Storie di cuoio. Londra città stadio. Quando il calcio è "on the road"
Il Tottenham Hotspur Stadium inaugurato nel 2019 dopo la chiusura del White Hart Lane
Il calcio è storia, cultura e tradizione di un popolo e di una città. E di tutto questo l’Inghilterra dei pionieri del football ne è la culla, e Londra il suo centro di gravità permanente. Una capitale culturale anche grazie all’ultrasecolare storia di cuoio che come la metropolitana, The Tube, viaggia intorno alle 13 stazioni virtuali che rappresentano gli altrettanti club professionistici della città, con i relativi stadi. Per questo, Londra città stadio, con 9 milioni di abitanti e una miriade di quartieri che sembrano dei satelliti multietnici che ruotano intorno al pianeta football. C’è chi appena atterrato corre immediatamente a Buckingham Palace per assistere al cambio della Guardia di sua Maestà la Regina Elisabetta, chi al Museo delle cere o alla Tate Gallery, ma c’è anche chi all’arte o allo spettacolo shakespeariano del Globe Theatre preferisce quello altrettanto scenografico dei commedianti in calzoncini e scarpe da football che va in scena sui 13 palcoscenici del professionismo calcistico londinese . Questo special tour che, da sempre, attrae milioni di 'turisti-tifosi' provenienti da tutto il mondo, lo si ritrova nel gustosissimo libro di Antonio Marchese Il calcio tra le case. A spasso per Londra la città del calcio. (Edizioni Efesto. Pagine 217. Euro 15,00). Qualcosa di più di un libro di viaggio o della classica guida tematica, quanto piuttosto un percorso a metà tra il saggio antropologico e il diario sentimentale di un appassionato che con i primi soldi guadagnati lavorando («14 ore al giorno in un ristorante») si concesse il lusso di andare a scoprire una di quelle tredici chimere.
Il primo stadio dei sogni, quello del Crystal Palace
Marchese ogni sera, rincasando dal lavoro veniva ipnotizzato a distanza dalle luci dei riflettori di quel 'teatro dei sogni' (titolo che spetta di diritto all’Old Trafford di Manchester, gloriosa sponda United) che finalmente con le sudate sterline in tasca poté scoprire entrando a Selhurst Park, lo stadio del Crystal Palace. Dalle ceneri del Palazzo di Cristallo – simbolo della Grande Esposizione – progettato da Joseph Paxton e distrutto da un incendio nel 1936, è sorto questo club che ha la sua dimora in un impianto che, più degli altri, si mimetizza con lo stile dei caseggiati circostanti. Tribune incastonate tra i mattoncini rossi di un quartiere in cui Marchese rimase folgorato da un’immagine iconica: «Una vecchietta uscì da una tipica casa in stile vittoriano, con il tea in mano e rimase appoggiata al cancelletto sorseggiando la bevanda, mentre 5 metri più in là si vedevano i tifosi entrare allo stadio».
Brentford, quattro cantoni e altrettanti pub per tutti i tifosi
Una fenomenologia unica, quella delle case a ridosso degli stadi e che appaiono in tutti gli stili possibili e immaginabili: dal cottage (che è lo stile e intitolazione anche dello stadio del Fulham) alle villette vittoriane presenti anche nei pressi delle 'tane' del Leyton Orient e dei Queens Park Rangers, fino ai più moderni appartamenti che si affacciano sull’orizzonte postmoderno della London Eye. La vecchina di Crystal Palace insegna che basta aprire l’uscio della propria abitazione, attraversare la strada del proprio quartiere – dove si è nati e cresciuti o dove si è arrivati da ogni latitudine del pianeta per lavorare o studiare – che subito ci si ritrova immersi in un’atmosfera unica. Addio quindi ai bar sport all’italiana, perché qui nei pomeriggi di pioggia, da fumo di Londra, prima e dopo il rito laico della partita, ci si rifugia nel fascino più o meno discreto del pub. Luoghi di discussione e dibattiti con pantagrueliche bevute e sorsi di storia del proprio club del cuore. Il Brentford è il 'club dei pub'. Lo stadio Griffin Park che dal 1904 ospitava le gare interne delle 'Api' del fiume Brent, era l’unico che poteva vantare 4 pub, uno ad ogni angolo del campo di gioco. E ad ogni match, i tifosi delle due squadre si ritrovavano tutti insieme per una pinta di birra irlandese alla salute degli antenati fondatori. Un terzo tempo in stile rugbystico che si è interrotto l’anno scorso con il pensionamento del vecchio impianto, sostituito dal nuovo Brentford Community Stadium. Più accogliente e moderno con i suoi 17.250 posti a sedere, ma privo di quel calore del Griffin Park che per i suoi tifosi era «la casa».
