parte». Già, perché nei Vaticani sembra di assistere a una maratona: «Il visitatore medio percorre i Musei in un tempo medio di un’ora e un quarto – continua Paolucci – una corsa forsennata verso la Sistina. Senza degnare di uno sguardo Raffaello e il Laoconte. Figuriamoci i musei minori. Sono i tempi feroci dell’industria turistica. Il mio sforzo è far capire in questo vortice il carattere distintivo dei Musei, una rete che dimostra l’attenzione da sempre dedicata dalla Chiesa alle arti e alle culture ». Ma la collezione Matisse comprende anche un importante nucleo di documenti: «Nel 1979 – spiega Micol Forti – i Musei ricevettero in dono anche le lettere che Matisse spedì a Agnès De Jésus, madre priora della congregazione domenicana, tutte decorate con progetti e disegni floreali». L’intero rapporto epistolare sarà pubblicato in Comme un fleur. Matisse e la cappella di Vence , volume firmato dalla Forti in uscita in autunno. «Lo studio dei documenti ha consentito di approfondire le stratificazioni di una storia nota. Interessanti novità sono emerse soprattuto sul contesto: dalla committenza delle stesse religiose, donne raffinate e colte che non subiscono ma vivono l’evento in modo partecipe e cosciente, sino alla fase storica vissuta dall’arte in Francia tra il ’45 al ’55 in cui la riflessione sul sacro tra gli artisti come Chagall, Leger, Le Corbusier, è molto intensa. Matisse si ritrova a discutere con referenti intellettuali ed ecclesiali di grande apertura. La Cappella di Vence non è, come spesso si è affermato, una fioritura isolata ma il caso più eclatante di un fenomeno che si pone al centro non solo del rinnovamento dell’arte sacra ma dell’arte
tout court ».