Sanremo. Spiritualità e impegno, il ritorno dei Decibel
I Decibel capitanati da Enrico Ruggeri (R.Ambrosio)
«Chi è l’Anticristo? Un club di uomini potentissimi che stanno al di sopra delle nazioni e dei politici e che decidono dove debbono andare il mondo, i nostri gusti, anche il tipo di musica e di cultura, abbassando sempre di più il livello. Sulla musica di oggi l’effetto è evidente». I tre ex ragazzacci del rock italiano, Enrico Ruggeri, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio alias i Decibel, si sono riuniti e sono tornati al Festival di Sanremo a 38 anni da Contessa cercando di evitare l’effetto nostalgia, ma piuttosto di recuperare lo spirito graffiante del punk delle origini nei testi e rivisitando in chiave contemporanea l’eleganza elettronica della new wave anni ’80. E lo fanno portando all’Ariston il brano Lettera dal Duca, dedicata proprio al loro faro David Bowie, che suoneranno in duetto venerdì prossimo con un’altra star anni ’80, Midge Ure degli Ultravox. Il brano è inserito in un album dal titolo inquietante: L’Anticristo, appunto, in uscita il 16 febbraio per Sony. Che si apre su note d’organo e cori da chiesa piuttosto cupi, che introducono il brano portante che canta «ecco l’Anticristo / tutti dicono che parlerà / della vita, del suo costo, delle cose che dobbiamo tutti fare». I riferimenti biblici pervadono diversi brani dell’album.
«L’Anticristo è proprio il contrario di Cristo e del suo messaggio, ma capace di farsi credere la vera divinità – dice Ruggeri –. Per noi oggi è “il sistema”. Non a caso sulla copertina del disco siamo vestiti da manager con gli occhi da rettile. Sono i poteri economici forti, le massonerie, le banche, quelli che decidono il nostro futuro». Aggiunge Ruggeri, insieme ai due colleghi: «Negli anni ’70 la musica fermava le guerre, Bob Dylan cantava contro la guerra del Vietnam, John Lennon e Yoko Ono venivano ascoltati da tutti. Nel mondo della discografia qualcuno deve essersi riunito per fermare tutto ciò. Così negli anni ’70 e ’80 è iniziato questo decadimento per arrivare alla musica di oggi, sempre più di bassa qualità, con testi superficiali e arrangiamenti tutti uguali». È proprio a fine anni ’70 che due compagni di scuola del liceo classico Berchet di Milano, un Ruggeri platinato e con gli occhialoni bianchi e Muzio futuro primario all’Ospedale Sacco di Milano dove tuttora lavora, con il loro amico Capeccia proveniente dal liceo scientifico Einstein e futuro imprenditore dolciario, si mettono insieme formando nel 1979 i Decibel. Non si erano accorti di entrare a far parte del “sistema”? «Certo che lo avevamo capito – ci spiega Capeccia –. E lo avevamo già denunciato in brani come Il lavaggio del cervello. I nostri erano brani di protesta, anche se c’era in noi una certa ingenuità».
Proprio le pressioni di un sistema in cui non si ritrovavano porta la band alla scissione a breve, con Ruggeri che inizia una splendida carriera di solista divenendo uno degli autori più importanti della musica italiana. «Noi sognavamo di diventare come Iggy Pop e Lou Reed e ci trovavamo sulle copertine delle riviste per preadolescenti: siamo stati gestiti molto male» ammettono con il senno di poi. Gli amici crescono, ma non perdono mai di vista la musica. Muzio studia psicoterapia e pubblica album di psicoacustica studiati anche in campo scientifico, Capeccia si dà alla musica “ambient”, «che comunque ha a che fare con la mente e lo spirito» aggiunge. Tutto questo, a 40 anni di distanza, si concentra nei nuovi Decibel, brano di Sanremo compreso, dove il compianto Duca Bianco scrive: «Io vivo in un’altra dimensione / Se chiudi gli occhi vedi l’infinito in te / e superi i tuoi limiti più di quanto immagini ».
«È un brano sulla vita dopo la vita – spiegano i Decibel, affiatati più che mai in questo progetto artistico che li vedrà in tour nei teatri il 13 aprile –. Una lettera scritta da chi sta al di sopra delle nostre meschinità e ci invita a scoprire la spiritualità e l’infinito. Black star, l’ultimo album di Bowie prima di morire, aveva una profondità impressionante su questi temi». Nell’album poi non mancano critiche all’uso smodato dei social dalla superficialità di Baby Jane alla crudeltà de Il sacro fuoco degli dei, e un attacco all’economia senza scrupoli ne La banca. E il futuro della musica? «In giro c’è troppa volgarità inutile, anche fra gli artisti – dice Ruggeri –. Credo che si salveranno solo le minoranze, coloro che faranno prodotti di qualità».
E poi lui si sente già vincitore del Festival per due riconoscimenti che gli sono giunti mentre è in gara a Sanremo con i Decibel. «Sono molto orgoglioso di aver ottenuto dal conservatorio Giuseppe Verdi di Milano la cattedra di Storia della musica contemporanea. E questo conferma che finalmente si sta coprendo il solco che un tempo separava la musica rock dalla classica». Ma il secondo encomio è quello che lo rende particolarmente fiero, ed è il Tweet speciale del cardinale Gianfranco Ravasi. «Ho molto apprezzato che l’unico tweet che il cardinale Ravasi, uomo di grande cultura e di profonda sensibilità, ha dedicato al Festival di Sanremo sia stato per sottolineare un verso della nostra canzone Lettera dal Duca: “Ti accorgerai che un mondo spirituale c’è /Fuoco dentro all’anima che tutto intorno illumina” ». Manca solo il premio della critica per un tris davvero da ricordare per la band dei Decibel.