Inediti. L'amore che non muore nelle lettere tra Saint-Exupéry e Consuelo
Antoine de Saint-Exupéry nel 1942
Tutto (o quasi) è stato detto su Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Del resto parliamo di un libro tra i più venduti della storia con circa 200 milioni di copie, che ha oltre 300 traduzioni in lingue e dialetti di tutto il mondo. Ma a noi che cosa dice quel principino? Siamo davvero capaci di tirar fuori il bambino che giace nel nostro cuore? Se lo chiede anche un saggio di Stéphan Garnier: Agire e pensare come il Piccolo Principe (Odoya, pagine 238, euro 14). È un punto di partenza, anche se bisogna sempre fare molta attenzione ai significati allegorici del Piccolo Principe. Il rischio reale è quello di far dire al suo autore qualcosa che non pensava affatto e di trasformare la storia, come purtroppo spesso è successo, in una fiaba buonista. Soprattutto se tagliamo fuori la dimensione spirituale di un’opera che ci ricorda come i bambini (più degli adulti) riescano a vedere ciò che non è visibile. Ossia quel che più conta nella vita, «l’essenziale è invisibile agli occhi». Tradiremmo l’animo profondo di Saint-Exupéry che in tutta la sua pur breve esistenza (morì a 44 anni) si è interrogato sulle grandi domande: “Chi siamo?” “Da dove veniamo?” “Perché la morte?”. Lo scrittore aveva ben presente l’approdo verso cui tendiamo, come svelò in un’altra opera, Cittadella: «Signore, quando un giorno riporrai nel granaio la tua Creazione, spalancaci le porte e facci penetrare là dove non ci verrà più risposto perché non ci sarà più alcuna risposta da dare, ma solo la beatitudine, soluzione di ogni domanda e volto che appaga». Un orizzonte che illumina anche il toccante carteggio per la prima volta in italiano tra l’autore del Piccolo Principe e sua moglie, la scrittrice e pittrice salvadoregna Consuelo Suncín Sandoval: Il principe e la rosa. Lettere d’amore (1930-1944) (Donzelli, pagine 302, euro 26) a cura di Alban Cerisier con la traduzione di Lila Grieco.
Una corrispondenza intensa, di circa 160 missive, dal primo incontro a Buenos Aires nel 1930 fino alla scomparsa dello scrittore nell’estate del 1944 durante la Seconda guerra mondiale. Sono lettere che spiazzano perché la loro vita coniugale è stata segnata da infedeltà reciproche. Sia per le fughe di lui che per lo spirito libero di lei, che a meno di trent’anni aveva già un divorzio e due matrimoni alle spalle. Eppure fino all’ultimo Antoine si rivolgerà a Consuelo come all’unico suo amore, la musa del Piccolo Principe, la rosa che si distingue dai generici roseti, la donna per l’eternità. Lui che ammette: «È decisamente misterioso questo amore che non ha mai voluto morire». Per poi riconoscere: «Siete voi che ho scelto - e nulla può separarmi da voi , poiché il sacramento è stato il più forte» alludendo al loro matrimonio religioso, nell’aprile del 1931, celebrato dall’abate Sudour nella cappella di Agay in Francia. E la corrispondenza assume le sembianze di una stringente richiesta di perdono vicendevole e di ringraziamento anche da parte di Consuelo: «Mi hai donato per sempre quest’affermazione di certezza che esistono cose divine nell’essere umano. C’è il Divino nell’uomo». E ancora: «Per me, sei sempre stato il mio sposo, colui che il cielo mi ha donato, e sul quale devo vegliare con tutte le mie preghiere e con tutta la mia anima». Solo loro due possono sapere quanto siano sinceri questi scambi, certo scandalizzeranno chi non ammette che tutti possiamo cadere. Ma i nostri errori, le nostre miserie, non saranno mai più grandi del nostro desiderio di amare e di essere amati e di quell’invisibile bellezza che ci portiamo dentro. «Consuelo della mia eternità - scrive Saint-Exupéry - Consuelo che Dio mi ha donato, dal momento che siamo marito e moglie... Ora che sono vecchio so di non aver conosciuto avventura più bella delle notti passate insieme in attesa del dono di Dio del giorno».