Le case regali di Chelsea, Arsenal e Tottenham
Se la gigantesca illusione della Superlega si è dissolta all’istante come una bolla di sapone, lo si deve al dissenso e alla strenua difesa della tradizione che hanno alzato i tifosi delle tre 'grandi sorelle': Arsenal, Chelsea e Tottenham. Le tre società più forti e titolate di Londra. L’Arsenal ha fatto la sua storia nella tana di Highbury, lo stadio che poteva annoverare anche una pagina epica contro il calcio azzurro. Quell’Inghilterra-Italia del 14 novembre 1934, 'The battle of Highbury', in cui sette dei Leoni inglesi in campo che sconfissero (3-2) gli azzurri campioni del mondo in carica, erano calciatori dell’Arsenal. Ad Highbury la squadra più vincente è stata quella guidata dal tecnico francese Arsène Wenger che nei 22 anni sulla panchina dei Gunners( oltre mille presenze) ha conquistato 3 Premier (1997-1998, 2001-2002, 2003-2004) e sette edizioni di Fa Cup.Ma poi i boys di Wenger hanno anche conosciuto il periodo più avaro di titoli, specie quando dal 2006 il vecchio Highbury è stato abbattuto e l’area della square trasformata in 650 appartamenti e attici lussuosi. Al suo posto è sorto il futuristico Emirates Stadium dei munifici proprietari che hanno posto il title name sulle tribune di un luogo assai distante dal calcio di poesia di Nick Hornby, che, da tifoso speciale dei Gunners nel romanzo cult Febbre a 90’ ha raccontato l’epopea della sua giovinezza ad Highbury, fino all’epocale 26 maggio 1989: il giorno in cui l’Arsenal dopo 18 anni, battendo il Liverpool, rivinse la Premier. Un altro maggio storico e tutto londinese è stato quello del 2019 (il 26/5), quando a Baku la finale di Europa League fu Chelsea-Arsenal con vittoria netta dei Blues, 41. Siamo traslocati a Stamford Bridge, il regno del Chelsea, la squadra più trendy, come il suo quartiere chic, in cui durante la giovinezza presero dimora persino i reali inglesi, Enrico VIII e la regina Elisabetta. Quartiere ultra-dandy fin dai tempi in cui «Oscar Wilde per un decennio era residente al civico 34 di Tite Street dove scrisse Il ritratto di Dorian Gray e L’importanza di chiamarsi Ernesto », ricorda Marchese. Football e letteratura si abbracciano negli scaffali della libreria fondata dal rampollo temerario John Sandoe in Blacklands Terrace (n.10) frequentata anche dallo 'Special One' Josè Mourinho quando era al servizio del magnate del Chelsea Roman Abramovich. In questo crocevia della cultura pop-rock è nata l’espressione Swinging London e poi lo choc in Blues della 'squadra degli italiani' (Zola, Vialli e Di Matteo), unica londinese ad aver vinto la Champions (20112012, in panchina Di Matteo). E ora a caccia del bis con il Chelsea di Tuchel, al quale può bastare lo 00 nella gara di ritorno con il Real Madrid per accedere alla finale. Quel Real che a suon di milioni di euro, 140, ha strappato al Tottenham, dalle radici ebraiche e fulcro del’omonimo quartiere melting pot, i due gioielli Bale e Modric, costretti a salutare il pubblico del White Hart Lane che ha chiuso i battenti il 14 maggio 2017. Ora gli Spurs (che hanno appena esonerato Mourinho) si esibiscono nella piccola reggia del Tottenham Hotspur Stadium, arena da oltre 60mila posti – come l’Emirates Stadium – colma più che mai ad ogni derby contro le altre due grandi nobili sorelle.
Il vero derby londinese è quello 'bellico' tra West Ham e Millwall
Ma come sottolinea Enzo Palladini in prefazione al libro di Marchese, «il vero derby di Londra» non è quello tra le tre plenipotenziarie fondatrici della Superlega, bensì la stracittadina che vede opposte gli acerrimi nemici di Millwall e West Ham. Due realtà che rappresentano la working class londinese. I lavoratori del ferro del Tamigi del West Ham, in cui per un lustro ha militato anche il tribuno laziale Paolo Di Canio, contro la squadra dell’orda balorda dei Bushwackers, la pericolosa firmdegli hooligans più temuti, e da sempre al seguito del Millwall. Degli autentici miliziani che presidiano il quartiere proletario e che nei derby fratricidi con il West Ham sono stati capaci di qualsiasi raid da strategia della tensione. Meglio la pace di Charlton e l’eleganza da gesti bianchi di Wimbledon, anche se pure qui da tempo va avanti il contenzioso tra i transfughi del club di Milton Keynes e gli indigeni nostalgici del Plough Lane, il covo della mitica 'Crazy Gang'.
Dagenham & Redbridge e le piccole cenerentole
Dagenham & Redbridge è una delle tante fusioni che hanno dato vita a delle realtà del calcio dilettantistico che vanno a completare la linea metropolitana, in cui meritano attenzione e una sosta per scoprire le suggestive storie di quartiere di Wingate & Finchley, Enfield Town, Hornchurch, Hayes & Yeading, Dulwich Hamlet, Corinthian Casuals, Hampton & Richmond. Ma questo potrebbe essere l’itinerario del prossimo viaggio nel calcio on the road delle innumerevoli comunità di London City.