Agorà

ANNIVERSARI. Le disavventure di Salgari

Piero Zanotto venerdì 15 ottobre 2010
Verona sta  preparando eccezionali eventi per ricordare il centenario della morte di Emilio Salgari, avvenuta tragicamente il 23 aprile del 1911 nel torinese bosco del Lauro. Si suicidò per disperazione a colpi di rasoio, come un samurai dopo avere indirizzato agli editori una forte lettera di accusa: «A voi che vi siete arricchiti colla mia pelle mantenendo me e la famiglia mia in una continua semi-miseria od anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna». Ed ora esce in nuova edizione riveduta e corretta, a quasi trent’anni dalla prima, l’esemplare libro di Giovanni Arpino e Roberto Antonetto Emilio Salgari il padre degli eroi (Viglongo, pagine 224, euro 22,00). Col titolo completo di allora, 1982, in frontespizio: Vita, tempeste, sciagure di Emilio Salgari il padre degli eroi. Ci ha pensato inaugurando una nuova collana - «Ritorni» - la torinese Viglongo in antica rispettosa confidenza editoriale col maggiore romanziere italiano dell’avventura. La prima biografia «affettuosa e documentata nella spietata ricerca della verità», scrive in apertura Giovanna Viglongo che dedica da  sempre particolare attenzione all’opera di Emilio Salgari, con volumi commentati da studiosi ed estimatori, cui si aggiungono i Quaderni Salgariani e le raccolte degli atti dei convegni di studio internazionali a Torino e a Verona (il più recente, curato dal Dipartimento di Romanistica Università degli studi di Verona con una premessa di Gian Paolo Marchi, aveva per tema, e titolo, «Emilio Salgari tra sport e avventura»). Giusto: biografia spietata e insieme affettuosa. Non trascura nulla infatti della vicenda umana di questo controverso narratore di infuocate vicende fatte accadere in ogni angolo del mondo. Giovane cronista nella Verona, la sua città, dove nacque il 21 agosto 1862 (la famiglia piccolo borghese era originaria di Negrar, in Valpolicella), di carattere insieme chiuso e impetuoso, Salgari inventò un proprio alter ego dandosi il titolo di Capitano. Quello del viaggiatore per mare e per terra in una sterminata geografia che privilegiava la (pseudo)realtà esotica. Viaggiatore da tavolino meticoloso e instancabile "lettore" di atlanti e di cronache giornalistiche ch’egli trasformava in concitate trame animate da protagonisti che infiammarono legioni di lettori adolescenti. Anche con accurate traduzioni in altre lingue. Per tutti, i più noti, il principe malese Sandokan e l’italiano nobile conte di Ventimiglia Corsaro Nero. Assetati di vendette personali. Protagonisti ognuno in due esaltanti cicli di romanzi a partire dal 1895 e 1898. Il fascismo cercò di strumentalizzarne il fascino che, tra molto scetticismo e prudenti condanne da parte di intellettuali ed educatori in ambito scolastico, Salgari riuscì a creare per sé attraverso la sua narrativa. In un’autoesaltazione che gli fece mescolare fantasia e realtà. Anche nei momenti di maggior dura prova personale. Accreditata da biografie di pura invenzione, da lui stesso comunque incoraggiate e approvate. Arpino e Antonetto (che firma trent’anni dopo una nuova illuminante nota introduttiva) spiegano come il giovane Emilio dopo i non brillanti studi nautici a Venezia, il suo unico viaggio per mare lo fece come mozzo di un trabaccolo chiamato Italia Uno che lo portò da Venezia a Brindisi. Scrive ora Antonetto, scomparso Arpino nel 1987, «una documentazione imponente, in parte inedita e condotta fra l’altro sull’archivio custodito dai discendenti, mi permette di affermare che nella biografia c’è tutto quanto era disponibile e reperibile allora sulle fonti. Nulla fu inventato, non una sola frase venne scritta senza il sostegno di documenti. Nulla di romanzato quindi: il romanzo era nei fatti». Forzato della penna Emilio Salgari, costretto a ingenti spese, anche per dare dignitosa accoglienza psichiatrica alla adorata moglie Ida (che lui chiamava Aida), ai romanzi "ufficiali" per editori diversi, ne aggiunse altri firmandoli con pseudonimi. Arpino e Antonetto raccontano con accorata cronaca anche il suo «terribile addio», appena poco dopo la morte della moglie. Lasciando soli i figli ancora adolescenti: Fatima, Nadir, Romero e Omar, che finiranno tutti nella trappola di una fortuna avversa. Una sequenza di morti e di suicidi. Mentre nella "sua" giungla editoriale nasceva la gramigna dei molti romanzi falsi a lui attribuiti che solo di recente si è tentato di "estrapolare" dalla produzione originale. Romanzi nati su proposizione di Omar (il desiderio di qualche guadagno supplementare era comprensibile) che offriva a più scrittori o presunti tali appunti appena abbozzati dal padre. Capitolo inedito nella attuale riedizione insieme ad una corposa cronologia/bibliografia è un saggio dello scomparso studioso veneziano Giuseppe Turcato dedicato agli illustratori dei romanzi di Salgari con riproduzioni a colori delle storiche prime edizioni.