Agorà

Teologia e tecnologia. Ma in Paradiso ci sarà Internet?

Andrea Vaccaro mercoledì 13 novembre 2024

Magari non è un interrogativo così impellente per i cristiani moderatamente attempati, ma tra i nativi digitali è piuttosto frequente, a contare i quesiti lanciati a spaglio sul web: ma ci sarà Internet in paradiso? Probabilmente è difficile per i giovani immaginare stati di beatitudine senza un collegamento wifi e così l’associazione tra il luogo della beatitudine per antonomasia, ovvero il paradiso, e lo strumento di godimento tecnologico deve sorgere in loro tanto spontanea quanto agli adulti appare stridente e quasi dissacratoria. Per un precedente culturale, forse si potrebbe tornare alla domanda circa la presenza delle idee tecniche nell’Iperuranio platonico, molto dibattuta nell’Accademia e dai neoplatonici come attestano Senocrate, Aristotele, Plotino, Siriano, Proclo, con propensione maggioritaria per una risposta negativa. Per un precedente direttamente teologico, invece, si può ricorrere ai magnifici repertori escatologici dell’antichità cristiana. Non trattano ovviamente di Internet, ma approfondiscono e quasi estremizzano le funzioni che con Internet ci piace assolvere.

Non ci si rivolge forse a Wikipedia o a un assistente GPT con l’illusione di avere accesso a tutto lo scibile? Non si bazzicano i social per la sottile concupiscienza di sapere cosa fanno, pensano e desiderano i nostri amici o le persone famose? Ebbene san Patrizio, nel Libro dei Tre Abitacoli, assicura che “là, in paradiso, sarà manifestato tutto ciò che ora ci è nascosto” e il coevo sant’Agostino, in Sulla cura dovuta ai morti, aggiunge che i giusti, per diretta rivelazione divina, potranno sapere tutto non solo delle cose passate e presenti, ma perfino di quelle future. Per la tentazione poi di curiosare sui social le vite degli altri, l’emblematico Prognosticon futuri saeculi di Giuliano Toletano è chiaro: «per i giusti saranno aperti i libri, cioè saranno manifestate le coscienze di tutti», mentre il sublime abate Godefridus, in una delle sue Homiliaedominicales, precisa che senza bisogno di parlare o vederci conosceremo i più reconditi pensieri di tutti. Rimarrebbe, per i patiti del web, il rilascio dopaminico che i video game favoriscono, tanto simile alle varie dipendenze diffuse nella nostra società e tanto prossimo alle aree cerebrali del piacere sessuale. Dovremo rinunciarvi nel Regno dei Cieli o potremo ritagliarci esperienze dello stesso tenore? È sufficiente qualche pagina dei santi Padri che hanno trattato delle delizie del paradiso per rendersi conto che il massimo dei piaceri ottenibili su questa terra è solo l’infimo gradino nella scala delle beatitudini celesti.

Messa così, varrebbe la pena averne rimpianto? Non solo dunque in paradiso il bisogno di Internet viene dissolto e superato in bellezza, ma addirittura, capovolgendo le prospettive, sorge il dubbio se non siano piuttosto i Signori di Internet, nel progettare le loro traiettorie, a prendere come modello, coscientemente o meno, proprio le promesse escatologiche del cristianesimo. In fondo, i desideri impressi nell’animo umano rimangono universalmente gli stessi. Tornando ai forum aperti sul web circa la presenza di Internet in paradiso, le osservazioni dei dialoganti acquisiscono maggior consistenza fisica rispetto alla pura spiritualità dei Padri. Una delle considerazioni più convincenti è suggerita da John Dyer del Dallas Theological Seminary che, prendendo spunto dalla prefigurazione di Isaia 2,4 secondo cui le spade saranno trasformate in vomeri e le lance in falci, parla di “tecnologia redenta”: la Città celeste sarà piena dei frutti della creatività umana, anche delle funzioni di Internet che stupiscono e edificano, ma non certo di quelle che sfruttano e inebetiscono. È la linea di pensiero espressa da Dyer in From the Garden to the City: The Place of Technology in the Story of God (2022). Il teologo Randy Alcorn, anch’egli autore di best seller escatologici negli Stati Uniti, osserva che un ritorno all’Eden naturalistico e pre-tecnologico è un’immagine fuorviante e illogica, e causticamente avverte: «ci aspetteremmo forse sulla Nuova Terra di dover reinventare la ruota?». Di recente, su queste colonne, Pierangelo Sequeri, nel suo prologo al libro E la vita del mondo che verrà, parlava del “cantiere escatologico” da decenni chiuso per restauri, bisognoso non solo di rinfrescatine esteriori, ma di una ristrutturazione profonda e decisa. La questione della presenza di Internet in paradiso appartiene probabilmente ai ritocchi minimali, pur sempre da non trascurare del tutto. Anche solo per venire incontro alle sorprendenti curiosità delle nuove generazioni di cristiani e accogliere le loro sollecitazioni.