Volume. Le piante della Bibbia raccontate da tre botanici
Il libro si compone di 208 pagine, con testo, 110 schede relative alle
piante descritte, 110 figure a colori delle piante riportate nelle
schede, piante intere, foglie, fiori, frutti, semi, 170 referenze
bibliografiche e sitografiche, tabelle riepilogative delle piante citate
con il loro nome volgare, il binomio scientifico in latino, la famiglia
in latino di appartenenza, le citazioni nel libro biblico, il capitolo e
il versetto o i versetti riferiti alla pianta considerata.
Le piante sono raggruppate in 10 categorie, a iniziare da quelle della
Terra Promessa per finire con quelle della Menorah e della Sindone. Vi
sono incluse 12 tabelle riassuntive della piante trattate, delle
citazioni nell'Antico e Nuovo Testamento, dell'etimologia dei nomi
scientifici e comuni, delle citazioni bibliche.
Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo 10 schede relative ad altrettante piante citate nella Bibbia.
FICO, una delle sette piante della Terra
Promessa
«Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non
vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere», Numeri 20,5.
Il fico è una delle sette piante della Terra
Promessa, citato spesso nell’Antico e Nuovo Testamento.
La sua origine risale probabilmente a 5000 anni fa,
in un’area corrispondente all’Asia occidentale. Da allora
le popolazioni nomadi hanno provveduto a diffondere
i semi di fico da un luogo all’altro, a migliorarne
la coltura e l’uso e a tramandarlo per lunghi secoli ai
popoli mediterranei (Egizi, Greci, Romani). Papiri egiziani
ne parlano come di una novità importata dalla
Siria e lo ritenevano un elemento importantissimo per
l’alimentazione del popolo. Il suo frutto, consumato
fresco, seccato, pressato, accompagnava l’uomo durante
le lunghe peregrinazioni, mentre la fronda offriva riparo
dai cocenti raggi del sole. Era inoltre usato come
medicamento, legno per il fuoco ed era simbolo di fertilità
e prosperità, di felicità terrena e ultraterrena.
GRANO, una delle piante più citate nella Bibbia
«Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento
dall’Egitto», Genesi 42,3.
GRANO (Grano duro), Triticum durum Desf. (POACEAE) - (Foto di M. Grilli Caiola)
È tuttora aperta la questione di quale frumento si parli nella Bibbia. Poiché i frumenti
coltivati nell’area palestinese dovevano essere di
più e diversi. In base alle informazioni contenute nei
libri biblici e agli studi genetici e archeologici, è lecito
supporre che in Israele si trovassero sia il grano duro
(Triticum durum), un tetraploide, sia quello tenero (T.
aestivum), un esaploide (Zohary et al., 2012). Entrambe
le specie derivano da incroci tra un frumento diploide
e una graminacea selvatica. Per il grano duro si è trattato
di un solo incrocio, per il grano tenero ne sono
occorsi due. Il grano duro doveva essere quello più conosciuto
e coltivato. Ciò in base anche alle caratteristiche
climatiche dell’area essendo il grano duro più
esigente di clima caldo e secco. Nella Bibbia non si fa
riferimento a pasta, ma a pane lievitato, pane azzimo,
pane cotto e conservato a lungo, e si parla anche di semole
e di piatti di tipo orientale come il couscous. Può
darsi quindi che una parte del grano duro fosse riservato
a piatti o pani particolari mentre per il pane dei
poveri veniva usato orzo, oppure farro, oppure spelta,
essendo le loro cariossidi più ricche di farina. Coltivato
da tempi remoti nell’area mediterranea, il grano duro
è una delle piante più citate nella Bibbia, come tale e
come derivati, pane, focacce, impasti vari.
CEDRO, il primo agrume a essere coltivato in Israele
«Andate al monte e portatene rami di ulivo, rami di olivastro,
rami di mirto, rami di palma e rami di alberi
ombrosi, per fare capanne, come sta scritto», Neemia 8,
15.
CEDRO, Citrus medica L. (RUTACEAE) - (Foto di A. Travaglini)
Originario della Cina e India meridionale
è stato introdotto nell’area mediterranea
molto prima dell’era cristiana (Zohary et al., 2012)
ed era già coltivato anche nella Giudea, oltre che in
Egitto, e in Babilonia, dove la pianta era apprezzata
per la sua bellezza e i frutti per le notevoli dimensioni
che raggiungevano; anzi è stato il primo agrume a essere
coltivato in Israele.
