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IL CIRCEO. Là dove Circe incontrò Ulisse

Giorgio Agnisola venerdì 27 gennaio 2012
​In lontananza, dalle spiagge di Sabaudia, il monte Circeo ha il misterioso profilo di un volto femminile. La sua sagoma domina il paesaggio: certi giorni è scura, minacciosa, altri sfumata, lontanissima. Per il pittore Venanzio Manciocchi, che infaticabilmente la dipinge da decenni, il monte è un luogo identitario, come fu Mont Saint-Michel per Cézanne. «Edward Lear– dice lo storico dell’arte Enzo Scozzarella – nelle sue litografie della serie Views in Rome and its environs, datate 1841, rappresenta il Circeo solenne e silente, autentico Genius Loci». Gli scienziati affermano che nel quaternario il promontorio era un’isola. Tale sembra venendo da Terracina: separata dalla terraferma. Così è descritto nel canto decimo dell’Odissea: «E il pelago tutto d’intorno la stringe e ghirlanda». La sua natura è selvaggia, ricca di boschi di leccio sul versante a settentrione, coperta di vegetazione rupestre su quello meridionale. Le grotte marine sono numerosissime. Nella grotta Guattari, a un centinaio di metri dalla costa, venne rinvenuto nel 1939 un cranio appartenente all’Homo neanderthalensis. Il promontorio era noto fin dall’antichità per essere luogo di attracco dei Focei, popolazioni greche. Furono loro forse a localizzare nel Circeo la vicenda di Ulisse e Circe narrata nell’Odissea. «La salita verso la cima, a 541 metri sul livello del mare, è un’ascensione indimenticabile– dice Giovanni Battista Bianchi, artista e osservatore –. I sentirei percorrono la montagna con discrezione, assecondando i versanti, mentre lo sguardo spazia su di un mare di cristallo fino al largo, dove nelle terse giornate si riconoscono le sagome di Ponza e di Ventotene. Qui i luoghi di Ulisse, per chi sappia coglierli, sono più che leggibili». Il Circeo è San Felice, antico borgo medievale amato da Anna Magnani: una culla di case arroccate sulle pendici orientali che fu possedimento dei Templari, una piazza come un fazzoletto: raccolta, appartata; e poi vicoli, giardini, terrazze improvvise aperte all’azzurro. La nuova San Felice, col piccolo porto e le strutture balneari, elegante e sobria, è in basso, lungo la costa. Ma il Circeo è anche la piana di Sabaudia, sede dell’omonimo Parco Nazionale, uno dei più antichi parchi italiani, sorto nel 1934, esteso per circa novemila ettari tra terra e mare, sino alle porte di Latina, ricomprendendo dal 1979 anche l’isola di Zanone. Qui la costa preserva uno dei microclimi più rari d’Italia, quello della duna, lunga ventidue chilometri. La vegetazione, composta in prevalenza di gramigna delle spiagge e gigli marini, crea un reticolo di radici tanto fitto ed esteso da trattenere la sabbia, attenuando la forza del vento e permettendo a numerose specie di piccoli animali di sopravvivere. Oltre, verso l’interno, ci sono i laghi d’acqua salata, di Paola, Monaci, Caprolace, Fogliano. La sede del Parco, dove è un piccolo ma delizioso museo della fauna locale, è alle porte del Bosco, la più grande foresta umida di pianura del Paese, 3260 ettari di natura incontaminata, residua parte della antica Selva di Terracina. Dal 1977 è "Riserva della biosfera". Alcune zone umide, al di là della duna, denominate "Pantani dell’Inferno", sono il rifugio di migliaia di uccelli migratori che qui sostano per qualche tempo nidificando al riparo dai venti carichi di salsedine. Il Parco si estende fino a Villa Fogliano, sulla riva dell’omonimo lago, nel suggestivo e antico orto botanico della famiglia Caetani, dove aveva sede un villaggio di pescatori. Ma il parco non è solo natura, è anche archeologia. Nel suo perimetro i siti sono circa un centinaio. Sul monte sono le mura ciclopiche, in piano è la villa di Domiziano, del primo secolo dopo Cristo. Il Circeo è infine Sabaudia, il noto centro balneare, città razionalista, con le vie squadrate, l’architettura netta, essenziale, i portici perduti nelle ombre, l’alta torre del comune che gareggia con il campanile della Chiesa dell’Annunziata, col bel mosaico del Guerrazzi in facciata, e la chiesetta della Sorresca su di un ansa del lago di Paola. Nel cimitero cittadino è sepolto Emilio Greco, il grande scultore italiano, a cui è dedicato un museo, presso il palazzo comunale. Ovunque la luce ha un timbro differente, una limpidità, una morbidezza che è rara da trovare. Una luce antica, all’ombra del mito.