Agorà

Tendenze. Maghi a teatro, innocenti bugie

ROBERTO MUSSAPI domenica 24 gennaio 2016
Accolgo prima con meraviglia e poi con piacere la presenza di spettacoli di magia, intendo quella dei prestigiatori, degli illusionisti, presso teatri o circuiti teatrali tradizionali, accanto a rappresentazioni di tragedie, drammi, commedie. Il festival della Magia, andato in scena nella prima settimana di gennaio al Teatro Manzoni di Milano, è un esempio mirabile, in questa prospettiva. Una rassegna ideata de realizzata da Raul Cremona, prestigiatore notissimo anche come comico, che ha portato in scena alcuni dei più interessanti esponenti del movimento in Italia. E che si prefigge di divenire appuntamento annuale. Uno spettacolo scintillante, incantevole, suscitatore di meraviglia, che conferma le speranze e promesse del suo ideatore e conduttore: «Vogliamo convincere il pubblico italiano, il più smaliziato e diffidente, che la magia non è solo per bambini, ma per i bambini che vivono dentro gli adulti Perciò le varie discipline magiche si mettono in mostra, dalle clownerie romantiche di Carillon al cabaret magico di Zio Potter, passando per le illusioni di Ottavio Belli e le contaminazioni orientali di Shezan. E poi la straordinaria Gaia Elisa Rossi, quattordicenne, la più giovane campionessa italiana di magia di sempre.  E in questa prospettiva Houdini. L’arte della fuga, rappresentato una settimana dopo allo Spazio Teatro No’HMA Teresa Pomodoro, di e con Felipe Cabezas, pur non essendo uno spettacolo di magia, ma sulla magia, conferma questa opinione positiva con la sua ora tirata e filante di suggestivo incantesimo d’ombre. Teatro mimico di un eccellente interprete che sa passare da quel genere alla comicità clownesca, e che ha nel suo repertorio anche personaggi comici di grandi autori. Qui la completezza dei suoi registri fornisce una acuta rievocazione del grande Houdini. Perché gli illusionisti, da Houdini, a Silvan, a Raul Cremona, alla straordinaria quattordicenne Gaia Elisa Rossi, sul palco del teatro sono a casa loro, in una loro sede naturale, se il teatro è, archetipicamente, il luogo dell’illusione. Da Shakespeare a Calderón in poi, e sin alle origini, con fantasma del re Dario nella tragedia I persiani di Eschilo, tutti i grandi drammaturghi hanno considerato il teatro il luogo deputato alla rappresentazione illusoria del mondo, il luogo magico dove le ombre paiono incarnarsi e i fantasmi prendere forma. Da Strehler a Eduardo i massimi interpreti del teatro contemporaneo hanno sempre aderito a questa visione. Gli illusionismi di Silvan, di Houdini, di Raul Cremona, non contengono alcuna intenzione di svelamento della realtà del-l’essere, a differenza del teatro che è semplicemente una variante della poesia. La stessa cosa, dice Derek Walcott, e io concordo in pieno, d’altro canto i tragici greci e gli elisabettiani erano poeti, scrivevano in versi, non per un solo lettore ma per un pubblico di molti, nutrendo il silenzio della pagina con la voce degli attori, e voce era stata, in origine, quella di Omero e dei padri della poesia, a partire dal cantore Orfeo. Il mago in scena non ha alcuna verità da esprimere, nessuna conoscenza da svelare al mondo. È evidente. Ma ha compreso e comunica qualcosa che riguarda la nostra natura umana: porta leggerezza, letizia. L’uomo non vuole ridere, sognare ubiquità, immortalità, moltiplicazione, rovesciamento, di tutte le leggi gravitazionali e affini che ci inchiodano alla terra e al destino di morituri? L’illusionista che dichiara di illuderti, di ricorrere a trucchi, che anzi si vanta della propria abilità in quei trucchi, non è certo un impostore, ma un artista che vuol farci levitare, solo psicologicamente, divertire, vuole farci giocare con la leggerezza dell’aria e dello spazio, dichiarando che si tratta di un gioco. Quanto è differente dal manipolatore oscuro, politico, o operatore dell’occulto, o fondatore di false religioni o pessimo interprete di quelle vere… Non apprendo nulla della natura umana vedendo in scena un illusionista, non scopro che noi siamo della stessa stoffa dei sogni, o che la domanda eterna è “essere o non essere”, non mi chiedo che cosa sia il Male, fino a che punto possano spingersi la sete di conoscenza, l’amore. No, non sono spettatore di quel teatro, quello che è sinonimo di poesia e dramma. Ma sono spettatore di uno spettacolo pieno di illusioni, incantesimi, che arricchisce, o suscita, in chi dorme di professione, la meraviglia, la voglia di volare… Mentre benedico l’entrata sui palcoscenici “seri” degli illusionisti, continuo a provare difficoltà, sul fatto che sui quei palcoscenici abbia diritto di cittadinanza la commedia, quella vera, dalle origini, quella di Aristofane che si fa beffe in scena del poeta e del filosofo, trattandoli come sognatori ingenui, irridendo la realtà stessa magica del teatro, per scatenare le risate del pubblico di buon palato… Teatro, parola che significa “visione”, che interrompe il fluire quotidiano del tempo. La commedia si trova a casa sua nel teatro quando Shakespeare la reinventa, lasciando alle spalle quella antica di farse e irrisioni, e creando fiabe nutrite di meraviglia e illusione: pensiamo ai voli e alle metamorfosi di Ariel nella Tempesta, agli incanti del bosco nel Sogno di una notte di mezza estate… Sì, bene magia e illusionismo sul palcoscenico, dopo che in questi hanni hanno incantato e avvincono entrati prepotentemente nella “Grande Illusione”, nel cinema: pensiamo a The Prestige, film del 2006 diretto da Christopher Nolan, tratto dall’omonimo romanzo di Christopher Priest, nella cupa e misteriosa Londra di inizio Novecento… L’illusionista Alfred Borden detenuto in galera con l’accusa di aver ucciso il suo collega e rivale Robert Angier, mister Cutter, uno scenografo esperto in illusionismo, presso il teatro Orpheum di Londra… L’antefatto si svolge in un teatro, in cui il mago Milton sta presentando un numero detto fuga subacquea: la sua assistente Julia, legata mani e piedi da due “volontari” deve fuggire da una cabina piena d’acqua. Mistero e magia nella magia misteriosa dello schermo, il film inaugura un genere felice, che svela quanto l’uomo, oggi, abbia bisogno di illusioni felici, innocenti, trucchi puliti e a fin di bene. Di illusionisti, di maghi.