Agorà

Olimpiadi 2024. Los Angeles, vuole calare il tris

Elena Molinari giovedì 5 novembre 2015
Quasi due decenni dopo gli ultimi Giochi estivi made in Usa, in un anno in cui i volontari per le Olimpiadi scarseggiavano e dopo il gran rifiuto di Boston (la scelta originale del Comitato olimpico Usa per il 2024), Los Angeles non ha avuto molta scelta. In realtà la megalopoli californiana, o meglio, il suo Consiglio comunale, ha esitato per un paio di settimane di fronte alle incertezze sui costi, ma alla fine si è fatta avanti: sarà la capitale dell’Ovest americano a tenere alto l’onore yankee nella gara per l’assegnazione delle Olimpiadi del 2024. Il Comitato olimpico internazionale chiaramente si aspettava che l’America facesse la sua parte: non appena il sindaco di L.A. Eric Garcetti ha detto sì, l’accordo per rendere Los Angeles l’offerente ufficiale era cosa fatta. Ora che il dado è tratto, Los Angeles ha cominciato a fare i conti e a valutare i suoi punti di forza. L’ambiziosa città è chiaramente entrata in competizione per vincere, ma non vuole fare la fine di Londra, dove il bilancio per la kermesse ha superato le proiezioni iniziali di ben quattro volte. Per ottenere entrambi i risultati - evitare la bancarotta e presentarsi al Cio come la scelta più affidabile - la capitale dell’intrattenimento non punta sull’estro, bensì sulla frugalità e sull’esperienza. Nell’annunciare l’offerta, Garcetti ha fatto notare che Los Angeles non si troverebbe ad affrontare le sfide che hanno turbato altre città perché ha già ospitato i Giochi con successo due volte, nel 1932 e nel 1984, e perché possiede buona parte delle infrastrutture necessarie. «È importante sottolineare che non stiamo cambiando il volto della nostra città per soddisfare le Olimpiadi - ha detto il primo cittadino -. Abbiamo una visione di cui sia la nostra città che le Olimpiadi possono trarre beneficio». È chiaramente questo il messaggio di scuderia. Scott Blackmun, direttore generale del Comitato olimpico Usa, ha ribadito che l’offerta di Los Angeles è in linea con le preferenze del Cio per infrastrutture sostenibili e impatto ridotto rispetto alle altre città ospitanti: «Il movimento olimpico è chiaramente un punto di svolta - ha detto -. E crediamo che questa città può produrre un nuovo tipo di giochi». E Casey Wasserman, uno dei presidenti del comitato per la candidatura, ha quantificato che l’85% dei luoghi utilizzati per i Giochi esistono già o sarebbero stati costruiti comunque. Sul fronte dei valori, invece, Los Angeles punta sulla dinamicità e sulla diversità razziale e sociale. Gli organizzatori hanno pubblicato un video che presenta la città come la «capitale occidentale degli Stati Uniti, la capitale del nord dell’America Latina e la capitale orientale del Pacifico» e descrive Los Angeles come un crogiuolo di persone di diverse estrazioni ma ugualmente orgogliose e motivate a farsi strada. Los Angeles è «una città fatta di 100 nazioni e fa da casa a 18 milioni di sognatori», proclama il filmato di un minuto.«Ospitare i Giochi darebbe alla nostra città la possibilità di mostrare al mondo quanto è cambiata in 40 anni. Los Angeles è la città più diversa sulla terra», ha detto il sindaco Garcetti. In effetti i numeri mostrano che il 48,5% degli abitanti della città sono di origine Latinoamericana, 11,3 per cento asiatica e 9,6 per cento afro-americano. Ma è soprattutto la (corta) lista della spesa con cui si presenterà al Cio che fa sperare L.A. in un successo. In un anno in cui la lista formale dei candidati si è fermata a cinque, la metà di quelli per il 2008, nonostante il presidente del Cio Thomas Bach abbia promesso che «ogni comitato organizzatore può essere sicuro di avere un profitto», poche città possono infatti guardare con sufficiente certezza alla sfida finanziaria colossale che i Giochi sono diventati. Del resto è lo stesso principio che ha funzionato nel 1984, quando solo la piscina e velodromo venero costruite da zero e le società private McDonald e 7-Eleven le finanziarono. Per il 2024 Los Angeles dovrà rinnovare il Memorial Coliseum, lo stadio da circa 100mila posti costruito per le olimpiadi del ’32, ma potrà utilizzare stadi come lo Staples Center, il Pauley Pavilion e il Forum. Manca il villaggio olimpico, perché Los Angeles non potrà, come ha fatto nell’84, utilizzare i dormitori delle università. Ma il comitato promotore spera che si faccia avanti un costruttore privato e investa da uno a tre miliardi per erigere un villaggio sul sito del cantiere ferroviario Union Pacific, per poi rivenderlo più tardi. la città conta tanto sulla collaborazione con il privato che il progetto di offerta, chiamato “L.A.24”, che prevede un budget di 4,1 miliardi di dollari e un profitto per le casse cittadine, non include né il costo del villaggio olimpico e né la ristrutturazione del Coliseum. I promotori, che sperano che i quattro rivali (Parigi, Roma, Amburgo, e Budapest) si spartiranno i voti europei, sono certi che la proposta frugale di L.A. sia più sicura di quelle di una qualsiasi città europea, resa più incerta da una crisi umanitaria e un’economia traballante. Ma proprio l’esperienza e la propensione al riciclaggio di Los Angeles potrebbero diventare un punto debole per la città. Pur nell’ottica del risparmio, quanti spettatori può attirare la terza cerimonia d’apertura in uno stadio di 92 anni?