La matematica permette di indagare con successo gli aspetti logico- razionali della realtà. «Offre alla scienza il modo di scoprire, ad ogni passo, straordinarie strutture logiche nell’universo, che fanno luce su armonie inattese e mostrano legami profondi fra fatti e fenomeni che a volte ci sembrano del tutto estranei fra loro. Chi crede, chi ha già fatto qualche passo nel cammino della fede, non trova contrasto fra questi risultati scientifici e la propria fede, ma anzi un’armonica, bellissima consonanza. La matematica ci costringe ad alzare lo sguardo: per ogni problema ci fa cercare una logica che lo inquadri e ne renda conto. E questo porta a prospettive impreviste e sempre più elevate» . È il pensiero del professor Antonio Marino, ordinario di Analisi matematica all’Università di Pisa. Marino si rifà a Ennio De Giorgi, uno fra i maggiori matematici del ’ 900. De Giorgi aveva messo in risalto uno degli aspetti più sorprendenti della scienza di Pitagora e di Euclide: «… per studiare le cose più concrete, bisogna passare attraverso la riflessione su concetti che sembrano superare la nostra esperienza sensibile».
Tramite la matematica, dunque, la scienza ci può spiegare l’Universo? «La matematica è lo strumento logico che permette di studiare ' come' si svolgono certi fenomeni. Quando si dice che la Scienza spiega il "come" e il "perché" delle cose, bisogna stare attenti ai termini: in sintesi la scienza dice il "come" ma non il "perché". Per fare un esempio, consideriamo la forza di gravità: alla base dell’analisi scientifica classica dei fenomeni che riconduciamo al concetto di forza di gravità, abbiamo la legge di gravitazione universale e la legge fondamentale della dinamica newtoniana. Entrambe sono formulate in termini matematici, anzi Isaac Newton inventò apposta – a modo suo e in concorrenza con Pierre Simon de Laplace – gli elementi fondamentali di quello che chiamiamo ' calcolo differenziale', senza il quale le leggi della dinamica non possono essere espresse e direi nemmeno pensate».
Che cosa ci dice questo esempio? «Anzitutto il fenomeno che consideriamo ha una struttura logico- razionale che ci permette di studiarlo, così razionale da essere esprimibile solo in termini matematici. In secondo luogo, grazie a questa analisi fisicomatematica, possiamo dire "come" si comportano due corpi "dotati di massa" esposti alla reciproca attrazione ( il Sole e la Terra o la Terra e una mela, come quella mitica che sarebbe caduta sulla testa di Newton). La scienza ci dice "come", con quali leggi, certi fenomeni si svolgono, almeno dal punto di vista che lo scienziato di volta in volta si propone. E quelle leggi, esprimibili solo in formule logicomatematiche, permettono alla scienza di svolgere un suo compito essenziale: fare previsioni, a volte deterministiche a volte solo probabilistiche. In questo senso diciamo che la scienza "spiega"».
Ed è sufficiente? «La scienza getta sguardi luminosi sull’universo. A volte è in grado di ricondurre tante leggi particolari ad una più semplice legge generale. E questo è un altro bellissimo scorcio sulla razionalità del creato. Ma il problema del vero "perché" resta: perché Terra e Sole si attraggono? Cioè, perché esiste quella legge fisica? Perché esistono le leggi fisiche? O se si vuole: perché è possibile organizzare parti della nostra conoscenza in formule logiche senza le quali gli oggetti stessi non sono nemmeno concepibili? Questa domanda è filosofica e non ammette risposte scientifiche, non nel senso rigoroso della scienza di oggi. Tanto meno trova risposte definitive sul piano strettamente logico perché ogni sistema logico parte da assiomi "ragionevoli" ma non dimostrati. La risposta dipende della proprie inclinazioni. Si può ad esempio dire che quella razionalità la inventiamo noi ma non c’è davvero, o altre cose, ma non si tratta di affermazioni scientifiche. Qualcuno dice che è inutile porsi domande alle quali non è possibile rispondere».
E come risponde chi crede? «Trova completa armonia fra la propria fede e il fatto che la mente umana possa cogliere la razionalità nel creato, dato che li pensa entrambi frutto di quello che potremmo chiamare il pensiero creatore di Dio. Direi che in questo universo logico sembra di scorgere un aspetto del Logos che pervade il creato, qualcosa dell’intelligenza del linguaggio, del Verbo: quell’armonia logica che si scopre nello studio di un problema e conduce poi essa stessa a fare nuove congetture e nuove scoperte. Ma mi sento di dire che tutti gli studiosi, di qualunque credo o cultura, sono accomunati dalla meraviglia per l’orizzonte scientifico che loro si prospetta, e avvertono il senso di una comune impresa. Nell’ambito scientifico non trovano posto contrapposizioni filosofiche o religiose».
La matematica fa uso del concetto di infinito nella pratica quotidiana. Come le riesce possibile? «La matematica fa un uso quasi costante dell’insieme infinito dei numeri. Il calcolo differenziale e il calcolo integrale ( il "calcolo infinitesimale") sono fondati sull’intero insieme infinito dei numeri. Ora gli studi sull’infinito matematico hanno portato a scoperte assai sorprendenti, che sembrano contrastare il senso comune, fra i quali un incredibile risultato: in parole assai grossolane, quale che sia il nostro progresso, l’insieme infinito dei numeri naturali ( 0,1,2, ... ) mantiene e manterrà sempre qualcosa che non possiamo compiutamente esprimere in modo formale. Eppure la matematica si fonda sull’uso di questo infinito».
È questa la risposta all’enigma? «La risposta è solo una ragionevole fiducia. In questo campo come in tutta la scienza. Ogni studioso compie un atto di fiducia a priori: egli studia un qualche aspetto dell’universo, fidando in un’organizzazione razionale della natura, in un suo modo di essere esprimibile con delle leggi, e anche nutrendo fiducia nella capacità di conoscere dell’uomo. È un altro elemento di un comune percorso, nel quale sono coinvolte non solo le qualità strettamente logico- razionali dello studioso, ma altre, forse tutte, le facoltà del suo essere persona pensante».