Spettacoli. Isabel Russinova porta in teatro le donne afgane con «Le Parole di Rabia»
Isabel Russinova (a sinistra) e Zoe Tavarelli, interpreti dello spettacolo "Le parole di Rabia"
Isabel Russinova dà voce alle donne afgane con uno spettacolo di singolare bellezza, che è anche testimonianza di impegno civile e di denuncia internazionale contro la barbarie dei taleban. Le Parole di Rabia, questo il nome del lavoro dell’attrice, che è anche autrice del testo, si presenta come un monologo a due voci – non sembri contraddittoria questa definizione – perché sulla scena volutamente ridotta all’essenziale (due leggii, il gioco delle luci, grandi fotografie proiettate sul fondale del teatro Palladium dell’Università Roma Tre, dove poco prima di Natale si è svolta la prima assoluta della rappresentazione) c’è anche la brava Zoe Tavarelli (con la regia di Rodolfo Martinelli Carraresi).
Così le voci delle due interpreti si amalgamano perfettamente come in una staffetta, scambiandosi più e più volte il testimone del racconto. Russinova prende come simbolo del femminile negato nell’attuale Afghanistan la poetessa Rabia Balkhi, vissuta nel X secolo, durante la dinastia samanide, che regnò dall’819 al 1005 sul Khorasan e sulla Transoxiana.
Versi d’amore purissimi i suoi, specie quelli del poema in cui l’alter ego della scrittrice si innamora di uno schiavo di suo fratello, importante personaggio di corte. Quando però quest’ultimo viene a conoscenza dell’amore a quel tempo proibito, fa gettare in un pozzo lo schiavo e rinchiudere in prigione la sorella. La quale per continuare a scrivere i suoi versi, si taglia le vene e li verga con il proprio sangue sulle pareti della cella, fino a morirne.
Le parole di Rabia, però, non sono mai parole di rabbia, ma sempre ispirate dal più grande fra i sentimenti umani. E ascoltandole nell’appassionata interpretazione delle due voci recitanti, lo spettatore è come rapito dalla bellezza delle poesie, che sembrano prendere corpo sul palcoscenico, per ricordare – a più di un migliaio di anni di distanza – che «l’amore è un oceano talmente grande/che nessuno può attraversarlo senza esserne ingoiato» e che sempre «bisogna affrontare il corso avverso della vita/Immaginarla armoniosa quando diventa crudele/nutrirsi di veleno, e assaporarlo come il miele».
Rabia diventa così non solo un modello letterario, ma nella trasposizione di Russinova offre quasi la sua stessa vita a mo’ di affresco della resistenza femminile in ogni tempo, per la conquista dei diritti violati e della dignità della donna. Scritto in occasione del 60° anniversario della fondazione di Amnesty International, lo spettacolo è inserito nel festival dedicato ai diritti umani raccontati attraverso le arti “Ther” (Thematic exhibition on human rights). «Sono felice – fa sapere Isabel Russinova – della proposta di Amnesty, di cui sono testimonial, che mi ha chiesto di scrivere un testo in questa importante ricorrenza, per raccontare la drammatica condizione delle donne in Afghanistan, dove esse sono ridotte a burka che camminano». Un’iniziativa forte, un testo che attraverso la poesia grida a piena voce contro l’ingiustizia e la barbarie.