Dan Brown nel Simbolo perduto allude spesso ai nemici della massoneria come personaggi patologici, fondamentalisti cristiani vittime di assurde «teorie del complotto». Si potrebbe osservare che la predica viene da uno strano pulpito, dal momento che alcune delle più bizzarre teorie del complotto sono state divulgate con grande entusiasmo proprio da Brown in Angeli e Demoni e nel Codice da Vinci . Ma in verità l’anti-massonismo nasce molto prima del fondamentalismo protestante o della destra religiosa statunitense così poco simpatica a Brown. Prima ancora che la massoneria moderna sia fondata, nel 1717, si manifestano già reazioni anti- massoniche. Nel 1698, per esempio, un certo M. Winter (di cui non ho reperito ulteriori dati biografici) fa diffondere un volantino indirizzato «A tutte le persone timorate di Dio nella città di Londra» in cui si mette in guardia dal «male perpetrato di fronte a Dio dai cosiddetti Massoni»: «Essi sono l’Anticristo che viene ad allontanare gli uomini dal timore di Dio. Perché mai certi uomini dovrebbero incontrarsi in luoghi segreti e con segni segreti, stando attenti che nessuno li veda, se fosse per compiere l’opera di Dio? Non sono questi i modi degli operatori d’iniquità?. Non mescolatevi con questa gente corrotta – consiglia il volantino – per non trovarvi con loro quando verrà la consumazione del mondo». Come si vede, l’anti-massonismo è almeno antico quanto la massoneria. Tuttavia, come è più opportuno parlare di massonerie, al plurale, così esistono diversi tipi di anti-massonismo. Si deve almeno distinguere fra un anti-massonismo «politico», che spesso reclama leggi anti-massoniche e interdizioni civili per i massoni, e un anti-massonismo di tipo «dottrinale» che critica la massoneria sul piano filosofico e culturale. L’anti-massonismo «politico» trae i suoi argomenti da specifici risultati del metodo massonico in questo o quel Paese, in questa o quell’epoca storica, sostenendo che essi sono nocivi o pericolosi per la società. L’anti-massonismo «dottrinale» concentra invece la sua critica sul metodo massonico come costante nella storia delle massonerie, a prescindere dagli specifici risultati che dal metodo sono di volta in volta derivati. Naturalmente, l’anti-massonismo «politico» e l’antimassonismo «dottrinale » sono, per usare un termine sociologico, «idealtipi» o «tipi ideali », che l’interprete può ricostruire ma che raramente s’incontrano allo stato puro. Spesso ci si trova di fronte a forme ibride di anti-massonismo, che presentano elementi dell’uno e dell’altro tipo ideale. Tuttavia è importante sottolineare due aspetti importanti della storia degli anti-massonismi. Anzitutto, l’anti-massonismo «politico » non presuppone necessariamente l’anti-massonismo «dottrinale ». Per esempio, forze d’ispirazione marxista potranno reclamare provvedimenti legali contro la massoneria ritenendo che sia, in una determinata situazione storica, globalmente nociva e nello stesso tempo esprimere apprezzamento per il metodo massonico e per il ruolo «progressista » che, in altre epoche, ha avuto. In secondo luogo, l’anti-massonismo «dottrinale» potrà mantenere ferma la sua critica della massoneria a prescindere dalle posizioni concrete che le singole obbedienze massoniche adottano su questo o quel problema. Nel mondo cattolico il magistero esclude, si può dire da sempre, la «doppia appartenenza » dei fedeli insieme alla Chiesa Cattolica e alla massoneria: e lo fa sulla base di una rigorosa critica dottrinale del metodo massonico, che rimane sempre incompatibile con la fede cattolica quali siano i risultati cui l’applicazione del metodo di volta in volta porta. La posizione attuale e vigente della Chiesa Cattolica è espressa dalla Dichiarazione sulla massoneria della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 1983, firmata dal suo prefetto di allora cardinale Joseph Ratzinger ma sottoscritta anche dal papa Giovanni Paolo II, così che dev’essere considerata magistero vincolante per tutti i fedeli. Secondo questo documento, benché il nuovo Codice di diritto canonico del 1983 non parli più di «scomunica» per i massoni, in realtà «rimane [...] immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione». Quando qualche massone argomenta che dal fatto che nel nuovo Codice non si usi più la parola scomunica si può evincere che i cattolici oggi potrebbero diventare tranquillamente massoni esprime dunque la posizione della massoneria, non quella della Chiesa cattolica. E quale comportamento debbano tenere i cattolici lo determina ovviamente in modo vincolante la Chiesa, non la massoneria. La massoneria è libera di pensare che i massoni possono essere cattolici. Ma la Chiesa insegna con assoluta chiarezza che i cattolici non possono essere massoni. Se pure manca la parola «scomunica » rimane la sostanza: i cattolici che sono massoni «non possono accedere alla Santa Comunione». E il documento precisa pure che singoli vescovi non possono modificare una decisione che è stata presa in modo formale e definitivo dalla Santa Sede. Importante, nella stessa prospettiva, è un testo pubblicato da L’Osservatore Romano il 23 febbraio 1985, non firmato ma di cui è comunemente considerato autore l’allora cardinale Ratzinger. Il testo costituisce per così dire la «motivazione» della «sentenza» del 1983. Secondo questo testo, anche nel caso – da esaminare obbedienza per obbedienza, caso per caso, Paese per Paese – in cui non vi siano specifici risultati ostili alla Chiesa, «l’inconciliabilità dei princìpi» rimane ferma, in quanto – qualunque siano i suoi risultati – è sempre il metodo massonico a essere incompatibile con la fede cattolica. Qualcuno, osserva la nota del 1985, potrebbe obiettare che è improprio parlare di «inconciliabilità dei princìpi» perché «essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun “principio”». Ma proprio questo aspetto «essenziale» è incompatibile con la fede cristiana sul piano metodologico: «Anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma» – proprio perché non ci sono né dottrine né dogmi – «tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante. In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile». Così, «anche quando [...] non vi fosse un’obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina, tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca, ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano “al quale è cara la sua fede”». Il rito di iniziazione degli affiliati a una loggia massonica secondo un’incisione del XVIII secolo