Agorà

Incoronazione. Le insegne del re santo Edoardo il Confessore tornano per Carlo III

Francesco Marzella domenica 30 aprile 2023

Uno dei due pannelli del “Dittico Wilton”, 1395-1399 circa: dietro a re Riccardo II, inginocchiato, i santi Giovanni Battista, Edoardo il Confessore con l’anello ed Edmondo martire

Fervono i preparativi per l’imminente incoronazione di re Carlo, con le prove notturne intorno a Buckingham Palace, il pavimento cosmatesco di Westminster Abbey che viene tirato a lucido e i primi doni in arrivo. Fra questi anche quello del Santo Padre, che ha inviato al sovrano britannico e capo della Chiesa anglicana una reliquia della Vera Croce, come già fece più di undici secoli fa papa Marino I con Alfredo il Grande, considerato il fondatore della monarchia inglese. Durante la cerimonia, però, sarà il nome di un altro re (e santo) medievale a essere ricordato spesso: quello di Edoardo il Confessore. A lui, infatti, sono attribuiti alcuni dei più importanti gioielli usati durante il rito, a iniziare dalla corona stessa con cui Carlo sarà incoronato, per proseguire poi con la spada Curtana, simbolo di clemenza, e il bastone di sant’Edoardo. Persino il trono su cui siederà il sovrano incoronato è noto come St Edward’s Chair. Ripercorriamo allora brevemente la vita di questo monarca inglese dell’undicesimo secolo per cercare di comprendere l’importanza storica e il valore simbolico di questa figura.

Nato intorno al 1005, Edoardo regnò per quasi ventiquattro anni, a partire dal 1042. Non poco, considerata anche l’instabilità dei tempi, con l’Inghilterra costantemente minacciata dalle incursioni scandinave mentre una nobiltà inquieta non rendeva facile al sovrano il mantenimento di delicati equilibri interni. Morì nel gennaio del 1066, senza eredi, dettaglio non secondario quando a morire è un re. E infatti non è un anno come gli altri, quel 1066. È l’anno della battaglia di Hastings, che segna la fine del dominio anglosassone e l’inizio di quello normanno. Alla morte di Edoardo diviene re il cognato Aroldo, che il 14 ottobre, però, viene sconfitto e ucciso nella fatidica battaglia da Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia e cugino di Edoardo. La memoria di Edoardo viene preservata nell’abbazia di Westminster, da lui rifondata e nella quale è stato sepolto. È morto in odore di santità e presto i monaci iniziano a raccogliere le testimonianze dei primi miracoli da lui compiuti in vita o delle guarigioni avvenute presso il suo sepolcro. Nel 1102 si decide di procedere a una prima ispezione del corpo, che puntualmente viene trovato intatto: chiara prova di santità.

Bisognerà attendere il 1161 perché Edoardo diventi, grazie a Alessandro III, il primo santo inglese formalmente canonizzato da un papa. Gli viene conferito il titolo di Confessore, per esaltare la sua testimonianza di fede e per distinguerlo da un altro sant’Edoardo, re e martire, vissuto nel decimo secolo. Due anni dopo, nel 1163, si procede alla cerimonia di traslazione alla presenza di re Enrico II e dell’arcivescovo di Canterbury, Tommaso Becket, e una Vita latina scritta dal cistercense Aelredo di Rievaulx presenta sant’Edoardo come «la pietra angolare» che ha unito due popoli, gli Anglosassoni e i Normanni, e ne esalta le virtù, prima fra tutte la verginità preservata anche dopo il matrimonio. Fra i miracoli attribuiti al santo ci sarebbe la guarigione di una donna dalla scrofola. È il primo “tocco del re” attribuito a un sovrano inglese, motivo per cui Marc Bloch non ha mancato di dedicare a sant’Edoardo alcune pagine memorabili del suo fondamentale I re taumaturghi. Nei secoli successivi, la santità regale di Edoardo il Confessore fornì un precedente illustre per giustificare la regalità sacra dei sovrani inglesi, e le insegne regali a lui appartenute furono orgogliosamente custodite dai monaci di Westminster.

In realtà, nessuno dei Gioielli della Corona che ammiriamo oggi risale effettivamente all’epoca di sant’Edoardo. Molti di questi oggetti, inclusa la corona, furono realizzati nel 1661 per Carlo II, per sostituire i regali medievali attribuiti al Confessore che erano stati distrutti nel 1649 dopo la decapitazione di Carlo I. La Sedia di sant’Edoardo, invece, fu fatta costruire nel 1300 da Edoardo I perché contenesse la Pietra del destino sottratta agli scozzesi. Prima della conclusione della cerimonia, però, Carlo III cingerà la corona imperiale, sormontata da una croce in cui splende lo zaffiro di sant’Edoardo, tradizionalmente identificato con la pietra incastonata nell’anello del santo re, prelevato dall’abate di Westminster in occasione della traslazione del 1163. Un gioiello dalla storia straordinaria.

Secondo la leggenda, infatti, Edoardo lo donò nientemeno che a san Giovanni Evangelista, apparsogli in veste di mendicante, e anni dopo fu recuperato da due pellegrini inglesi smarritisi in Terrasanta, che dopo tanto errare e risalendo l’Eufrate avevano raggiunto una città dalle mura dorate e coperte di pietre preziose, dove incontrarono proprio l’Evangelista. Ancora nel ‘400 a Westminster si poteva ammirare l’anello «che rimase per sette anni in Paradiso». A quel punto, però, il pio Edoardo aveva già ceduto il posto a un patrono tutt’altro che inglese ma decisamente più combattivo: quel san Giorgio che sarebbe stato capace di propiziare la vittoria contro i Francesi nella battaglia di Azincourt.