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La serie. In "M - Il figlio del secolo" l'oscena, tragica seduzione del Duce

Alessandra De Luca venerdì 6 settembre 2024

Luca Marinelli è Mussolini in "M - Il figlio del secolo"

Un’opera pop e contemporanea sull’Italia fascista, dal 1919 al 1925, e su un uomo, Benito Mussolini, che ha chiesto al proprio Paese di arrendersi alla dittatura. Presentata in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, la nuova serie Sky Original, M. - Il figlio del secolo, scritta da Stefano Bises e Davide Serino, parte dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati e vede dietro la macchina da presa l’inglese Joe Wright, che da tempo nutre e un grande interesse per quel periodo storico. Davanti all’obiettivo troviamo uno straordinario Luca Marinelli nei panni del Duce, che nella messa in scena del regista guarda negli occhi lo spettatore, lo corteggia, lo seduce, lo inganna, lo tradisce, lo spaventa, lo minaccia chiedendogli appoggio e complicità finché i propri crimini non diventano talmente evidenti e oscuri da rendere impossibile qualunque intimità. Visivamente complesso, stratificato, trascinante grazie a un ritmo perfettamente calibrato sulle musiche di Tom Rowlands (parte del duo britannico di musica elettronica The Chemical Brothers) e sull’interpretazione di un cast di grandissimo livello che include anche Barbara Chichiarelli, Francesco Russo, Benedetta Cimatti, Lorenzo Zurzolo, Paolo Pierobon, Vincenzo Nemolato, Elena Lietti, M. - Il figlio del secolo ha tutte le qualità di una grande opera cinematografica di ampio respiro, ricca di invenzioni di regia e solida sulle gambe di una sceneggiatura articolatissima, costellata di dialoghi precisi come un meccanismo a orologeria.

«Sono cresciuto antifascista negli anni Settanta e Ottanta – dice Wright – e assistendo oggi alla continua crescita dell’estrema destra in tutto il mondo ho cercato di capire da dove provenisse questa tendenza. Volevo mostrare cosa significava vivere in quel periodo attraverso un’estetica molto contemporanea, all’incrocio tra L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov, Scarface e la cultura rave degli anni Novanta. Ho realizzato un collage tra bianco e nero e colori acidi, estremi. La scelta della colonna sonora ha contribuito a definire le scelte stilistiche della serie per ottenere un ritmo che trasmettesse lo spirito, l’energia, la rivoluzione di quel periodo». E Marinelli commenta: «Sono antifascista, cresciuto in una famiglia di antifascisti. Quando mi è stato chiesto di prendere parte al progetto ho fatto i conti con molti pensieri, ma poi ho capito che interpretare Mussolini sarebbe stato un modo di prendersi una piccola responsabilità storica. Si tratta di un adattamento coraggioso ed ero sicuro che arrivasse il messaggio di cui avrei voluto far parte. Sospendere il giudizio sul mio personaggio per sette mesi è stata una delle cose più difficili e dolorose che mi siano capitate nella mia carriera. Ma in fondo raccontiamo degli esseri umani: definirli diavoli o pazzi è solo un modo per allontanarli da noi. Mi sono concentrato allora sul fatto che Mussolini fosse un criminale, autore di azioni orrende». «Ho sempre pensato – commenta Scurati – che il cinema fosse il naturale prolungamento del mio romanzo documentario, devoto e fedele ai fatti storici. Trattandosi del fascismo, era fondamentale raccontarlo con uno sguardo nuovo, ma sempre antifascista. Perché il romanzo, come il film, è democratico, in quanto forma d’arte popolare. C’erano rischi legati alla dimensione spettacolare, ma il film conserva la vocazione a rappresentare in forma nuova, coinvolgente e mobilitante le coscienze dei lettori e degli spettatori per far loro conoscere e capire quale seduzione potente ci fosse nel fascismo cento anni fa e suscitare ripulsione nei confronti di quello di oggi. Credo che lo spettro del fascismo si aggiri ancora per l’Europa, ma non sono stato io né Joe Wright a evocarlo, bensì altre forze storiche. Ciò che l’arte democratica e antifascista può fare non è resuscitare spettri, ma disperderli».

Sin dalle prime battute fino alla parola pronunciata alla fine dell’ottava puntata della serie (e che non vogliamo anticipare), Mussolini è il primo a non credere nei propri slogan, ma è consapevole che «c’è sempre un tempo in cui i popoli smarriti vanno verso idee semplici» e che «è con gli ultimi che si fa la Storia mettendolo loro in mano le rivoltelle ». La serie rievoca dunque l’ascesa del Duce il complicato rapporto con D’Annunzio, i socialisti, la Chiesa, i picchiatori in camicia nera, la moglie e l’amante, Margherita Sarfatti, il suo braccio destro Cesare Rossi fino all’omicidio di Matteotti e al famigerato discorso in Parlamento nel 1925, quando sopraffazione, rabbia, arbitrio, caos e disprezzo definiranno il fascismo una volta per tutte.