Cinema. Per raccontare Gesù Martin Scorsese ritorna a Endō
Martin Scorsese
Anticipiamo alcuni passaggi di Il volto del senza volto: il Cristo di Endo e Scorsese, il contributo del missionario saveriano Tiziano Tosolini al nuovo numero di “Vita e Pensiero”. La rivista della Cattolica di Milano propone tra l’altro un editoriale di Franco Cardini su Notre-Dame e il testo di una lectio di Roberto Benigni dedicato alla Madonna.
Che accadrebbe se due autori, che non si ritengono teologi o esegeti di professione, decidessero di investigare la figura di Gesù ponendosi come obiettivo quello di presentarne un volto quanto più riconoscibile o comprensibile alle persone di oggi? Che succederebbe se due artisti, mossi dall’impeto e dal tormento della loro ricerca spirituale, piuttosto che dalla volontà di aggrapparsi a una fede predefinita da altri, affrontassero il viaggio verso le profondità della propria anima per cercare di lasciar emergere in loro la rivelazione della trascendenza, dando così voce a quelle parole e a quei gesti di Gesù che hanno avuto il misterioso potere di toccare e trasformare la loro esistenza? Quale immagine di Cristo emergerebbe da questa loro fatica spirituale? Quale tipo di interpretazione del messaggio evangelico si articolerebbe e risuonerebbe in maniera inedita e accattivante per l’uomo contemporaneo?
Forse una delle risposte più attuali a queste domande risiede sia in un libro pubblicato dallo scrittore cattolico giapponese Shusaku Endo (Vita di Gesù, 1973) sia nel film che il regista americano Martin Scorsese, accogliendo un recente invito di papa Francesco a dar vita a nuove opere d’arte sull’identità e sulla missione di Gesù, ha deciso di intraprendere lasciandosi suggestionare proprio dalla peculiare raffigurazione di Cristo che emerge dal libro di Endo. Soffermandosi su alcune intuizioni iniziali di questo suo progetto, il regista ha dichiarato che il film sarà ambientato principalmente ai giorni nostri e si concentrerà sugli insegnamenti fondamentali di Gesù in modo da esplorarne i principi e le rivelazioni evitando, al contempo, di scadere in forme di arido proselitismo.
Annunciando questa sua nuova impresa cinematografica, Scorsese ebbe a dire: «Sto cercando di trovare un nuovo modo per renderlo accessibile a tutti e di eliminare l’onere negativo di ciò che è stato associato alla religione istituzionale… In questo momento, chi parla di “religione” suscita l’antipatia di molte persone perché essa ha fallito in vari modi. Tuttavia, questo non significa necessariamente che ciò che le ha dato l’impulso iniziale fosse errato. Torniamo indietro. Ripensiamoci. Qualcuno la rigetterà ancora, eppure potrebbe fare la differenza nel modo in cui uno vive la propria esistenza, persino nel suo stesso rifiutarla» (For Martin Scorsese, It’s All about Forgiveness, in “Los Angeles Times”, 8 gennaio 2024).
Si comprendono quindi anche subito le ragioni del perché Scorsese abbia trovato in Endo (e non per la prima volta, dato che il regista aveva già fatto uscire nel 2016 il film Silence tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore giapponese) un autore che per sua stessa ammissione è un romanziere (non un biblista) che si è posto come scopo dell’opera quello di presentare una figura di Gesù che possa essere accolta, o se non altro resa meno anonima e sconosciuta, a un pubblico non-cristiano come quello giapponese. Certo, lo scrittore sa che alcuni teologi avrebbero parecchie riserve su vari punti della sua esposizione, eppure Endo non si stanca di ripetere che a lui più che i “fatti” storici interessano le “verità” della Bibbia, ovvero quelle verità dello spirito che mantengono la loro validità (e che rispettano comunque la verità essenziale del messaggio cristiano) sebbene non si trovino delle corrispondenze dirette in fatti “reali” o storicamente accaduti. [...] L’opera di Endo non va letta come un’opera di apologetica o di storia, quanto piuttosto come il resoconto di un incontro con “l’amore di Dio” e con il “Dio dell’amore” offrendo così anche agli scettici, agli sfiduciati e alle persone stanche e sole di oggi, un ritratto del volto del Signore in cui possano rispecchiarsi e ricrearsi spiritualmente.