In occasione della Festa dei Tabernacoli gli Ebrei portavano
fronde di palma, rami di mirto e di salice e anche
di cedri, pensando che questi erano da intendere
come frutti dell’albero ombroso o bellissimo. Riguardo
al significato del cedro, si pensa che esso simboleggi
l’albero della conoscenza. Inoltre il comando biblico
di prendere i frutti migliori viene interpretato come
“prendere frutti senza difetto”, il che è piuttosto raro
nel caso del cedro cresciuto in natura. Per ottenere tali
frutti gli israeliani oggi ricorrono a colture in serra. A
settembre ne colgono a mano i frutti maturi che, opportunamente
imballati, vengono spediti agli ebrei in
tutto il mondo per le celebrazioni rituali.
COTONE O LINO, quale è presente nella Bibbia?
«Vi erano cortine di lino e di porpora viola, sospese con
cordoni di bisso e di porpora rossa ad anelli d’argento e a
colonne di marmo bianco; vi erano inoltre divani d’oro
e d’argento sopra un pavimento di marmo verde, bianco
e di madreperla e di pietre a colori», Ester 1, 6.
COTONE, Gossypium herbaceum L. (MALVACEAE) - (Foto di P. M. Guarrera)
La presenza del cotone nella Bibbia è molto discussa.
Nella Bibbia CEI-UELCI (2008) come in quella di Gerusalemme
(1976) e di Ricciotti (1957) si parla di lino,
ma in altre traduzioni quali Chouraqui (2003) e NRSV
(1997) compare il cotone invece del lino. Il cotone inoltre
è trattato tra le piante bibliche anche da altri autori
(Hepper 1992; Maillat et Maillat 1999). Il cotone era
coltivato in India ed è possibile che Alessandro Magno,
dopo la conquista della Persia e il raggiungimento dell’India,
abbia conosciuto la pianta e ne abbia favorita la
diffusione. Si ritiene che la pianta venisse utilizzata in
Palestina solo dal III sec. a.C. e la sua coltura si sia diffusa
dopo la dominazione romana (…).
La pianta coltivata per la produzione della
fibra tessile, il cotone, ha due principali centri di origine:
uno in Centro America, l’altro in Arabia e Asia Minore.
Da quest’ultimo alcuni derivano il cotone
coltivato in Israele da tempi biblici, ma non citato nella
Bibbia CEI-UELCI (2008), dove sono invece citati il
lino e la seta. Questo sembrerebbe escludere la presenza
o almeno la coltura di questa pianta in Israele. Taluni
autori, tuttavia ritengono che la pianta vi fosse già presente
in epoca precristiana (Musselman, 2012), originaria
dal ceppo dell’Iran.
GIGLIO BIANCO, simbolo di bellezza, santità, e resurrezione
«Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano.
Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la
sua gloria, vestiva come uno di loro», Luca 12, 27.
GIGLIO BIANCO, Lilium candidum L. (LILIACEAE) - (Foto di A. Travaglini)
Coltivato da tempo in Persia, nella Siria,
in Palestina non è sicuro il luogo di origine. Una
volta molto più frequente, in Israele si trova ancora
sul Monte Carmelo e in Galilea. Il giglio bianco era
simbolo di bellezza, di fertilità e prosperità; di purezza
spirituale, santità, e resurrezione per i cristiani. Dall’ebraico
Shoushan, che vuol dire giglio deriva il nome
Susanna. La bellezza del fiore ha colpito
naturalisti e artisti che l’hanno raffigurato nell’arte a
cominciare dal Tempio di Salomone, fino alle tele raffiguranti
la Madonna e santi con il giglio in mano,
tanto che viene anche ricordato come “Giglio della
Madonna” (Leonardo, Annunciazione), alludendo alla
purezza di Maria concepita senza macchia. Nella
Bibbia il giglio è citato più volte come simbolo e speranza
di liberazione del popolo Israelita. Osea (14, 6-
7) invita alla conversione, profetizzando la salvezza di
Israele da parte del suo Dio: “Sarò come rugiada per
Israele: / fiorirà come un giglio / e metterà radici come
un albero del Libano, / si spanderanno i suoi germogli /
e avrà la bellezza dell’olivo / e la fragranza del Libano”.
