Agorà

Spiritualità. La Vergine del Silenzio e il Novecento breve che non vuole finire

Roberto Italo Zanini lunedì 13 maggio 2024

Icona della Vergine del Silenzio (particolare)

Il 13 maggio 2020 la piccola chiesa del rinato convento cappuccino di Avezzano, nel centro geografico dell’Italia, diventava ufficialmente il primo santuario al mondo dedicato alla Vergine del Silenzio. Il primo ed espressamente voluto da papa Francesco, che è poi tornato costantemente sul tema del silenzio come mai nessuno dei suoi predecessori. Lo ha fatto anche nella bolla per l’indizione dell’Anno santo 2025, sottolineando che sulla strada della ricerca del «senso della vita» il pellegrinaggio a piedi favorisce «la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità». Parole che si incrociano con quelle del cardinale Luis Antonio Tagle, l’8 maggio 2022 al santuario: «La Vergine del Silenzio è la Madonna dei nostri giorni, che hanno bisogno di profondo silenzio». Il silenzio, quindi, come chiave di senso della nostra umanità e del nostro tempo. Una rivoluzione, che chiuderebbe definitivamente col Novecento, che si era aperto col progressivo sferragliare del futurismo e nel rumore è proseguito con due guerre mondiali e la seminagione di ideologie globali mai viste, compresa quella che spinge a una ricerca di godimento e profitto senza limiti e senza futuro.

In questa logica quel 13 maggio 2020 ha il significato della profezia. Eravamo in piena clausura da covid-19. Un minuscolo virus metteva in ginocchio la proterva macchina del Novecento e un silenzio quasi primordiale aleggiava sulle nostre città. Sono passati solo quattro anni, ma quel periodo lo abbiamo quasi dimenticato: nella tragedia, perché non si vedeva l’ora di uscirne, ma soprattutto in quel poco di buone pratiche e buone promesse che ne erano scaturite e che sembrava volessero superare la logica egoistica nelle relazioni e del profitto. Riguardo alle promesse dimenticate è presto detto considerando la sanità pubblica e la chiara evidenza che andasse radicalmente rinnovata soprattutto nell’attenzione per gli esseri umani. Quegli stessi esseri umani che dopo poche settimane di lockdown si erano accorti dell’aria finalmente respirabile delle loro città, dei silenziosi e profumati affacci dalle finestre dei loro condomini. Gli stessi che pativano la solitudine nei loro appartamenti, di chi moriva e di chi restava; che vedevano perdere vitalità i figli, legati a doppio nodo ai computer per lo studio e i rapporti umani; che rivalutavano l’importanza della famiglia, degli amici non virtuali, dei vicini di casa, degli anziani. Lo avevamo capito.

Avevamo, ciascuno, la possibilità di voltare pagina e tornare a vivere umanamente, ma forse terrorizzati da quella esperienza di precarietà ci siamo reimmersi nel solito trambusto di suoni e immagini. Il Novecento stava boccheggiando, ma è tornato a irretirci, con un di più, se si vuole, di una multiforme e rumorosa rabbia che sembra pervadere le relazioni fra giovani, fra sessi, nelle famiglie, fra gruppi etnici, in luoghi fondanti come la politica, la scuola, le università, gli ospedali. Quelle stesse relazioni e quei luoghi che nel silenzio ci erano sembrati così importanti e bisognosi di essere migliorati e rilanciati. In questo contesto, che sembrava epocale, ma che potremmo ormai definire di occasione perduta, non si può ignorare l’evidenza della nascita di quel primo santuario della Vergine del Silenzio.

Icona della Vergine del Silenzio - WikiCommons

Il 13 maggio si ricordano le apparizioni di Fatima e per questo motivo il rettore del santuario, il cappuccino padre Emiliano Antenucci, la scelse come data di inaugurazione ben prima della pandemia. Il lockdown la trasformò in silenziosa e umile come la figura stessa di Maria. Una sorta di richiamo rafforzato alla necessità del silenzio per la nostra umanità che nel rumore ha smarrito la facoltà di liberamente pensare, costruire e amare? Paradossalmente lo smarrimento vissuto in quei giorni, di fronte al vacillare dell’esistenza globalmente artigliata dalla morte senza speranza, spinge verso una risposta positiva. Solo nel silenzio riusciamo a non nasconderci le domande che contano, a far emergere quel senso di precarietà che ci rende tipicamente umani. Solo nel silenzio possiamo ascoltare il nostro cuore e il cuore di chi ci sta accanto, dare risposte, individuare strade di condivisione e di speranza. Senza considerare che questo 13 maggio 2024 sono 40 anni dal giorno in cui Giovanni Paolo II attribuì pubblicamente la sua sopravvivenza, nell’attentato di tre anni prima, all’intervento della Madonna di Fatima: «Fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte» (Meditazione dal Policlinico Gemelli ai vescovi italiani). Nello spiegare la scelta del 13 maggio, fra Emiliano Antenucci ha più volte ricordato il nesso del messaggio di Fatima, “Il mio cuore immacolato trionferà”, col messaggio dell’icona della Vergine del Silenzio, che ha l’indice della mano destra sulle labbra mentre mostra il palmo della sinistra invitando a sostare.

Perché l’amore, e il suo mistero, si può accogliere solo mettendosi in ascolto. Amore che dà un senso alla vita, cambiando alla radice le relazioni, sanando quella sensazione di precarietà e di morte che spinge a nascondersi nel frastuono generato dalla fretta, dal rumore di tanta musica, dal desiderio mai sazio di possesso, dall’ossessione delle immagini sui social, da uno stile incessantemente competitivo, dal parlare vuoto, spesso invidioso e maldicente, dalla guerra, dalle tante guerre che attraversano i nostri cuori. Del resto, come sanno i credenti di ogni religione, solo il Signore ha «parole di vita eterna» (Gv 6,68). La Vergine di Avezzano invita al silenzio perché possiamo ascoltarle; per dirci quel che ci è chiaro, ma non vogliamo sentire: oggi solo il silenzio può farci chiudere definitivamente col Novecento e aprire una nuova era.