Appello Liberi Nantes. «Domicilio sportivo per i nostri stranieri»
La squadra femminile della Liberi Nantes, beneficiaria del progetto europeo “S(up)port Refugees Integration”
C’è il sole a Roma in questa domenica d’inverno. «Sole che sbatte sul campo di pallone... », verrebbe da cantare (con De Gregori) vedendo scendere in campo la “leva calcistica” della Liberi Nantes. Ragazzi, tra i 18 e i 30 anni, provenienti dalla Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Burkina Faso...
Ma su questo campo XXV Aprile nell’antica borgata romana di Pietralata hanno giocato anche afghani e siriani. Tutti insieme appassionatamente, dietro a un pallone. Una cinquantina, tra rifugiati e richiedenti asilo, ogni anno vengono accolti nello spogliatoio del club - fondato nell’ottobre del 2007 - in cui si vive e si gioca a calcio all’insegna della gioia di stare insieme, della condivisione attraverso lo sport. E soprattutto, per la necessità vitale di «inclusione » che è all’origine del loro progetto, più vivo e forte che mai, in campo e fuori. «Nonostante il “decreto sicurezza” che è un’entrata a gamba tesa e restringerà sempre più la possibilità di tesserare dei richiedenti asilo che vogliono far parte della nostra squadra », attacca Alberto Urbinati, ex informatico e ora presidente a tempo pieno della Liberi Nantes.
Uno dei pochi volontari rimasti del nucleo storico dell’Associazione no-profit che rivendica, a ragione, un primato nazionale: «Siamo stati tra i primi in Italia a parlare di “inclusione” mediante lo sport (calcio, touch rugby e escursionismo). Tra i primi anche a porci il problema di come far giocare un richiedente asilo in un campionato federale». La Federcalcio alla loro richiesta rispose con l’iscrizione al campionato di Terza categoria, ma con un clausola ostativa: «Partecipare ai tornei da “f.c.”: fuori classifica. Motivazione? L’assenza di un certificato di residenza - obbligatorio per il tesseramento degli atleti al campionato federale che in molti casi il richiedente asilo non riesce ad ottenere... Gli operatori dei centri di accoglienza ci raccontano che in alcuni municipi romani ottenere un certificato di residenza per un richiedente asilo è quasi un’impresa eroica.
Ora poi con il decreto sicurezza è vietato anche solo pensare di iscriverli all’anagrafe. Perciò ci appelliamo alla Federcalcio e al Coni. Il mondo dello sport che è governato da regole interne potrebbe ap- poggiare la nostra idea di considerare i calciatori della Liberi Nantes come domiciliati al campo XXV aprile». Questa è la casa di giovani che fuggono da guerre e atrocità. Qui sono seguiti da una squadra di volontari, «almeno una trentina, di cui dieci sempre sul pezzo» con il loro turnover, come i calciatori della formazione biancoblu allenata da Rino Di Costanzo che in questa stagione ha affiancato lo storico mister Toti Lisciandrello. «Dopo dieci anni da non classificati abbiamo detto stop – spiegano i mister – e così quest’anno partecipiamo ad un torneo amatoriale, il “Torneo del Petrolio”, in sinergia con la Fondazione Roma Solidale e lo Sporting United». L’unione fa la forza del progetto Frs Nantes United. «Un anno di transizione per preparare il terreno ad un rientro nel campionato federale, ma stavolta in classifica, nella speranza che la Lega Nazionale Dilettanti accolga la nostra richiesta di “domiciliazione sportiva” per i richiedenti asilo in possesso di un regolare permesso di soggiorno», sottolinea fiducioso il Presidente.
Ma a Pietralata non si viene solo per giocare a calcio. Nella borgata che tifa per la Liberi Nantes ha sede la Scuola Media Perlasca dove si tengono i corsi d’italiano. Dal quartiere partono anche le visite guidate al centro storico: «Un modo simbolico per dare le “chiavi di Roma”. Per farli sentire meno stranieri bisogna informarli sulla nuova realtà in cui dovranno imparare a vivere e a dribblare i tanti problemi quotidiani che di sicuro non mancano». L’oasi al riparo da tutti i mali sociali è rappresentata proprio dalla vita aggregativa al campo di calcio. E qui per la prima volta si è creata anche una squadra femminile.
«Un’autentica impresa è stata riuscire a mettere insieme un gruppo di ragazze di culture e religioni diverse giunte in Italia dopo aver subìto ogni tipo di violenza ». La femminile della Liberi Nantes rientra nel progetto “S(up)port Refugees Integration” che a Bruxelles ha appena ricevuto il Be Inclusive EU Sport Award della Commissione Europea. «Siamo nei nove progetti selezionati tra i 111 presentati», dice con orgoglio Urbinati riponendo il premio in bacheca.
«Sono fiero che ogni progetto è cominciato da questo campo, che gestiamo dietro regolare pagamento del canone - Prima del nostro arrivo era uno spazio caduto in disuso. Lo abbiamo recuperato con l’aiuto di tanti migranti ma abbiamo fatto in modo che non diventasse un “ghetto” bensì un luogo a completa disposizione del quartiere». Qui ci gioca e si allena la Liberi Nantes ma anche altre cinque-sei squadre locali. E i ragazzi di Di Costanzo e Lisciandrello portano avanti anche la loro battaglia in campo contro il razzismo. «In tanti stadi abbiamo vissuto momenti pacifici, di civilissimo e sportivo “terzo tempo”. In altri invece capita di sentire l’insulto razzista che piove dalle tribune, tipo: “negro di m....” o “riportateli al circo”.
Ma ormai siamo tutti allenati a far fronte a questi casi isolati di follia... A Pietralata poi sanno quanto vale ogni singolo componente della Liberi Nantes e hanno toccato con mano che il lavoro e la cultura di ogni migrante è un arricchimento per l’intera comunità». Qualcuno di loro è riuscito a salire di categoria, ma in undici anni di attività soltanto Josef Perfection, rifugiato camerunense classe 1998, ha visto spalancarsi le porte del grande calcio: «Josef era entrato nel settore giovanile della Roma e lo scorso anno giocava nel Vicenza in B – spiega Urbinati – Nel 2015 la Roma ha portato le vecchie glorie giallorosse (Giannini, Scarchilli, Bruno Conti...) al campo XXV Aprile per un’amichevole che è stata la festa della Liberi Nantes a cui ha partecipato tutta Pietralata.
Una giornata memorabile come quella vissuta a Villa Borghese con papa Francesco che a sorpresa ci invitò sul palco per ascoltare la nostra storia». Una storia che è fatta di vittorie anche fuori dal campo. «Il successo è vedere Saravan, un giovane afghano che al Pigneto ha aperto “Pisù” il suo locale in cui serve pizza e sushi. Alcuni dei ragazzi della Liberi Nantes hanno sposato delle italiane, hanno fatto figli e lavorano regolarmente. Con il domicilio sportivo si potrebbero creare altri progetti e nuovi posti di lavoro anche per i ragazzi italiani. Il futuro è nei loro piedi e nelle nostre mani, perdere questa chance sarebbe davvero la peggiore delle sconfitte».