Esistono tuttavia interpretazioni diverse sulla pianta
indicata nella Bibbia come giglio delle valli. Per taluni
si tratta del mughetto, Convallaria majalis (anche se
questo è solo specie di montagna), per altri di Hyacinthus
orientalis e per altri ancora di Iris pseudoacorus
che è a fiori gialli, quindi non potrebbe essere il giglio
bianco (Moldenke et Moldenke, 1952).
RANUNCOLO, uno dei fiori più belli in Israele
«Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato,
il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore
d’erba passerà. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare
l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce»,
Giacomo 1, 9-11.
RANUNCOLO, Ranunculus asiaticus L. (RANUNCULACEAE) - (Foto di A. Danin)
È uno dei fiori più belli in Israele. Si
estende fino alle zone aride e può essere annoverato tra
i fiori di campo che ai caldi raggi del sole appassiscono
e perdono le corolle. La brevità della fioritura si presta
bene a interpretare il valore della ricchezza e della bellezza,
valori entrambi elevati, ma di breve durata.
Come altri fiori di campo, quali il tulipano, l’anemone,
il papavero, anche il ranuncolo ha fiori rossi ed è distinguibile
dall’anemone per i sepali riflessi.
Smith (1877) lo mette tra i gigli di campo che abbondavano
in Palestina, ma Post esclude che possa trattarsi
di gigli per il colore troppo intenso (in Musselman,
2012). Danin (1983) pone Ranunculus asiaticus tra la
flora che si sviluppa su calcare gessoso e marna nella parte
nord del Sinai. Compare in primavera di anni piovosi
con le geofite Tulipa polychroma e Anemone coronaria, sui
fianchi esposti a nord sopra gli 800 m su letti di calcare
popolati da associazioni più mesofitiche di Artemisia herba-
alba e Noaea mucronata. Nonostante le divergenze di
opinioni, la maggior parte degli autori di volumi sulle
piante bibliche concordano nel riportate tra queste anche
il R. asiaticus (Wlodarczyk, 2007).
CARRUBO, un albero dalla tripla vita
«Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano
i porci; ma nessuno gliene dava», Luca (15, 16).
CARRU
BO, Ceratonia siliqua L. (CAESALPINIACEAE) - (Foto di A. Travaglini)
Citato solo
nel Nuovo Testamento, il carrubo è un albero nativo in
Israele, importante componente della sua vegetazione,
presente in molte associazioni arboree delle pianure costiere
e sulle colline della Galilea e della Samaria. Luca
(15, 16) riferisce che le carrube venivano usate per alimentazione
umana e animale, e anche oggi entrano nella
composizione di molti mangimi. Ma è pianta di
molto interesse anche in medicina per i semi le cui farine
ricche di addensanti ed emulsionanti vengono impiegate
in campo farmaceutico ed alimentare. Inoltre i
frutti, previa frantumazione, possono essere sottoposti
a fermentazione e distillazione per dare alcool. I semi,
molto duri e omogenei per dimensioni e peso, sono
stati usati a lungo come unità di peso, il carato (dall’arabo
quirat), per metalli preziosi. Le foglie ricche di
tannino sono impiegate per la concia delle pelli, mentre
il legno trova uso in lavori di ebanisteria e nella
fabbricazione di barche. Un tempo molto diffuso sia
allo stato spontaneo sia in coltura, il carrubo ha subito
col tempo un notevole declino. È un albero molto elegante
che viene rivalutato come ornamento di parchi
e grandi giardini su terreni sciolti. La pianta e i suoi
usi sono stati riportati sia da Plinio sia da Columella.
Molti legumi bruciati sono stati trovati negli scavi di
Pompei ed Ercolano.
CEDRO DEL LIBANO, il più citato insieme all'incenso
«Persino i cipressi gioiscono per te / e anche i cedri del Libano:
/ Da quando tu sei prostrato / non sale più nessuno
a tagliarci», Isaia 14, 8.
«Sono sazi gli alberi del Signore / i cedri del Libano da
lui piantati», Salmo 104, 16.
CARDO MARIANO, una pianta biennale
«Gedeone disse: «Ebbene, quando il Signore mi avrà consegnato
nelle mani Zebach e Salmunnà, vi strazierò le
carni con le spine del deserto e con i cardi», Giudici 8,
7.
