Il festival
Le Printemps des Artsdi Montecarlo (19 marzo – 10 aprile) è in gran misura dedicato a Gustav Mahler, scelta al di fuori di ricorrenze (nel 2010-11 si sono celebrati i 150 anni dalla nascita e i 100 dalla morte) e inconsueta, data la difficoltà di eseguire le sue grandi composizioni sinfoniche. Non per nulla l’Ottava
Sinfonia viene chiamata “Sinfonia dei mille” perché necessita di almeno 400 esecutori. Per introdurre l’universo musicale di Mahler, il festival propone, per l’inaugurazione di sabato 19, una mostra che ripercorre la vita e le opere del compositore dall’infanzia ai lavori postumi. La sera dell’inaugurazione, all’Opéra Garnier, verrà proiettato il documentario
Gustav Mahler, l’autopsia di un genio di Andy Sommer, corredata di interviste a Claudio Abbado, Pierre Boulez e Leonard Bernstein. A seguire, il concerto inaugurale è incentrato sui
Lieder di Gustav e della moglie Alma, affidati al mezzosoprano Maria Riccarda Wesseling, accompagnata dal pianista Peter Nilsson. Il giorno seguente, all’auditorium Rainieri III, la Deutsches Symphonie-Orchester Berlin alla guida di Tugan Sokhiev, interpreterà la
Sesta Sinfonia. Dopo questo avvio, l’incontro con Mahler è scandito dall’esecuzione dei
Lieder e di otto sinfonie affidate a quattro grandi orchestre tedesche (Bamberger Symphoniker, Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, Ndr Radiophilharmonie, Radio-Sinfonieorchester Stuttgart des Swr) riunite per la prima volta nel Principato, nonché all’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo diretta da Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding e Kazuki Yamada. Altri due filoni della manifestazione riguardano la musica alla corte del Re Sole e la musica popolare francese. Soffermiamoci su Mahler, la pietanza della manifestazione. È anche spirituale? Sarà centrale ai dibattiti (ogni concerto è preceduto da una conferenza con discussione) il “mistero Mahler”. Il compositore nacque in Boemia in una famiglia ebrea non praticante, e – a quel che si sa – non credente, ma nel 1897, quindi a 37 anni, già famoso, venne battezzato, con grande pompa, poche mesi prima la nomina a direttore dell’Imperiale Regia Opera di Corte. Il battesimo, preceduto da una preparazione catechistica e la successiva nomina innescarono una polemica ancora non sopita: fu vera conversione o un espediente per ascendere al più altro scranno della vita musicale austro-ungarica? Gran parte dei lavori su Mahler propendono per la seconda ipotesi. Un’eccezione di rilievo è la monumentale biografia di Quirino Principe
Mahler. La musica tra eros e thanatos in cui lo studioso, dedica al compositore boemo ben 1.032 pagine e afferma: «Mahler sarebbe comunque arrivato alla direzione del teatro, in virtù di un clima relativamente tollerante verso il mondo ebraico sotto Francesco Giuseppe». Si pensi alla
Terza Sinfonia, eseguita per la prima volta nel 1902 (la si potrà ascoltare a Roma il 13 marzo nella Sala Santa Cecilia con la Budapest Festival Orchestra diretta da Iván Fischer). Mentre per Claudio Abbado, deve essere considerata «un inno al panteismo», a una lettura attenta il presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Michele Dall’Ongaro, la giudica «un poema sinfonico per esplorare l’enigma primordiale dell’universo che prende vita con la Creazione del mondo… e raccontare il rapporto dell’uomo con Dio e la natura». Propendo per la lettura di Dall’Ongaro e considero la sinfonia l’equivalente tardo romantico de
La Creazionebarocca di Haydn. D’altronde, nel 1971 un breve scritto di Bruno Maderna aveva chiamato la musica di Mahler «un arco verso l’assoluto» e nel 1895 Henry Louis de la Grange aveva scavato nel misticismo di un compositore, generalmente ritenuto agnostico. Nelle sua musica, i riferimenti alla dottrina cattolica non vengono celati. Tra il 1893 e il 1896 mette a punto i
Lieder del ciclo
Il corno magico del fanciullo, i cui testi sono tratti dalle poesie di Achim von Arnim e Clemens Brentano, il quale si era convertito al cattolicesimo nel 1818 e le cui favole venivano raccontate da Mahler alla figlia maggiore. Inoltre, al termine della
Quarta Sinfonia (eseguita per la prima volta, come la
Terza nel 1902) un bambino descrive con ingenuità nel canto
Das himmlische Leben (La vita paradisiaca), in cui si balla e si gioca e San Pietro compiacente guarda un Paradiso dove ci sono san Giovanni e san Luca, santa Marta, sant’Orsola e santa Cecilia, indaffarati nelle loro occupazioni celesti. Dopo il decennio alla guida dell’Opera di Vienna terminò l’Ottava
Sinfonia nella cui prima parte è inserito il
Veni Creator Spiritus e la seconda mette in musica la scena finale (in Cielo) del
Fau- st di Goethe con il perdono del protagonista da parte della Vergine. Infine, sulla copia autografa della
Decima Sinfonia, iniziata nel 1910 e mai completata, possiamo leggere come Mahler intendeva proseguire la composizione: «III Tempo: Purgatorio: Morte! Trasfigurazione. Pietà. O Dio! O Dio, perché mi hai abbandonato». Mahler aveva trovato evidentemente delle suggestioni musicali proprio nel Purgatorio. Significativa poi la citazione della parole di Cristo sulla croce. Al di là dei riferimenti testuali, gran parte della sua opera musicale è segnata da un’instancabile ascesi religiosa. Un commento tra tutti: quello del filosofo Theodor Adorno il quale afferma con acutezza che Mahler «tentò di redimere il mondo ma non ci riuscì». Sono, però, i lavori sulla morte e l’epistolario a dimostrare che di fronte al termine dell’avventura terrena il compositore guardava a Dio. Nel
Das Lied von der Erde (Il Canto della Terra), la sua ultima composizione, l’Addiofinale è di estrema pace, tanto che alcuni critici lo hanno considerato adesione alla filosofia e religione zen. Ma è anche la pace di chi si avvicina all’eternità. Pochi mesi, prima di morire, il 27 agosto 1910, inviò un telegramma in versi alla giovane moglie Alma: «A me pure il Signore concesse di esprimere la sofferenza/ Non per sempre, oh gioia, è la dipartita / Un cuore è pur sempre mio – il suo palpito è un richiamo/ oh in quiete celeste – amore. E il dolore è quasi svanito!». Mezzo secolo dopo, negli Anni Sessanta, nella sua autobiografia (tradotta in italiano nel 2012), Alma testimonia: «A vent’anni conobbi Gustav Mahler, il mio primo marito. Era cristiano e si era fatto battezzare non soltanto per opportunismo, per poter diventare direttore dell’Opera di corte di Vienna, come hanno voluto far credere certi biografi».