Note, ma non sul diario. Le mie canzoni di classe. Musica scelta con gli studenti
Un concerto della band dei Pinguini tattici nucleari, tra i più amati dai giovani millennials
Un prof di religione apre un dialogo musicale con i suoi studenti di scuola media stilando una speciale playlist: 99 canzoni passando dai cantautori storici al rap, fino all’indie Un’esperienza che è diventata un libro e anche una possibile alternativa didattica Ho 38 anni: per i miei genitori sono ancora un bambino, i colleghi insegnanti mi considerano mediamente giovane. Ma per i miei studenti delle medie sono certamente un dinosauro. Me ne resi conto la prima volta che misi piede in un’aula, dall’altra parte della cattedra: per fare un complimento a un ragazzo gli dissi: «Sei molto fantasioso, mi ricordi Roberto Baggio». E lui: «Baggio chi?». Per me fu un colpo al cuore: come poteva ignorare il mio mito? Da una generazione all’altra, come è normale che sia, i riferimenti cambiano. Anche nella musica. Una volta un alunno mi confessò che adorava ascoltare i dischi di Fabrizio De Andrè: solo per questo avrei voluto che venisse promosso con lode. Ma è l’eccezione. Viene quasi da chiudersi nella nostalgia, in quel consolante «ai miei tempi », che spesso introduce rassicuranti bugie. Perché non necessariamente quei tempi erano davvero così belli (chi rimpiange i muri dei locali che puzzavano di fumo?), e non tutto oggi è da buttare. Non esistono solo i tormentoni superficiali, che peraltro ci sono sempre stati: tante canzoni degli ultimi dieci anni – di cantanti emergenti, emersi o anche di vecchie star – affrontano temi non semplici. Di Alzheimer e demenza, per esempio, parlano – anzi, cantano – i Pinguini Tattici Nucleari ( Ricordi) e Lorenzo Baglioni – i più lo conoscono per la canzone sul congiuntivo – con Paolo Ruffini, portando in scena una relazione commovente con dialoghi ripetuti, perché alla persona amata si chiude la porta della memoria e fa sempre le stesse domande («Non ti scordare di volermi bene»). Anche gli argomenti dei quali a scuola si parla spesso sono al centro di canzoni che dicono molto. Prendiamo il bullismo, per esempio. Quattro anni fa il rapper Marco Sentieri portò a Sanremo Billy Blu, una storia divisa in tre parti. Nella prima Billy, a scuola, viene preso in giro, spintonato, umiliato. Un salto di diversi anni, e troviamo un uomo disperato, sul punto di farla finita. Billy lo vede, e lo chiama: «Ti ricordi di me?». Finisce per salvare la stessa persona che lo aveva preso di mira ai tempi della scuola. Perché questo gesto di affetto? Perché quello fragile in realtà era il bullo, che svuota il sacco al nuovo amico: parla di una famiglia assente («tuo padre che non c’era») o incapace di educare («tua madre piena d’ansia/ che ti dava ragione anche quando avevi torto/ Tutti i tuoi casini sono il frutto di quell’orto»). Ci sono spunti per parlare con i ragazzi di perdono – chi di noi sarebbe capace di agire come Billy? – e anche di chiedersi come mai, nel video, Marco Sentieri si rivolga tutto il tempo a un ragazzo col cappuccio, seduto di spalle, che alla fine si scopre avere il volto del cantante stesso. Come interpretare questo passaggio? Forse anche dentro ciascuno di noi c’è un potenziale bullo? Lasciate la domanda in mano ai ragazzi, non sarete delusi. Negli ultimi anni si è cantato di tutto: disagio giovanile ( Cherofobia, Martina Attili), immigrazione ( Stiamo tutti bene, Mirkoeilcane), gioco d’azzardo ( Il giovane Mario, Brunori Sas). Per parlare di Africa e povertà il pezzo da novanta è il video di Life is sweet del trio Fabi-Silvestri-Gazzè, che non saranno dei ragazzini ma la sanno lunga, anche perché raccontano il Sud Sudan essendoci stati, e in quel ponte che «collega i modi di pensare » sembra risuonare l’invito di Papa Francesco – successivo però alla canzone – di costruire «ponti, non muri», di dialogare tra persone di culture e fedi diverse. Valerio Mazzei, tiktoker, influencer e quant’altro, in «12 luglio» parla della madre, morta quando lui aveva 11 anni; fa venire un colpo al cuore sentirlo cantare: «Gli occhi li ho presi da te/ ma non ti vedo più». Penso ai tempi delle mie supplenze alle elementari, e a quando il giorno della festa della mamma, dedicato a disegni e lavoretti da portare a casa, per qualcuno non era così gioioso. E la religione? Dio e il senso della vita sono davvero così assenti? Non si direbbe. In Supermarket flowers Ed Sheeran – non uno qualunque – parla della morte della nonna, mettendosi nei panni di sua madre. Pronuncia una preghiera: «Canterò Hallelujah/ Eri un angelo sotto forma di mia mamma/ Quando cadevo, tu eri lì a sorreggermi/ Spiega le tue ali mentre vai/ E quando Dio ti riavrà, diremo: “Hallelujah, sei a casa”». La sofferenza della figlia, che sta sistemando la casa ormai vuota, togliendo i fiori del supermercato dal davanzale e versando nel lavandino il the del giorno prima, è una testimonianza, perché «un cuore che si è spezzato/ è un cuore che è stato amato». E alla fine della canzone è Dio stesso a esprimersi con la stessa lode pronunciata dai parenti della defunta: «Spiega le tue ali e io so/ che quando Dio ti ha riavuto ha detto: / “Hallelujah, sei a casa”». C’è chi ha accostato il testo di Supereroi (Mr. Rain) a una preghiera di don Tonino Bello, e chi ha ballato sulle note di Jerusalema (Master Kg), il più grande tormentone del 2020: «Gerusalemme è la mia casa/ Non lasciarmi qui/ […] Il mio regno non è qui/ Salvami». E nel 2017 Biagio Antonacci presentò Mio fratello, unarilettura della parabola del padre misericordioso. I protagonisti del video sono Rosario e Beppe Fiorello. Quale dei due sta interpretando la parte del figlio che prende i soldi e se ne va? L’ho chiesto ai ragazzi, e uno di loro mi ha fatto capire che avevo dato la risposta sbagliata. A scuola c’è sempre da imparare. Soprattutto per me.