Un'estate fa. Mammaro, sono eterne le grandi voci del passato
Il promoter e impresario degli artisti Pasquale Mammaro con la cantante Orietta Berti
Cinquant’anni fa, estate 1972 in Francia si cantava Une belle histoire brano·del cantante e compositore Michel Fugain che in italiano divenne l’altrettanto romantica versione intitolata Un’estate fa portata al successo da Franco Califano. Oggi se il “Califfo” fosse ancora vivo, sicuramente la canterebbe, per la gioia del pubblico, in una serata o un concerto organizzato per le piazze del nostro Paese. E allora questa serie che, è inutile negarlo, ha più di qualche scampolo di nostalgia, è dedicata ai “vecchi campioni” del cantar leggero come Califano, che siamo andati a scovare e che seguiremo in queste notti d’estate nei loro tour, senza fine. Personaggi che da sempre segue il nostro 'Cicerone' musicale e apripista della serie, Pasquale Mammaro che ci guida verso questo doveroso omaggio. Un omaggio, ad artisti e gruppi storici che, nonostante gli anni che passano inesorabili, continuano a divertirsi e a divertire, a sognare e far sognare attraverso la musica. La loro musica, molta della quale, nella nostra memoria è rimasta la canzone e spesso la colonna sonora di un’estate fa.
Il suo motto è «old is gold», il vecchio è oro. E se in questa estate 2022 tanti di quelle vecchie glorie del pop sono ancora in piena attività lo devono a lui: a Pasquale Mammaro, il presidente della Starpoint Corporation. Razza rara di promoter e organizzatore musicale, come quella dei Bibi Ballandi e David Zard o il suo maestro «con ufficio al mitico Bar Vanni di Roma» Piero Colasanti «un grande editore musicale che, come un artigiano “lavorava l’artista” per farlo diventare famoso», ricorda Mammaro che nasce dj nelle prime radio libere degli anni ’70. Quella del suo paese, Minturno. «Avevo già la passione per i cari vecchi vinili e le trasmissioni radiofoniche culto tipo Hit Parade e Dischi caldi. Così con un giradischi e un registratore creavo la mia hit parade personale. Il primo disco comprato? I primi due furono quello di Barry White e Gloria Ganyor che ora porterò in concerto all’Arena di Verona». Sì perché nella sua scuderia dei lingotti umani, della serie «old is gold», ci sono anche gli stranieri, come la regina americana della disco music o lo stagionato me sempre «good» Tony Hadley, frontman degli Spandau Ballet. Mammaro è l’artefice del successo sanremese de Il Volo e della «scommessa vinta con Amadeus» di Diodato, trionfatore del Festival 2020 con Fai rumore. Ma i boatos costanti, Mammaro continua a farli echeggiare con quelle voci e le band storiche, che negli anni ha strappato all’oblio del tempo e delle mode imperanti, compreso l’uragano rap. E il suo 'special cast' è composto da un’infinità di proposte, di nomi e di stelle di ieri, ma buone ancora oggi, per tutte le stagioni e per tutte le serate di questa calda estate 2022.
Nel cast figurano: Donatella Rettore, Fausto Leali, Orietta Berti, Red Canzian, Rita Pavone, i Collage, i Cugini di Campagna, Il Giardino dei semplici... fermiamoci qui che la lista è lunghissima.
Metta anche Marcella Bella. Sono appena tornato da Ibiza dalla sua festa per i 70 anni. Marcella ha una voce fantastica, in America sarebbe ancora al top come la Ganyor. Qui da noi sto provando da anni a riportarla a Sanremo, ma serve la canzone giusta...
Intanto la Rettore è riuscito a riportarla all’ultimo Festival.
Per Donatella devo dire ancora grazie ad Amadeus che ha suggerito l’accoppiata con Ditonellapiaga che aveva quel brano stile Rettore in versione millennial. Chimica è andata fortissimo, l’hanno cantata in tutte le scuole d’Italia.
Oltre alla scuola di Colasanti qual è stato l’artista che più ha influito nella sua formazione di 'factotum' musicale?
Little Tony. Con lui sono stati 25 anni di amicizia e di collaborazione totale, ben al di là del mio ruolo di manager. Ci ha lasciati troppo presto, con lui oggi avrei proseguito quello splendido lavoro iniziato insieme.
Prima che Little Tony se ne andas- se era riuscito a compiere il “miracolo”: l’accoppiata sanremese con Bobby Solo.
Quando lo proposi a Pippo Baudo mi disse: «Pasquale, se ci riesci a portarmeli a Sanremo ti faccio un momumento». La canzone, Non si cresce mai doveva scriverla Bruno Lauzi che però si arrese, «mi spiace non ce la faccio», disse. Così la palla passò a Bigazzi e il brano uscì bello, tagliato apposta per loro, ma c’era un problema non da poco da superare...
Che tipo di impedimento?
Nel tempo erano rimasti due “amici- nemici”. Tony considerava Bobby «inaffidabile sul lavoro», anche se con me si è sempre comportato bene. Bobby stimava Tony, ma lo riteneva «un uomo immagine» mentre lui si sentiva il vero musicista del duo. Devo dire che avevano ragione entrambi...
La scelta diede ragione anche a Baudo che la ringraziò, ma lei glie lo doveva, in fondo la sua ascesa è cominciata grazie al Pippo nazionale che aveva creduto nel progetto Alleluia pro Caritas.
