Agorà

San Paolo. Ma nella crisi c'è chi non si arrende

Simone Bruno* domenica 4 giugno 2023

Il puntiglioso resoconto sull’editoria cattolica apparso qualche settimana fa tra le pagine di “Avvenire”, a firma di Giuliano Vigini, ha suscitato non pochi interrogativi rispetto all’identità e alla mission di un editore cattolico. La sua analisi sembra impeccabile, aderente alla realtà. Recupera un variegato insieme di dati e formula una triplice conclusione dai tratti inquietanti: « Esistono per l’editoria cattolica oggettive problematiche esterne (livelli di lettura troppo bassi), responsabilità ecclesiali da attivare (un forte impegno educativo e comunicativo), un cambio di passo imprenditoriale delle case editrici (ripensamento della propria direzione di marcia, per il presente e per il futuro)».

Per indorare la pillola e incoraggiare quella che si profila come una sterile e decadente attività editoriale, sollecita le viscere della maternità ecclesiale e abbozza delle linee guida per agevolare un auspicato risveglio: « Le istituzioni della Chiesa potrebbero fare molto anche per intraprendere o collaborare a organizzare significative manifestazioni d’incontro e promozione editoriale a livello nazionale (una mostra annuale del libro religioso a Roma, ad esempio; la scelta del “libro del mese”; l’istituzione di un premio) e insieme sollecitare la creazione nelle parrocchie di biblioteche parrocchiali dinamiche nell’accogliere e presentare vecchie o nuove opere di cultura cristiana». Ho letto e riletto con grande attenzione ogni singolo passaggio del testo. Chiaro ed efficace, non c’è che dire. E dopo aver espresso un sincero ringraziamento per le reazioni che mi ha suscitato, sento, in parallelo, il bisogno di manifestare il mio parziale disaccordo, pur rispettando la posizione del caro Vigini.

Provo a spiegarmi meglio: di certo, non nego il calo dei lettori e del fatturato, non ignoro i limiti organizzativi e le fatiche strutturali delle diverse case editrici, così come auspico che la Chiesa italiana si renda più disponibile per la cura della cultura di questo Paese. Tuttavia metto in pista un fatto che si fa fatica a riconoscere perché obnubilato dal grigiore dell’ovvietà: nonostante le contingenze evidenziate, diverse realtà editoriali cattoliche, a fronte delle intemperie di matrice culturale ed economica con cui sono venute a contatto, non hanno subdolamente abdicato alla missione intrinseca che da sempre le orienta (l’evangelizzazione nella cultura), non si sono accasciate sugli stagni della passività proiettando all’esterno le loro mancanze («Ci sono pochi lettori, la Chiesa non educa…») ma, al contrario, si sono ostinate a non mollare e a guardare in faccia la realtà, alzando le maniche della pazienza e dell’ingegno e scommettendo sul presente e sul futuro.

Come? Innanzitutto guardandosi dal di dentro e domandandosi con onestà: cosa non sta funzionando nel nostro modo di operare? Dove stiamo sbagliando? Siamo in grado di intercettare i reali bisogni dei lettori a cui ci rivolgiamo? E, soprattutto, li conosciamo? Capiamo il loro linguaggio? Sappiamo parlare loro in modo efficace e proporgli contenuti nutrienti e coinvolgenti? In seconda battuta, progettando dal basso, ovvero respirando l’odore delle pecore e rintracciando la direzione del loro cammino, come direbbe papa Francesco. Questo passaggio ha radicalmente modificato l’approccio della pianificazione editoriale rendendola fluida, dinamica, a volte scivolosa, ma non per questo meno accurata e attenta del passato. A riguardo, il processo di elaborazione crossmediale e transmediale dell’editore è diventato uno dei capisaldi della programmazione: la modulazione dei contenuti su più linguaggi, infatti, ha reso il libro un oggetto versatile, unico, ponendolo al crocevia di una tessitura feconda di relazioni ed eventi. Infine, abbandonando la logica delle certezze assolute, tanto care perché conosciute e sicure ma ormai non più applicabili. Siamo consapevoli che è stato duro riconfigurare le redazioni, snellire le procedure, smontare le gerarchie di derivazione clericale (che poi, quanto di clericale emerge in tanti laici?), e introdurre funzioni inedite.

Eppure lo abbiamo fatto, andando incontro al timore di non farcela e di vedere affacciarsi in modo convulso e poco addomesticabile l’ombra del dubbio sull’avvenire. La sfida del cambiamento è stata accettata. Sappiamo che serviranno nuove strategie, idee originali e progetti sfolgoranti. E sappiamo anche che la strada sarà lunga e tortuosa. Ma noi, fedeli alla identità e alla mission di evangelizzatori, scegliamo di esserci. Ricordando che i lettori ci sono. Esistono eccome! Sta a noi raggiungerli, visto che il popolo di Dio a cui ci rivolgiamo ha sempre una sua dignità. Ogni persona va accolta per quello che è, e poi accompagnata a saper gustare un buon libro. Solo così avremo svolto realmente il nostro compito da editori cattolici.

*Direttore editoriale San Paolo edizioni