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La mostra. A Nuoro le due anime dell'espressionismo tedesco

Giorgio Agnisola venerdì 23 dicembre 2016

Max Pechstein, “Jockey” (particolare), 1920

L’espressionismo tedesco è frequentemente associato al fauvismo. In realtà il suo punto di origine è affatto differente. Certo, l’espressione soggettiva interpretata con una forte tensione psicologica del segno e un colore carico e persino violento quale fu testimoniata da numerosi artisti della Brücke (Il ponte), gruppo nato a Dresda nel 1905, anno in cui si concludeva l’esperienza fauve, fu anche il punto di partenza di Matisse e compagni a cavallo del XX secolo. Ma lo spirito che muoveva a creare fu in Germania differente. Poggiava su una inquietudine esistenziale e attingeva più al linguaggio nordico di Munch ed Ensor che alla vivida pittura francese. Gli artisti della Brücke prima e del Blaue Reiter (il Cavaliere azzurro) poi furono anzitutto interpreti delle profonde tensioni individuali e sociali d’inizio secolo, di fronte alle quali si ritraevano in una sorta di risentito distacco psicologico e morale.

Ciò si legge non solo nella forza invadente del colore ma anche e soprattutto nella carica tagliente del segno. Ernst Ludwig Kirchner in tal senso è stato un mirabile testimone. Il suo registro riflette nel disegno dei luoghi e soprattutto delle figure un sentire interiormente aggressivo. Un sentire che invade tutto, persone ambienti natura. Una interessante mostra al MAN di Nuoro, intitolata Soggettivo-primordiale, presenta oltre cento opere dell’espressionismo tedesco, provenienti dalle collezioni dell’Osthaus Museum di Hagen. La mostra, curata da Tayfun Belgin e Lorenzo Giusti (catalogo Magonza), documenta sia il primo periodo, quello maggiormente attento al contesto urbano e naturale, che vide quali interpreti, tra gli altri, Kirchner, Otto Müller ed Emil Nolde; sia quello successivo, che ebbe come protagonisti gli artisti del Blaue Reiter, tra cui Wassilj Kandinskij e Franz Marc, maggiormente orientati verso una indagine interiore e spirituale, che aprì in qualche modo le porte all’astrattismo. La mostra presenta opere realizzate con tecniche varie, dall’olio alla tempera, all’incisione.

Numerose le xilografie, ampiamente utilizzate dagli espressionisti tedeschi, forse per la nettezza del segno inciso che la tecnica comporta, come riflesso di una istanza rigorosa ma anche emotivamente carica e tagliente. Tra le opere uno splendido Jockey di Max Pechstein, del 1920, un tardo e drammatico paesaggio, Rising Clouds, di Emil Nolde, del 1927, il Gruppo di artisti di Kirchner, immerso in un clima insolitamente caldo, con le figure concentrate in una conversazione, una tristissima e cupamente romantica Primavera nelle Fiandre di Erich Heckel e un singolare Gaberndorf I di Lyonel Ferninger, del 1921, che testimonia la tensione espressionista in chiave cubista e persino futurista della sua opera, con un articolato gioco di luci e piani prospettici

Nuoro, Museo MAN
SOGGETTIVO - PRIMORDIALE
Un percorso nell’espressionismo tedesco
Fino al 5 febbraio