Vero, era il 1986, l’anno dei Mondiali in Messico, poi vinti dall’Argentina di Maradona. Noi eravamo campioni del mondo in carica e quindi ho pensato che dopo Band Aide We are the world, serviva un inno internazionale cantato dai nostri calciatori. Don Eligio Ermeti, allora capo della San Paolo audiovisivi mi diede carta bianca. Contattai tutte le società calcistiche per far cantare quel brano scritto da Stefano Urso, lo “Europe italiano” per capirci. Feci il giro delle 'sette case' discografiche, ma nessuno voleva incidere quella canzone... Un peccato, avevo Gullit, unico vero cantante tra i calciatori che stava passando al Milan. Mi accordai con Pippo Baudo che voleva lanciare la canzone nel suo “Fantastico” di Rai 1, parliamo di 15-20 milioni di telespettatori al sabato sera...
Ma la leggenda narra che era la vigilia di Roma-Juventus, quindi impossibile avere dei calciatori in trasmissione.
Infatti, ma non impossibile per Baudo che al giovedì telefonò a Giulio Andreotti e gli disse: «Senatore, ho una grande operazione di beneficenza, mi devi sbloccare Boniek, Conti, Platini e Cabrini». E il sabato quelli si presentarono puntuali al Teatro delle Vittorie per promuovere il video e la canzone che padre Eligio aveva provveduto a far pubblicare dalla Rca.
Un trionfo da 500mila copie e l’inizio anche del suo debutto televisivo, dietro le quinte, con l’intuizione del 'ripescaggio' delle vecchie glorie della canzone.
Nel 2000 curai la direzione artistica del programma di Canale 5 “I Ragazzi irresistibili” condotto da Adriano Pappalardo, Rita Pavone, Little Tony e Maurizio Vandelli. Due anni di trasmissione da Saint Vincent, un periodo divertente. Fu un successo incredibile che di fatto ha aperto la porta ai tanti format di revival tuttora in onda. Un successo condiviso con Giorgio Gori, allora alla direzione di Canale 5 e del caro amico Marco Ravera che è volato via troppo presto, e senza di lui finì anche la nostra avventura.
Nel 2001 però ha proseguito con 'La notte vola', con protagonista assoluto un altro suo vecchio pupillo: l’ingiustamente 'bistrattatato' Mino Reitano.
«Mino è stato un grandissimo artista, aveva un cuore non grande, come cantava, bensì enorme. Ma era il contrario di Little Tony che ripeteva: «Meglio fare un minuto buono in tv che 3 così e così». Mino Reitano invece se ne prendeva 15 di minuti, andava bonariamente sopra le righe, perciò per anni lo hanno tenuto da parte nonostante il pubblico lo amasse alla follia, per via della sua genuinità autentica.
Quella stessa genuinità che le ha permesso di riportare Orietta Berti a Sanremo.
Orietta non ci voleva neanche andare , «ma che sei matto Pasquale!», mi disse. Ho dovuto convincere tutta la famiglia, il marito Osvaldo, i figli, ma alla fine ci sono riuscito e abbiamo avuto ragione. La Berti è stata la vincitrice morale del Festival 2021 e ha portato bene anche ai Måneskin... – sorride – . Dopo averli chiamati «Naziskin», è diventata il loro idolo, dietro le quinte gli dissero: «Orietta grazie, sei un mito! Adesso vedrai che ci fai pure vincere Sanremo». Poi Orietta nel trio con Fedez e Achille Lauro ha spopolato: alla fine per la gente Mille è diventato il tormentone della Berti.
Potere delle grandi voci di ieri come quella della sua Rita Pavone.
Nella trasmissione “I ragazzi irresistibili” mi impressionò perché all’ultimo momento gli davano dei brani difficilissimi da imparare e interpretare in così poco tempo, ma Rita in dieci minuti si impossessava del pezzo e lo faceva alla sua maniera, divinamente. La Pavone è un’artista completa, sa cantare recitare, forse la migliore della sua generazione.
C’è in giro un 'old' che vorrebbe tanto trasformare in 'gold'?
Edoardo Vianello. Mi ha sempre divertito tanto e le sue canzoni sono ancora le più cantate dai bambini. Ma non sono ancora riuscito a trovare la strada per il suo rilancio o forse non mi sono applicato abbastanza...
Questa serie che inauguriamo con lei si intitola “Un’estate fa”... è un titolo che le dice qualcosa?
La cantavamo insieme a Franco, io ho iniziato seguendo Califano e ho rischiato anche di finirla subito lì – sorride – Una sera d’inverno lo accompagno a Bari per 'Azzurro'. Guidava un bolide, tipo una Lamborghini, a 250 all’ora. Partiti da Roma abbiamo volato... Finita la serata ceniamo e stavo per tornare in hotel, quando Franco mi fa: «No Pasquale, io non dormo qui, torniamo a casa». C’era una nebbia che non si vedeva a un metro e lui niente. Pronti,via! Bari-Roma sempre a 250 all’ora... mentre pregavo Dio di restare in vita. A ripensarci oggi, quella era un po’ la metafora della vita di Califano, e in fondo anche quella di tanti artisti di ieri a cui ho voluto bene, e che se posso, oggi, cerco di far tornare in carreggiata, come se il tempo non fosse mai passato.