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Cinema. Maddalena, un film con troppa ideologia

Alessandro Zaccuri mercoledì 28 febbraio 2018

L'attrice Rooney Mara, protagonista del film "Maria Maddalena"

Il Signore è risorto, dice Maria di Magdala: io l’ho visto. Bene, ma allora perché Pietro non si precipita al sepolcro, come scrive Luca nel suo Vangelo? Perché Giovanni non lo precede, salvo poi fermarsi sulla soglia? Con quella corsa e con quell’attesa (testimoniate entrambe dal Vangelo di Giovanni, dove il discepolo prediletto non approfitta del vantaggio e lascia che Pietro visiti per primo il sepolcro vuoto) la comunità dei discepoli entra nel tempo e si costituisce come Chiesa: che ancora non è il Regno, ma già ne annuncia l’avvento. A meno che non si creda che il Regno sia qualcos’altro, simile più a uno stato mentale che a un evento storico. Questa, per l’esattezza, è la convinzione espressa dalla protagonista di Maria Maddalena, il film interpretato dall’attrice Rooney Mara e diretto da Garth Davis, il regista del fortunato Lion, la strada verso casa . In un certo senso anche Maria Maddalena (nelle sale italiane dal 15 marzo) è il racconto di un viaggio, quello intrapreso dalla giovane nata e cresciuta a Magdala, sul lago di Tiberiade, verso Gerusalemme, dove è destinato a morire sulla croce Gesù, il predicatore che molti hanno salutato come il Messia.

Nella Città di Davide Maria è arrivata proprio unendosi ai discepoli di Gesù, unica donna in una compagnia altrimenti esclusivamente maschile e già questa, a voler essere rigorosi, sarebbe una semplificazione, perché la presenza femminile al seguito del Cristo era in effetti più numerosa. Ma lo schema narrativo del film è quello ormai prevalente in prodotti di questo tipo: accentuare l’eccezionalità di un’unica figura che, in splendida solitudine, si opponga alle convenzioni del suo tempo, presentandosi come primizia di un futuro che dovrebbe coincidere con il nostro presente. La Maddalena di Rooney Mara costituisce questa eccezione. A differenza delle altre donne della sua famiglia, non desidera sposarsi né mettere al mondo figli, ma è divorata da una passione per l’Assoluto che finisce per assumere i tratti di un’ossessione, se non addirittura di una malattia. Che Maria fosse tormentata da «sette demòni» lo riferisce anche Luca (8,2), solo che in questo caso il Gesù impersonato dall’attore Joaquin Phoenix non ha bisogno di compiere alcun esorcismo.

Ha fama di guaritore e le sue tecniche denotano straordinarie analogie con quelle istintivamente adottate dalla stessa Maria: quando si tratterà di resuscitare Lazzaro, per esempio, il Maestro si sdraia a fianco del cadavere e lo abbraccia, proprio come la Maddalena è solita fare con le partorienti impaurite. Anche lei, forse, è spaventata da una vita che non vuole vivere. Per questo Gesù si limita ad ascoltarla: dentro di te non c’è nessun demonio, le dice. Fino a questo momento Maria Maddalena ricostruisce in modo fantasioso ma tutto sommato affidabile la storia di una vocazione. Ma che l’obiettivo non sia sol- tanto questo lo spettatore l’ha intuito fin dalle prime inquadrature, quando la voce fuori campo di Maria – immersa in un mare che allude non troppo obliquamente al liquido amniotico, ossia al principio femminile – ripete a modo suo la parabola del granello di senape, sostenendo che a seminarlo nel campo sia stata «una donna». È la prima avvisaglia della tesi che, a partire dall’incontro di Maria con Gesù, il film sostiene in maniera sempre più esplicita e programmatica, riallacciandosi a una corrente di pensiero che del resto ha sempre goduto di buona accoglienza a Hollywood. Pur proclamando di aver ascoltato ogni possibile interpretazione teologica senza per questo abbracciarne alcuna, le sceneggiatrici Helen Edmundson e Philippa Goslett accolgono in modo più che riconoscibile l’ipotesi dei “cristianesimi perduti” sostenuta dallo storico statunitense Bart Ehrman in sostanziale continuità con gli studi di Elaine Pagels sulla componente gnostica nella Chiesa primitiva.

Anche il cosiddetto Vangelo di Maria (un testo copto del II secolo, che si legge tra l’altro in un recente saggio di Carla Ricci, Maria Maddalena: l’Amata di Gesù nei testi apocrifi , Claudiana) si inserisce in un contesto di iniziazione spirituale per il quale l’intelletto, e cioè la conoscenza, ha il primato su ogni altro elemento. La Maddalena cinematografica non è così sottile sul piano argomentativo, ma giunge a conclusioni non troppo diverse. Mentre gli altri discepoli prendono alla lettera la promessa del Regno, facendone una questione di rivolta armata contro l’oppressore romano, lei suggerisce a Gesù di predicare anzitutto alle donne un Vangelo di liberazione interiore. Tra gli apostoli il più impaziente di scorgere il compimento dei tempi è un Giuda insolitamente e ingenuamente giovanile (l’attore Tahar Rahim), mentre Pietro (che per l’occasione ha le fattezze africane di Chiwetel Ejiofor, l’eccellente protagonista di 12 anni schiavo) è semmai preoccupato di gestire la situazione dal punto di vista politico. Sarà lui, una volta consumato il dramma del Golgota, a trovare una via d’uscita ipotizzando il ritorno di quel Cristo che pure la Maddalena sostiene di aver visto risorto. Ma se la sua sia una visione (come quella evocata dal già ricordato Vangelo di Maria) o un accadimento reale non risulta chiaro. Ed è sulla base di questa ambiguità che, a quanto pare, Pietro non si sente in obbligo di correre al sepolcro. Nessuna apparizione nel cenacolo, nessun incontro con i discepoli di Emmaus. Nelle ultime sequenze la Maddalena sembra stringere un patto con l’altra Maria, la madre di Gesù, e con le altre donne che come lei paiono custodire il segreto del Vangelo interiore, caparbiamente negato dalla Chiesa fondata da Pietro: il Regno è già qui, dentro di noi.

A dispetto della suggestione delle immagini (le riprese sono state effettuate in gran parte in Italia, tra Matera, Napoli, la Puglia e la Sicilia) e l’efficacia di alcune intuizioni (il Gesù di Phoenix ha un aspetto di inconsueta e spesso convincente concretezza), Maria Maddalena rimane un film pesantemente connotato dal punto di vista ideologico. La pretesa di riportare alla luce un presunto Vangelo secondo le donne si traduce in una neppure troppo velata ipotesi di complotto: per screditare Maria, infatti, san Gregorio Magno l’avrebbe calunniata dandole della prostituta (la confusione, com’è noto, deriva dalla sovrapposizione di diversi episodi evangelici), dando inizio a un’operazione di discredito che sarebbe stata interrotta soltanto nel 2016 con la proclamazione della Maddalena come «apostola degli apostoli». Definizione coniata secoli fa da Tommaso d’Aquino e ripresa da papa Francesco per l’istituzione della festa liturgica di Maria di Magdala, all’interno di un processo avviato già da Paolo VI e sostenuto con forza da Giovanni Paolo II. Perché nella storia, al contrario di quanto accade al cinema, Pietro non ha mai smesso di dare ascolto alla Maddalena. E non ha mai smesso di correre verso il sepolcro.