C'è una cosa ancora più incredibile dell’ostinazione con cui Vivian Maier ha tenuto nascosta la sua opera, emersa casualmente solo dopo la sua morte. Ed è il totale isolamento in cui questa grande fotografa americana di origini francesi ha coltivato il suo enorme talento. Nessun contatto con altri fotografi, con galleristi, con circoli intellettuali. Nessun libro d’arte, tra le sue scartoffie. Nemmeno rotocalchi, come il prestigioso
Life che in quei decenni senza tivù diffondeva le immagini raccolte nel mondo dai grandi fotografi. Nulla, nel suo bagaglio, che avesse a che fare con la passione incontenibile che l’ha accompagnata per tutta la vita. Una Mary Poppins con la Rolleiflex al posto dell’ombrello magico che, arroccata in una
turris eburnea, scrutava con sguardo europeo l’America dei bianchi ricchi e dei neri poveri. Una solitudine artistica impensabile non solo nell’epoca attuale, in cui ogni scatto, anche le nostre banali foto ricordo, vengono subito condivise sui
social network. Ma che ha pochissimi precedenti in tutta la storia dell’arte occidentale. Già i pittori rinascimentali operavano raccolti in botteghe e scuole, spesso in conflitto tra loro, ma comunque in rapporto proficuo. E sempre lo stesso scambio fecondo, secoli dopo, ha caratterizzato gli artisti della pellicola. Un esempio per tutti: Henri Cartier-Bresson, padre del fotogiornalismo, muove i primi passi nella Parigi effervescente degli anni ’30, crogiuolo di stimoli culturali, tra pittori surrealisti e cineasti. Nel ’47 con Robert Capa fonderà l’agenzia Magnum, fucina di talenti fotografici. «Se si fosse fatta conoscere sarebbe diventata famosa», dice oggi incredula l’affermata fotografa americana Mary Ellen Mark. «Perché uno dovrebbe tenersi stretta tutta questa grande arte? », si chiede una delle "ex-bambine" tirate su dalla tata-fotografa. Se lo è chiesto anche lo scrittore britannico Geoff Dyer, che nelle foto della Maier ha trovato richiami all’opera di colleghe famose. Gente del calibro di Lisette Model, Helen Levitt, Diane Arbus. Artiste che però Vivian non ha mai conosciuto. Sarà difficile crederci, ma sono solo coincidenze. Guidate dalla sensibilità geniale di un’osservatrice, lucida e implacabile come una spia in missione solitaria per conto dell’Arte.