Cosa c’entra l’anno della luce col dialogo con l’islam? Forse non è facile assaporarne pienamente il nesso dopo i fatti del 7 gennaio a Parigi, il giorno dopo quello in cui per la cristianità la Luce Vera si manifesta al mondo. Non è facile, ma ancor di più per questo motivo (unito a quello della repressione dei cristiani in Medio Oriente), l’idea che la luce possa diventare un punto di incontro fra le due fedi si mostra una grande intuizione. L’hanno avuta i responsabili della Specola Vaticana, lo storico osservatorio astronomico della Santa Sede, e gli scienziati del Centro islamico di astronomia in Iran. Così, dal 13 al 15 gennaio a Castel Gandolfo, sede della Specola, si tiene, in collaborazione con l’Ambasciata dell’Iran presso la Santa Sede, il convegno internazionale "L’astronomia nel cristianesimo e nell’islam". «Si tratta solo della prima delle iniziative scientifiche alle quali la Specola sta lavorando per celebrare il 2015, che l’Onu ha dichiarato anno internazionale della luce per ricordare le equazioni sulla relatività scritte da Albert Einstein nel 1915». A spiegarlo a padre José Funes, direttore della Specola Vaticana: «Per la scienza, per noi astronomi e astrofisici, la luce è l’unica informazione che ci viene dallo spazio. Grazie a queste informazioni, da sempre, siamo in grado di stabilire il tempo che passa. Da queste informazioni dipende una cosa essenziale come il calendario. Sia quello civile, che quello religioso necessario al cristianesimo, all’ebraismo e all’islam per calcolare i tempi delle feste e della preghiera. La luce è ciò che vince le tenebre, anche se, ricorda il Prologo di Giovanni, le tenebre non l’hanno accolta».
Come è nata l’idea di questo convegno?«Sono stato in Iran nel 2010 su invito dell’ambasciata presso la Santa Sede. Ho visitato il Centro islamico di astronomia dove abbiamo parlato di quanto l’osservazione delle stelle abbia nei secoli avvicinato studiosi delle due religioni. Sia islam che cristianesimo hanno un patrimonio storico-astronomico molto ricco e nel contesto culturale di oggi diventa importante condividerlo. Ci siamo detti che se noi scienziati abbiamo spunti per il dialogo è bene metterli in comune. È bene cominciare a impegnarsi insieme per confrontare le nostre conoscenze».
Come si svolgeranno i lavori?«I primi due giorni saranno dedicati alle relazioni internazionali sui temi storici e scientifici che legano fede e astronomia. Giovedì visiteremo i musei e l’archivio segreto vaticani che conservano importanti documenti astronomici, compresi quelli relativi alla riforma del calendario gregoriano avvenuta nel 1582 a opera di Gregorio XIII con la bolla
Inter gravissimas. In quegli anni sono iniziate le prime osservazioni astronomiche in Vaticano, anche se la Specola come la conosciamo ora è stata fondata nel 1892».
Diceva dell’importanza dell’astronomia per l’islam...«Loro hanno un patrimonio storico-scientifico molto ricco e molto antico. Gli studi astronomici in Iran oggi sono molto avanzati. E dal punto di vista religioso l’osservazione del cielo ha molta più importanza che per noi cristiani a cominciare dal calcolo del giorno di inizio del Ramadan, che è legato al calendario lunare e varia di anno in anno. Anche i tempi della preghiera sono legati all’osservazione del cielo e forse noi potremmo imparare un po’ da loro, ritrovando così le nostre radici».
Ci saranno importanti iniziative di dialogo?«Su loro suggerimento abbiamo introdotto due momenti di preghiera alle 12 e alle 17. Orari importanti per la preghiera quotidiana di entrambe le religioni».
Saranno preghiere comuni?«Non so. Vedremo. Io sono fiducioso. Il Dialogo si fa con questi piccoli passi, sapendo che non siamo noi ma Dio a fare il resto».
Il 2015 ha portato nuovo interesse per le osservazioni astronomiche: la cometa di questi giorni, il progetto che porterà presto l’uomo su Marte, le immagini provenienti dall’osservatorio spaziale Hubble...«La cometa non è una cosa eccezionale. Tutti gli anni ce ne sono. Così come ci sono eclissi di sole e di luna. Ciò che fa piacere è questo interesse della gente comune. Osservare il cielo apre il cuore e la mente delle persone. È una prospettiva che consente di guardare in modo diverso alle cose di ogni giorno. Ci pone di fronte a una realtà infinitamente più grande di noi. Un universo che ha 14 miliardi di anni, che contiene 100 miliardi di galassie. Tutto questo ci rende più umani. E poi...».
E poi?«Immagini come quella di Hubble che mostra la nebulosa in cui si formano nuove stelle aprono uno squarcio nel cuore. È luce che apre a nuova luce. Un sentimento fecondo per l’idea del Dio Creatore. Di Colui che fa sorgere e scendere il sole su ognuno di noi a qualunque popolo e a qualunque fede si appartenga. Per questo l’astronomia può diventare un momento essenziale di dialogo oltre che di comprensione dell’universo».
Quali progetti di studio state portando avanti alla Specola in questo momento?«Uno importante riguarda gli asteroidi. Oggetti che passano molto vicini alla Terra, con la quale possono entrare in collisione. A questo scopo lavoriamo con una rete di piccoli osservatori, che scrutano lo spazio per individuare nuovi asteroidi e calcolarne la traiettoria. Ci stiamo anche occupando della ricerca di possibili segni di vita nell’Universo e di pianeti simili alla Terra per massa e collocazione rispetto alla stella intorno alla quale orbitano. Ne sono stati individuati più di mille e qualcuno ha caratteristiche apparenti vicine alle nostre».