Ogni prima domenica del mese si potrà entrare gratis negli oltre 400 musei e siti archeologici statali, dagli Uffizi a Pompei fino al Colosseo. Ma gli altri giorni dell’anno chi ha più di 65 anni dovrà pagare il biglietto. Solo i minorenni, e altre categorie come gli insegnanti, avranno diritto sempre al biglietto gratuito, mentre restano in vigore gli sconti che oggi sono riconosciuti ai ragazzi tra i 18 e i 25 anni.La rivoluzione nelle tariffe dei musei scatta dal primo luglio ed è stata annunciata ieri a Roma dal ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini. Il decreto ministeriale, già firmato, prevede altre due novità: tutti i venerdì musei aperti fino alle 22 e due volte l’anno la «Notte al museo» a 1 euro.Non è solo un cambio tariffario, in linea con quanto avviene nel resto d’Europa, ma un modo nuovo di fruire degli spazi della cultura. La domenica gratis al museo, così come le aperture serali, possono cambiare in modo significativo le abitudini di italiani e turisti, e colpisce che questo sia reso possibile in parte con il "sacrificio" degli sconti per chi ha più di 65 anni. Quasi che dal mondo della cultura partisse un segnale destinato a far riflettere altri ambiti della vita sociale: chi sono i veri "bisognosi" in campo culturale, e non solo, oggi?La novità della domenica al mese gratis per tutti – anziani, giovani e famiglie – come avviene in molti Paesi stranieri e anche nei Musei Vaticani, è una straordinaria opportunità di promozione. «Abbiamo calcolato che un anziano usufruisce del biglietto omaggio due volte all’anno, ora potrà farlo per 12 domeniche», argomentano al ministero per addolcire il taglio dell’agevolazione. La fine del "privilegio" per gli over 65, in effetti, si spiega anche col fatto che un visitatore di museo ogni tre oggi non paga, dato che l’esenzione permette a migliaia di pensionati stranieri in viaggio in Italia, «anche i turisti giapponesi o americani», di entrare gratis nei musei.«L’intervento si somma agli altri provvedimenti che il governo sta mettendo in campo per valorizzare il sistema museale italiano», ha detto Franceschini agli Stati Generali della Cultura, organizzati dal
Sole 24 Ore, riferendosi anche al decreto ArtBonus, che dà autonomia finanziaria ai manager dei musei, al credito di imposta del 65% per le donazioni dai privati, e alla misura che trasferisce ai musei statali fondi in rapporto ai biglietti venduti.In Italia, ha calcolato l’Istat, ci sono quasi 4.600 tra musei pubblici e privati, in pratica uno ogni 13 mila abitanti e nel 2011 sono stati visitati da 104 milioni di visitatori. I musei e i siti archeologici statali, quelli a cui si riferisce il provvedimento, sono il 9%, ma attirano oltre 40 milioni di visitatori, quasi il 40% del totale. Non ha caso ieri Franceschini ha parlato di «terreno di pepite d’oro» che troppo spesso ci si dimentica di avere.Se un visitatore su tre nei musei dello Stato oggi non paga l’ingresso, la percentuale supera il 50% quando si considerano tutti i musei italiani. E la mappa degli sconti non è propriamente equa. Basti pensare che i bambini entrano gratis solo nel 48% dei musei, i ragazzi nel 13% (la metà ha altre agevolazioni), mentre uno studente in quanto tale beneficia dell’ingresso libero nel 6% dei casi (nel 35% ottiene invece uno sconto). Per non parlare delle famiglie: solo lo 0,9% delle strutture concede l’ingresso gratuito. È chiaro che un cambio di rotta era necessario. Anziani e giovani, in realtà, sono due categorie abbastanza marginali nella presenza ai musei. I ragazzi dai 18 ai 25 anni rappresentano il 21% dei visitatori, gli "over 65" il 26%. Negli ultimi dieci anni, come ha rilevato una ricerca condotta per il ministero in 12 tra i maggiori musei italiani, i visitatori giovani sono scesi dal 28 al 14%, gli anziani sono invece passati dal 4,5 al 13%.Il "sacrificio" dei pensionati, con la fine dell’ingresso sempre gratuito, riporterà i ragazzi al museo? Difficile dirlo, se al richiamo delle notti o delle domeniche al museo non si aggiungono iniziative a più ampio raggio, dalla multimedialità a progetti di marketing mirati. Ma nel Paese in cui ogni bambino nasce con 3 milioni e mezzo di euro di debito pubblico sulle spalle, e dove la disoccupazione giovanile supera il 41%, è significativo che una delle prime riflessioni sull’opportunità di una modifica al sistema degli incentivi arrivi dalla cultura.Tagliando le agevolazioni sopra i 25 anni il ministro Franceschini ha parlato della necessità di superare «anacronistiche fasce d’età che non corrispondono più alle effettive differenze di reddito». Come dire che la società che ha immaginato piccoli benefici per chi ha lavorato una vita, oggi si trova a fare i conti con una realtà capovolta dove l’area del bisogno non ha più un’età certa. Anche i musei, forse, possono aiutare a comprendere la necessità di un cambio di paradigma nel rapporto tra generazioni.