Musica e tecnologia. L'idea senza senso di completare Schubert con un computer
Franz Schubert (1797-1828)
È di questi giorni la notizia di un’azienda tecnologica cinese che ha messo a punto un software in grado di completare opere musicali incompiute. Nel caso specifico la sinfonia n. 8 di Schubert, iniziata nel 1822 e mai terminata a causa della morte improvvisa dell’autore. Colpisce che se ne parli come di una grande conquista per l’umanità, un passo verso una genialità altra capace di far concorrenza e probabilmente di soppiantare un giorno quella umana. Personalmente trovo il tutto piuttosto ridicolo, un racconto inventato da distribuire a masse che si immaginano totalmente prive di senso critico. E magari al senso critico in molti hanno rinunciato.
Il fatto che una qualunque potenza di calcolo riesca a valutare tutti i parametri numerici di una struttura formale, e poi riproiettarli in combinazioni diverse e collegate in un suo prodotto, non significa nulla dal punto di vista del progresso umano. Per un software non esiste differenza tra una valutazione statistica, un quadro, un’opera musicale o il computo dell’Iva. È un’acquisizione che rimane di grande utilità ma rimane di natura puramente logistica. Tutto il racconto che viene costruito intorno è esclusivamente una enorme campagna pubblicitaria, un modo per stimolare fantasie perlopiù distopiche che tendono a invogliare un affidamento quasi fideistico alla statistica piuttosto che alla creazione. Chiamando in complicità la pigrizia del pensiero e stimolando una lenta ma progressiva tendenza alla delega decisionale, con un conseguente appiattimento delle aspirazioni.
È vero che le macchine potrebbero sostituire l’uomo nel creare opere d’arte. Ma non perché sono veramente in grado di generare arte. Perché si è allenato l’uomo ad accontentarsi di facsimili, imitazioni di pronto consumo a basso impatto di coinvolgimento. In sostanza perché si è meccanizzato l’uomo.
Nel completamento dell’opera di Schubert non vi è nulla della grandezza di Schubert. Vi è solo una fredda insignificante interpretazione puramente algoritmica di maniera. Peste della poesia e dell’arte bonificata di ogni significato. Mi chiedo come possa venire in mente che questo sia un progresso artistico. Un’opera ha il senso della sua coscienza, della consapevolezza e scommessa che si genera nel suo farsi, sempre pronto a disattendere, nell’opera genuinamente artistica, le aspettative. Ma con un senso. Invece quale che sia l’impostazione delle percentuali di variabilità, dei delta di probabilità, della distribuzione di spazi, note e contrappunti, ciò che il software ha generato, pur assistito da un compositore, è unicamente sinfonia della prevedibilità, elogio alla massificazione, un’ode alla standardizzazione.
Se vi è un’utilità per l’uomo in queste esperienze è dire cosa non è uomo. Cosa non è arte. Cosa non è creazione. Se mai Schubert potesse essere messo di fronte nuovamente all’incompiuta il risultato sarebbe completamente differente. Prima di tutto sarebbe possibile che Schubert decidesse scientemente di non completare l’opera. Una prima differenza elementare che dovrebbe far riflettere.
La macchina una volta premuto invio genera il compito che viene richiesto. Non può immaginare il rifiuto al compito a meno che anche questo non sia previsto da chi l’ha impostata. In quel caso comunque il rifiuto non sarebbe altro che la conferma della prevedibilità assoluta. Se invece decidesse di proseguire nella composizione si troverebbe a condividere il suo processo compositivo con le ansie dei giorni, con gli equilibri insondabili del mirabile connubio di corpo, mente, spirito, ormoni, pensiero che danno vita a combinazioni sempre uniche. Avrebbe avuto dispiaceri e gioie, noia ed entusiasmi che si sarebbero riversati in ogni singolo equilibrio di battuta, negli interstizi tra rigo e rigo, nelle pause immaginate sempre con una frazione di spostamento rispetto alla scrittura. Basta questo a illustrare la ricchezza, la profonda umanità, la insostituibilità, la unicità e irripetibilità del genio umano di cui ogni software passato presente e futuro non potrà essere che servo utile ma non indispensabile.