Un giacimento, un tesoro perso e ritrovato, una vena carsica che scava dentro il ventre profondo dell’America e riemerge, anni dopo, come un diamante grezzo. Da ascoltare e riascoltare.
Benvenuti nei Basement Tapes: The Bootleg Series Vol. 11 - sontuoso cofanetto di sei cd con oltre 130 brani e versioni inediti, appena pubblicato dalla Colombia -, benvenuti nel mondo cristallino e torbido allo stesso tempo, nuovo e senza tempo, semplice e labirintico, di mr. Bob Dylan. Una voce. Anzi la voce. Una voce “tagliente” (Sean Wilentz), “graffiante e apparentemente sprezzante, piena, ardente, urgente e poi delicata” (come l’ha descritta uno dei più tenaci “dylaniati”, il critico americano Greil Marcus), una voce di “carta vetrata, arrogante e sdegnosa come nessuna” (secondo Alessandro Carrera).
Una voce, anzi no, molte voci, riunite in una, assemblate in una, voci sgominanti, capaci di sciogliere, come dentro una colata, blues, rock e folk, e riconsegnarci un mistero – quello di Bob Dylan - che a dispetto delle stagioni rimane ancora tutto da esplorare. Perché “Dylan ha cessato da tempo di essere un semplice artista. Ormai è una geografia, un universo semiotico, un’intera cultura concentrata in un singolo performer, un’infinita partita a scacchi tra la parola e la voce” (parola di Alessandro Carrera).