Agorà

SAU AFRICA 21010. L’Inghilterra in bianco resta appesa al Capello

Ivo Romano- Vanni Zagnoli giovedì 10 giugno 2010
Altro che compleanno felice (64 anni proprio ieri), altro che riscatto. Adesso sono guai seri per Fabio Capello. E non tanto per il risultato, il secondo pareggio di questo Mondiale, quanto per la prestazione, quanto di più apatico e inconcludente possibile. La Francia è quasi fuori, l’Inghilterra è ancora in corsa: ma è difficile capire chi giochi peggio. I Leoni d’un tempo sono diventati docili gattini, che non farebbero male a nessuno. Inguardabili, irriconoscibili. Di tempo ce n’è per tirarsi su, ma mica tanto. E ci sarà da battere la Slovenia adesso nell’ultima gara del girone per evitare l’onta della clamorosa eliminazione. Fa invece la sua bella figura l’Algeria, che al cospetto dei fantasmi inglesi almeno è viva e vegeta: senza strafare, non corre rischi e fa suonare allarmi. Nell’Inghilterra non si capisce dove sia la mano di Capello. Di gioco, nemmeno l’ombra. E i singoli talenti, ingabbiati nelle loro paure. Sarà pure una questione psicologica, generata dal mezzo passo falso al debutto. La paura di non farcela, di restare impigliati nella rete di avversari di gran lunga inferiori. Ma se fosse un film la partita dell’Inghilterra sarebbe uno di quei mattoni che conciliano il sonno. Manovra, zero. Spunti individuali, neanche a parlarne. Quasi che per trovare la via del gol si sia deciso di affidarsi al caso. Le frecce di destra, Johnson e Lennon, che in campionato bruciano il terreno, sembrano frenate. Rooney, mal servito, è l’ombra di se stesso. Heskey lotta e nulla più. E centrocampisti del calibro di Lampard e Gerrard non aggiungono nulla a una manovra che più asfittica e senza sbocchi non si può. Un solo tiro in porta nel primo tempo, un’autentica miseria, firmata Lampard. Nella ripresa, ti aspetti la riscossa e vedi la replica della prima frazione: il nulla in zona-gol. Capello prova a cambiare le carte in tavola, si affida alla verve di Wright-Phlillips e defoe, poi ai centimentri di Crouch. Ma senza una fisionomia di squadra e uno straccio di gioco non si va da nessuna parte. E soprattutto non si vince. Capita, nel calcio, che si parta senza squilli e si finisca in trionfo. Vista questa Inghilterra, l’eventuale impresa sarebbe da tramandare ai posteri.Cade pure la GermaniaÈ il Mondiale che sbriciola certezze a ogni piè sospinto, bello così, tanto più quando Davide batte Golia e la rivalità fra popoli è così accesa. L’antagonismo degli slavi nei confronti dei tedeschi è atavico, l’1-0 di Port Elizabeth rappresenta il riscatto dei rossi. Prendete Dejan Stankovic, 31 anni, titolare non fisso nell’Inter di Mourinho, capitano e allenatore in campo, per il ct Radomir Antic. È al terzo Mondiale: nel 2002 con la Jugoslavia, quattro anni fa nella Serbia Montenegro, adesso Serbia. Tre nazionali diverse non solo come denominazione, nello scorso decennio i movimenti secessionisti culminarono in guerre. L’orgoglio serbo è spiccato, la Croazia non si è qualificata, la Slovenia sì, Montenegro con Savicevic presidente federale crescerà. Cresciuti anche i rossi, dopo lo 0-1 con il Ghana e la produzione offensiva nulla sino all’ultimo quarto d’ora. In calo la Germania. Dopo Italia ’90 i tedeschi hanno vinto solo Euro ’96, perdendo tre finali e inanellando eliminazioni, pure immediate. Nell’ultima con il Ghana dovranno vincere, a meno che l’Australia oggi non batta gli africani.La svolta al 37’, espulsione di Klose, doppia ammonizione, entrambi i cartellini sono fiscali, puniscono falli tattici, non cattivi. Ha segnato 3 gol in tutta la stagione con il Bayern, non meritava la convocazione anche se nella Nazionale ha la media di un gol ogni due gare, è stato capocannoniere nel 2006 e fra i migliori topscorer nella storia, con 11 centri. Lo spagnolo Undiano è fra i peggiori del Sudafrica, arbitri del terzomondo calcistico hanno convinto di più. Un attimo dopo il gol partita, cross di Krasic da destra, sponda aerea di Zigic e Jovanovic infila. È il morso del serpente, com’è soprannominato. Va verso la tribuna dei connazionali e si lancia nel fossato che circonda il campo. I tedeschi reagiscono di nervi, prima dell’intervallo traversa di Khedira, il laziale Kolarov libera sulla linea. Due occasioni per Podolski, l’altro polacco della Germania, che meriterebbe di pareggiare. Su traversone di Podolski Vidic, fra i centrali più quotati al mondo, tocca con il braccio, sciocchezza analoga all’esordio di Kuzmanovic, qui Stojkovic para il rigore di Podolski. Ulteriore traversa nel finale, Zigic in acrobazia, la difesa a quattro teutonica non è per nulla tetragona. Da Spagna ’82 i bianchi non partivano così male, corre tanto ma senza precisione Schweinsteiger; Ozil non incide. Ninkovic e l’ex viola Kuzmanovic sono l’argine della Serbia, Krasic e Jovanovic folleggiano sulle fasce, Faticano i crucchi, faticano tutte, consolando gli azzurri.