Storia. Libia, il Grande Gioco coloniale visto dai cieli
Un aereo italiano in volo fra Carcau e Ozu nel 1936
Orizzonti lontani e scenari mozzafiato scorrono pagina dopo pagina come fotogrammi di un film girato negli anni Trenta. Tra esplorazioni geografiche, antiche mappe e scoperte storiche Roberto Chiarvetto e Michele Soffiantini riportano alla memoria le atmosfere del Sahara libico in un volume, A sud del tropico del cancro, pubblicato dalla Rivista Aeronautica in vista del centenario dell’Arma Azzurra che si celebra il prossimo anno a partire dal 28 marzo 2023. Storie di aerei, di aviatori, di cieli e di distese desertiche si intrecciano sullo sfondo dell’occupazione di Cufra del 1931. Una narrazione utile per capire le questioni politiche e diplomatiche che riguardarono la definizione dei confini sud-orientali e meridionali della Libia con i territori controllati da Francia e Gran Bretagna. Fatti e avvenimenti che inevitabilmente incisero sul futuro di un Paese che quasi ottant’anni dopo resta al centro del Mediterraneo con tutte le sue contraddizioni. “Uno studio, quello della geografia, che nasce dalla passione per il viaggio: la geografia serve per viaggiare, ma viaggiando si trovano tracce di storia” spiega Michele Soffiantini, che ha messo piede sulla sabbia sahariana più di una ventina di volte per ripercorrere storie dimenticate dal tempo e dagli uomini. “Partendo dalla storia la geografia diventa fondamentale per comprendere lo svolgersi dei fatti e per andare alla ricerca di tracce – aggiunge Roberto Chiarvetto -. Oggi abbiamo anche l’ausilio di una copertura satellitare estensiva per cercare tracce, con una risoluzione che consente ricostruzioni quasi impensabili”. E’ così che dal volume, tra studi sul campo e ricerche negli archivi pubblici e privati, emergono aspetti originali e inediti: “Abbiamo in tutti i casi scavato a fondo in tutti gli archivi pubblici e privati alla ricerca delle fonti – aggiunge Chiarvetto -. In questo caso ci sono stati in parte d’aiuto i documenti ufficiali, ormai pubblicati online dalla Corte Internazionale dell’Aja per la soluzione dell’arbitrato relativo alla questione della striscia di Ozu contesa da Libia e Ciad”. “Noi - sottolinea Soffiantini – siamo riusciti ad andare oltre, scoprendo l’esistenza della relazione segreta della missione aerea realizzata nel 1936 da Italo Balbo che l’Aja non aveva mai trovato, che è diventata una fonte primaria per una parte significativa del volume”. Scenari e angoli desertici raccontati nei film e nei documentari come Sahara di Zoltàn Korda del 1943, uscito in Italia nel 1950, oppure El Alamein di Guido Malatesta del 1957, così come ai più recenti Il paziente inglese di Anthony Minghella del 1996 oppure L’ultimo volo di Karim Dridi del 2009. “La componente aerea era destinata a essere la pedina operativa irrinunciabile di quell’innovativo esperimento di integrazione interforze che fu il Battaglione Sahariano, voluto da Italo Balbo – spiega il generale Basilio Di Martino, tra i più importanti esperti di storia dell’aviazione in Europa che firma la prefazione al libro -. L’Italia poté così prendere parte attiva al Grande Gioco del deserto, e farlo in modo vincente, almeno nella parte centro-orientale del sud libico. Anche se non ve ne è la chiara evidenza, è del resto probabile che qui si concentrassero i maggiori interessi. Secondo i piani – prosegue Di Martino - Cufra doveva diventare un importante scalo per i collegamenti aerei con l’Africa Orientale e costituire al tempo stesso il terminale delle comunicazioni verso la regione del Lago Ciad, da cui l’importanza attribuita al conteso triangolo di Sarra, incuneato tra il Ciad, il Sudan e la Libia, con il prezioso pozzo di Maàten es-Sarra e il Gebel Auenàt, vero e proprio antemurale di quel complesso di oasi. Nel settore centro-occidentale – aggiunge il generale - gli interessi erano più sfumati, e soprattutto la Francia era un interlocutore meno disponibile della Gran Bretagna, anche per la recondita aspirazione ad ampliare i suoi possedimenti inglobandovi una generosa porzione del Fezzan e del sud della Tripolitania per meglio raccordare Ciad e Algeria”.
Due Caproni Ghibli delle sezioni avio delle Compagnie Sahariane di Murzuk e Hon nel Gebel Eghei - Ufficio Storico Aeronautica Militare
Gli accordi di Roma del 20 luglio 1934 con la Gran Bretagna e del 7 gennaio 1935 con la Francia sembrarono aver risolto una volta per tutte queste spigolose questioni: “Con il primo venne infatti riconosciuta la sovranità italiana sul triangolo di Sarra – spiega Di Martino - con il secondo il confine meridionale della Libia fu ridisegnato con la cessione all’Italia di un territorio di circa 114.000 chilometri quadrati nella regione Borkou-Ennedi-Tibesti comprendente lo snodo carovaniere di Aozou, da cui la denominazione di striscia di Aozou. Mentre però l’accordo con la Gran Bretagna ebbe effettiva attuazione, non così quello con la Francia, il cui processo formale non fu completato anche per il deteriorarsi dei rapporti tra Roma e Parigi”. Balbo cercò inutilmente di dare concretezza al possesso di quella regione, ma non ebbe il supporto del governo, forse anche poco interessato a impegnarsi per una regione non solo apparentemente priva di risorse ma anche poco accessibile, e le esplorazioni aeroterrestri del Tibesti portate a termine in quel periodo non ebbero alcun effetto pratico. “Ad Aozou – sottolinea Di Martino - sarebbe così rimasto un piccolo presidio francese incaricato di mantenere l’ordine nella regione in attesa che subentrassero gli italiani, cosa che non sarebbe mai avvenuta. La mancata definizione del problema della frontiera meridionale libica avrebbe condizionato in futuro i rapporti tra la nuova Libia e i suoi vicini meridionali, prima l’Africa Equatoriale Francese, poi il Ciad, fino a sfociare nel conflitto libico-ciadiano combattuto a intermittenza e fasi alterne tra il 1978 e il 1987”. La questione sarebbe stata risolta soltanto nel 1994 dalla Corte Internazionale di Giustizia con l’attribuzione al Ciad della “striscia di Aozou”.