È una pianta biennale, nel primo anno produce una
rosetta di foglie basali, picciolate, coriacee, pennatifide,
lunghe fino a 40 cm, con margine ondulato e sinuato,
con lobi triangolari terminati da spine robuste
e lamina verde scuro con variegature bianche lungo la
nervatura, glabra. In questa forma la pianta trascorre
l’inverno. Nel secondo anno, soprattutto dopo abbondanti
piogge invernali, compare il fusto aereo, eretto,
robusto, scanalato, rugoso, alto fino a 1,5 m, ramificato
nella parte superiore e con foglie larghe, sessili,
glabre, dentate, terminanti con spine gialle. L’altezza
della pianta unitamente alla larghezza delle foglie e alla
densità delle piante ne fanno una formazione pressoché
impenetrabile in certe zone della Galilea settentrionale
dove si rinviene comunemente. (…)
Il nome
comune, cardo mariano, fa riferimento alle macchie
color latte che sono sparse nelle foglie della pianta
e che una tradizione vuole che siano le gocce di latte
cadute mentre la Madonna allattava il bambino (Cattabiani,
1996). Di zone desertiche e subdesertiche, è
presente anche in Italia in incolti e prati aridi. Nella
Bibbia è citato anche come cardo del Libano perché
abbonda nella Siria, specialmente sulla catena del Libano. (…)
È
una pianta che trova impiego anche in medicina per
dei composti flavonici contenuti nei frutti, ad es., la
silibina, che hanno effetto epatoprotettore e disintossicante
del fegato.
ALOE, Nicodemo lo portò per profumare il lenzuolo di Gesù
Vi andò anche Nicodemo – quello che in precedenza era
andato da lui di notte- e portò circa trenta chili di una
mistura di mirra e aloe”, Giovanni (19, 39).
Pianta succulenta con una rosetta di foglie carnose, rigide,
a margine spinoso. Fiori in lunghe spighe terminali,
rossi, tubulosi (color rosso arancio in A.
succotrina). Dalle foglie si estrae un succo che concentrato
al sole diventa una massa solida di aspetto vetroso
usata in medicina (amaro, colagogo a piccole dosi
e purgante a forti dosi; cosmetico) e in veterinaria.
Contiene composti antracenici (aloine, aloemodina
ecc.). Gli egiziani lo adoperavano per imbalsamare i
cadaveri. Nicodemo lo portò per profumare il lenzuolo
di Gesù, probabilmente con l’intento di imbalsamarne
il corpo [(Matteo (27,59), Marco (15,46),
Luca (23,53)]. L’aloe più pregiata era A. succotrina, di
cui alcune cellule epidermiche sono state ritrovate sulla
Sindone (Marinelli, 2009; 2012). Il nome della specie
viene dall’Isola di Socotra (Yemen) sulla costa orientale
d’Africa all’ingresso del Mar Rosso. Si narra che Alessandro
Magno si sia spinto a Sud alla conquista dell’isola
per controllare il commercio della specie pregiata.
(…) Secondo alcuni sembra che il nome
di A. succotrina sia il risultato di una confusione storica.
È una pianta della regione del Capo e non crescerebbe
naturalmente a Socotra, ma per molti anni
l’origine di questa pianta è rimasta avvolta nel mistero.
È stato solo all’inizio del ‘900 che è stata registrata
presso l’area del Capo una precisa località per A. succotrina.
Sarebbe stata la prima specie di aloe introdotta
dal Sud Africa in Europa (fiorì ad Amsterdam nel
1689). Alcuni autori (Smith, 1877; Greppin, 1988;
Musselman, 2007) mettono in dubbio che la pianta
citata in Giovanni sia del genere Aloe: potrebbe trattarsi
di Aquilaria agallocha, spesso tradotta come aloe
legno, ipotesi poco accettabile.
Va comunque evidenziato che l’aloe aromatico, citato
nell’ A.T. accanto ad altre spezie, vada identificato come
Aquilaria agallocha.
Testi e foto sono tratte dal libro Le piante nella Bibbia
Autore: Maria Grilli Caiola, Paolo Maria Guarrera, Alessandro Travaglini
Pagine: 208
Prezzo: € 30.00Gangemi Editore