La polemica. Gli storici della letteratura dimenticano le donne?
Una foto di Elsa Morante negli anni giovanili
Quando si parla di "canone" – cioè di quella "lista" di opere imprescindibili o comunque fondamentali – spesso si lamenta, nel lavoro di chi allestisce storie letterarie e manuali di letteratura, l’assenza di un adeguato numero di donne. Le scrittrici e le poetesse, insomma, sarebbero spesso sottostimate e sottorappresentate rispetto ai loro colleghi uomini.
Il problema viene rilevato soprattutto in merito alla manualistica scolastica: visto che si tratta dei libri su cui si formano i nostri studenti (e le nostre studentesse, ça va sans dire), qualora fossero effettivamente viziati da un pregiudizio maschilista, presenterebbero un vulnus non di poco conto in termini di credibilità, affidabilità e valore formativo.
Un paio d’anni fa, a un affollato corso di aggiornamento per docenti di Lettere, un celebre professore piemontese, affermato autore di manuali scolastici, fu affrontato pubblicamente da un’agguerrita insegnante che gli chiese a bruciapelo: «Perché nella sua antologia ci sono così poche scrittrici?». E lui rispose bel bello: «Gentile professoressa, che cosa vuole che le dica? Se nel mio libro ho messo poche donne, evidentemente è perché ritengo che nella storia della letteratura italiana ci siano poche autrici di valore».
Risposta molto poco diplomatica, soprattutto di fronte a una platea costituita per la gran parte da donne. Quella dell’illustre collega fu, evidentemente, una provocazione in replica a un’altra provocazione. Anche perché, se è vero che fino alla metà dell’Ottocento il numero di scrittrici in Italia fu estremamente esiguo, poi, in conseguenza di un progresso sociale che riguardava sempre più le donne, le cose sono andate rapidamente cambiando. Tanto che oggi le donne stanno forse addirittura superando gli uomini quanto a presenza nei territori delle patrie lettere.
È un fatto molto positivo, un segno dell’abbattimento di barriere di genere che ancora troppo spesso permangono in altri campi professionali. È perciò molto bello poter sfogliare un volume come quello appena pubblicato da Avagliano a cura di Alessio Romano e Ale Di Blasio: Una stanza tutta per loro (pagine 132, euro 22). Il libro raccoglie 51 fotografie (di Di Blasio) e altrettante brevi interviste (di Romano), ciascuna a una scrittrice oggi attiva in Italia. Donne – fotografate nel luogo in cui sono solite lavorare (in uno studio pieno di libri, al tavolo di una cucina, in un bar affollato...) – di diverse generazioni e di varia notorietà, tutte accomunate dal mestiere della scrittura: tra le altre, in ordine di apparizione, Dacia Maraini, Licia Troisi, Lidia Ravera, Wanda Marasco, Annarita Briganti, Loredana Lipperini, Barbara Alberti, Donatella Di Pietrantonio.
Tuttavia, come accennavo sopra, la questione riguarda oggi soprattutto il versante istituzionale della trasmissione dei saperi letterari, vale a dire scuola e università. Se in ambito accademico una certa attenzione alle scritture femminili negli ultimi anni si è andata affermando, a scuola ancora si arranca. Del resto le Indicazioni nazionali (che hanno sostituito i vecchi programmi ministeriali) non aiutano molto, poiché non presentano affatto, nel canone che offrono (seppure a mero titolo esemplificativo), un numero di autrici adeguato.
Anzi, volete saperla tutta? L’unico nome femminile a essere fatto – peraltro tra parentesi... – è quello di Elsa Morante: «Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, P. Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello...)».
Davvero troppo poco, non vi sembra? Sta dunque agli insegnanti – e agli autori dei manuali scolastici – supplire a questa grave mancanza, andando oltre gli stessi suggerimenti ministeriali. Non c’è dubbio che Elsa Morante sia una delle scrittrici più importanti del secondo Novecento, ma al suo pari potrebbero stare, per fare solo due nomi tra i molti altri possibili, Natalia Ginzburg e Anna Maria Ortese. E perché non riscoprire, tra Otto e Novecento, la figura di Grazia Deledda, che tra l’altro ricevette il Nobel per la letteratura? O una scrittrice come Matilde Serao, una delle prime donne giornaliste nel nostro Paese?
Il materiale, insomma, è abbondante, come le ragioni per valorizzarlo. Si tratta solo di superare pratiche didattiche stantie e sclerotizzate. Che purtroppo sono, come spesso capita, scollegate dalla realtà del mondo "di fuori" e dalle dinamiche della sua evoluzione.+