Arte contemporanea ha un futuro sempre più luminoso. Almeno stando al fioccare dei festival che, grazie a interventi firmati da artisti, architetti e designer, mettono sotto una nuova luce le città. Naso all’insù, allora, per ammirare neon, led e proiezioni che tra alchimie di colori, squarci poetici, denunce sociali e vertigini concettuali ridisegnano vie e piazze, tracciano iscrizioni nell’aria, ridipingono facciate. E nell’effimero luminoso l’arte ritrova una dimensione urbana condivisa e, a suo modo, monumentale che sembrava avere perduto. In Italia gli eventi si concentrano nelle fredde notti natalizie: le installazioni luminose si presentano così come l’evoluzione delle tradizionali luminarie. Nel nostro Paese l’evento capofila è
Luci d’artista a
Torino. Giunta alla dodicesima edizione (chiude il 10 gennaio), la manifestazione presenta di anno in anno una selezione di opere a rotazione da una collezione che si accresce ogni inverno di un nuovo lavoro. Il 2009 propone quindici installazioni, tra gli altri di Daniel Buren (il suo spettacolare
Tappeto volante, un soffitto di lanterne cinesi, ricopre piazza Palazzo di Città), Nicola De Maria, Rebecca Horn, Joseph Kossuth. Non mancano i maestri dell’Arte povera, da Mario Merz (che con la serie di Fibonacci de
Il volo dei numeri scala la cupola della Mole Antonelliana) a Giulio Paolini, Gilberto Zorio, Michelangelo Pistoletto. Sono rimaste invece nei depositi le installazioni di Mimmo Paladino, Emanuele Luzzati, Jenny Holzer. Le novità di quest’anno sono l’inedita
L’energia che unisce si espande nel blu di Marco Gastini, sul soffitto della Galleria Subalpina, in cui uno sciame di led blu si rincorre sul fondo di un cielo stellato di lampadine bianche. Arriva invece da
Salerno, dove era nato nel 2007 come omaggio alle decorazioni del duomo,
Mosaico di Enrica Borghi: 150 pannelli in alluminio su cui sono montati fondi di bottiglia di plastica colorati e retroilluminati. Materiali di scarto che restituiscono l’illusione di variopinti e mediterranei tappeti elettronici. L’iniziativa è contagiosa: nel 2003 un grande centro commerciale torinese ha chiamato per la sua illuminazione natalizia Ugo Nespolo. L’obiettivo, d’altronde, non è solo culturale. Led e neon come una lampara? Esagerato, certo. Ma è vero che
Luci d’artista nasce nel 1997 in risposta a una richiesta di aiuto al Comune da parte dei commercianti, la categoria storicamente responsabile nelle città italiane delle luminarie di Natale. Ed è molto esplicito Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, città dove va in scena da quattro anni un festival gemellato con quello piemontese: «Lo facciamo per due ordini di ragioni: la prima è quella di poter vantare la città più bella d’Italia in tema di decorazioni natalizie, la seconda è quella di portare a Salerno migliaia di turisti». I budget sono sostenuti: seicentomila euro a Salerno, 950 mila a Torino. Troppi per i soli enti pubblici. A Torino infatti a carico del Comune è solo la spesa energetica (25 mila euro circa: le installazioni, che in parte sostituiscono l’illuminazione pubblica, consumano 316 kWh per 530 ore di accensione), mentre il resto è coperto dalla fondazione Crt (400 mila euro), l’azienda municipalizzata Iride (300 mila), la Compagnia di San Paolo (200 mila) e dalla Camera di Commercio (trentamila). Quasi un terzo della spesa è rubricata sotto la voce "comunicazione". Un battage massiccio che qualche effetto sui flussi turistici l’avrà se per il ponte dell’Immacolata Torino, nonostante la crisi, ha registrato quasi il 20% di presenze alberghiere in più rispetto al 2008, mentre le vendite della Torino+Piemonte Card, che offre ingresso gratuito a musei e mezzi di trasporto, sono cresciute dello ottantotto per cento. Ogni festival ha il suo target. La versione salernitana di Luci d’artista (fino al 31 gennaio), meno propensa all’avanguardia, si propone quest’anno come "prodotto per famiglie" con un’ambientazione fiabesca fatta di draghi, fate e maghi riletta secondo i canoni liberty. Decisamente poco tradizionale, a dispetto del nome, è invece
Luminaria a
Napoli (fino al 7 gennaio). La manifestazione propone per il suo secondo anno di vita interventi
site specific di dodici artisti. Le vie e i vicoli partenopei sono teatro di installazioni di taglio minimalista, in cui l’aspetto concettuale prevale su quello spettacolare. Tornando a nord, tappa a
Bologna per
OnOff (fino al 31 gennaio), installazioni luminose e performance ad opera di artisti e collettivi, ambientate in tre diverse piazze della città, prima di arrivare al neonato
Led (
Light Exhibition Design), il primo «festival internazionale della luce» di
Milano (fino al 10 gennaio). Il centro meneghino, dopo le polemiche di qualche anno fa sull’illuminazione del Castello Sforzesco, è oggetto di 33 installazioni, firmate esclusivamente da designer. La manifestazione si caratterizza per essere un concorso avviato nel marzo scorso. Le categorie sono studenti, provenienti dalle facoltà e dalle accademie milanesi, e professionisti. A queste si aggiunge la sezione a inviti Led Special che raccoglie designer di fama internazionale come Michele de Lucchi, Italo Rota, Gilbert Moity, Alain Guilhot. Si va da progetti di
light design che lavorano sull’architettura (straordinaria la proiezione di Mario Nanni alla Scala) a installazioni urbane. Fino a macro-riproduzioni di pezzi storici del design illuminotecnico italiano, operazione che a dire il vero ha il sapore del marketing. C’è spazio anche per il sacro, con il lavoro Castagna&Ravelli al Duomo. Illuminate dall’interno, ribaltando l’assunto originario, le vetrate della facciata bucano il buio della notte padana.