Rugby. Lucchin, l'ultima meta del matematico azzurro
Il giocatore delle Zebre Parma e della Nazionale, Enrico Lucchin, 27 anni
Ha esordito con l’Italia a 27 anni e mezzo, una rarità, perché è un’età a cui c’è chi ha già smesso di giocare. E ha esordito con una vittoria (4917 a Samoa), un’altra rarità forse ancora più speciale, perché gli azzurri del rugby, giocando con i più bravi della classe, archiviano più sconfitte che vittorie. Enrico Lucchin è pronto per il bis e a scendere in campo sabato per il match contro l’Australia. E all’appuntamento ci arriva con un’altra medaglia al petto dopo quella del debutto: si è da poco laureato in Matematica, con una tesi su un’equazione dedicata al movimento di una molecola in un gas. Resta ora da capire quale sia il “Big Bang” del suo rugby. « Eredità familiare – risponde secco Lucchin – . Mio padre giocava a rugby, terza linea, a Rovigo, anche in prima squadra. E mio fratello gioca a rugby, mediano di mischia, nell'Asr Milano. Ho cominciato a sei anni, in prima elementare, nella Monti di Rovigo, che è una scuola di rugby». Dunque per lui un doppio percorso scolastico. « E lo stesso rigore. Il rugby mi ha aiutato negli studi, perché esige dedizione e propone mete. Quando mi infortunavo, ne approfittavo per impegnarmi di più negli studi. Liceo scientifico, maturità con 91/100, tre anni e mezzo per la triennale, due e mezzo per la magistrale, ci ho messo un anno in più del dovuto. Ma ce l'ho fatta: laureato all'Università di Ferrara con 107/110».
La matematica non è un’opinione. « Ma il rugby sì – incalza Lucchin – . Nella matematica o è giusto o è sbagliato, nel rugby una cosa può essere giusta in una situazione e sbagliata in un’altra, dipende, appunto, dalla situazione. In allenamento ci si prepara per elaborare e perfezionare i movimenti ideali, ma in partita le variabili sono infinite, e quindi bisogna adattarsi alla realtà. Il rugby è l'arte di interpretare, adattarsi, adeguarsi, arrangiarsi». Galileo sosteneva che la matematica fosse «l’alfabeto con il quale Dio ha scritto l’universo». L’onere della replica al matematico Lucchin: « Il rugby è, a suo modo, un alfabeto, ha una grammatica e forse anche un linguaggio universale. La matematica è perfetta, il rugby no». Viene da chiedersi se ci potrà mai essere un algoritmo a impostare, imporre, dettare, prevedere una partita di rugby. Molto difficilmente. Però penso che il rugby è la musica del corpo e della mente. In questo sport e chi lo pratica lo sa, c’è ritmo, armonia e questo lo ritrovi nei movimenti, dei singoli e della squadra, da soli e insieme». La matematica si serve dei numeri. « I miei – sciorina Lucchin – sono 1,85 l’altezza, 100 il peso, 46 i piedi, 60 i battiti del cuore». Il battito di un romantico della palla ovale che tra i giorni più belli della sua giovane vita non può che ricordare quello dell’esordio azzurro. « Meraviglioso. Il bus, la riunione, il campo, gli inni, il primo placcaggio, il primo passaggio. E sulle tribune la mia famiglia e i miei amici. E poi il terzo tempo, nello stadio, sotto una tribuna centrale, in un salone, i discorsi dei due presidenti e dei due capitani, la danza dei giocatori samoani. Mangiato e bevuto. Nessuna matricola». Se il rugby fosse tre verbi? «Sostenere, cioè aiutare i compagni. Sacrificarsi, cioè non risparmiarsi. E lottare, cioè affrontare».
E se il rugby fosse tre aggettivi? « Ne basta uno solo: generoso ». Generosità del primo centro di ruolo. « Il mio ruolo si divide in due generi: il primo centro che fa da secondo mediano di apertura, cioè da secondo playmaker, da secondo regista, da secondo calciatore; e il primo centro da impatto fisico, diretto. Io, appartengo di più a questo secondo genere ». La vita del rugbista di professione sì sa, non è lunghissima e allora dopo aver fatto il primo centro anche della Nazionale che cosa farà da grande il dottor Lucchin? « Non lo so, ma ci penso. Magari un giorno si accenderà una lampadina, magari sarà l’occasione a venire da me e non io ad andare da lei. Intanto finché scendo in campo me la gioco. Sabato c’è l’Australia e sarà molto più complicato che con Samoa». Arthur Bloch, che aveva il gusto dell’aforisma, diceva: «Se è verde e si muove, è biologia. Se puzza, è chimica. Se non funziona, è fisica. Se non si capisce, è matematica. Se non ha senso, è economia o psicologia». Lucchin ci pensa la solita frazione di secondo e poi risolve l’equazione: «Se ti prende, è rugby».