Agorà

Lutto. Dalla Torre, l'affetto per il Papa diventato disponibilità a mettersi a servizio

Francesco Bonini venerdì 4 dicembre 2020

Giuseppe Dalla Torre, 2013

Non è facile, su un autore che ha scritto decine di volumi e centinaia di articoli, indicare un titolo. Per Giuseppe Dalla Torre sceglierei un piccolo, vivacissimo libriccino, pubblicato solo qualche mese fa da Marcianum Press, uno dei marchi della gloriosa editrice Studium, fondata da Paolo VI, come amava ricordare. Un titolo che può sorprenderci, Papi di famiglia.

Già: una famiglia al servizio della Santa Sede e in concreto dei Papi, da san Pio X, che chiamò a Roma il nonno, Giuseppe senior, ai diversi incarichi che Giuseppe junior ricopre, fino alla presidenza del Tribunale Vaticano. Lo aveva pilotato con saggezza nei marosi dei primi Vatileaks e il Segretario di Stato Parolin, salutandolo lo scorso anno a conclusione del mandato per raggiunti limiti di età gli aveva augurato «un lungo e fruttuoso lavoro a favore della verità e del diritto».

Ma prima di ricordare queste due parole–chiave della sua vita, recisa dal Covid dopo una strenua resistenza nella mattinata di ieri, bisogna restare sui Papi, questo suo profilo di cattolico e romano. Una fede schietta e semplice. Romano, lui che proveniva da una storia di svariate combinazioni, belga, siciliana, abruzzese sulla radice veneta, amava la sua città, nel cui consiglio comunale aveva seduto negli anni più tormentati, quelli della fine della Democrazia cristiana.

Di Roma conosceva tutto, persone, luoghi, detti, tradizioni. Memorabile la sua citazione del cardinale De Merode, non a caso ripresa da papa Francesco nella solenne circostanza del discorso alla curia romana del 2017. E di Roma, la città capitale di due Stati, sapeva interpretare proprio quel crinale, che unisce e non divide Santa Sede e Italia, Chiesa e Stato. L’affetto per il Papa senza se e senza ma, diventa disponibilità a mettersi in gioco, mettersi a servizio. Con un preciso senso della laicità e dunque delle istituzioni.

Su questo crinale ha operato da par suo con lo strumento di cui era riconosciuto maestro, il diritto. Ricordo due passaggi. Il primo è il rinnovo del Concordato Lateranense: una grande impresa collettiva, durata molti e molti anni, un’impresa “generazionale”, come amava ricordare un altro protagonista scomparso da poco, il cardinale Nicora. alla cui manutenzione Dalla Torre ha continuato a lavorare fino ad oggi. Il secondo è il rettorato della Lumsa, la Libera Università Maria Ss. Assunta, di cui è stato alla guida per oltre vent’anni, fino al 2014, quando, al compimento dei settant’anni, è diventato emerito. Voluta dalla Santa Sede con una precisa missione educativa nel 1939, l’ha trasformata, sempre in accordo con le Missionarie della Scuola alla cui fondatrice, Luigia Tincani, era stata affidata, in una realtà di rilievo internazionale, protagonista nel sistema universitario italiano: è stato vicepresidente della Crui, il primo in rappresentanza delle università non statali e componente autorevole del Consiglio Universitario Nazionale.

Ma era soprattutto e prima di tutto un professore, di Diritto ecclesiastico e canonico, insegnamento che continuava ancora oggi a tenere, insieme alla direzione dell’Alta scuola di Diritto ecclesiastico e vaticano. Autore di tanti, fondamentali lavori scientifici, di manuali su cui si formano generazioni di studenti, anche in molte università pontificie, Giuseppe Dalla Torre amava insegnare e sapeva fare scuola.

Un maestro autorevole, che non aveva bisogno di alcuna pompa e ironizzava della sua nobiltà, come quando si incontrava con un autorevole ecclesiastico veronese nativo di Sanguinetto, il feudo compreso nel suo cognome, Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto. Non sono mancati nella sua vita momenti molto difficili. Li ha vissuti da uomo buono: ci si poteva specchiare nel suo sguardo, come mi è capitato nel momento in cui mi ha comunicato di essere positivo al virus: uno sguardo che non si può dimenticare. Protagonista e testimone dell’impegno dei cattolici nell’Italia contemporanea Giuseppe Dalla Torre, in questa nostra storia collettiva è stato e rimane un punto di riferimento, sicuro. Che diventa un esempio e un pungolo per scrivere pagine nuove nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo.