Il libro. La vita in un pallone, emozioni senza fine
La poesia del calcio come la poesia della vita. Un accavallarsi di passioni e di emozioni. Di vittorie e di sconfitte. Di lacrime di gioia e di momenti di sofferenza. E sullo sfondo una grande lezione: per ottenere un risultato serve talento ma serve anche volontà. E per arrivare bisogna sempre dare il massimo. Tre amici e un pallone è una grande storia di sport. C’è l’odore dell’erba dei campi di provincia. E c’è il rumore dei tacchetti degli scarpini negli spogliatoi. Ci sono vittorie e ci sono sconfitte. E c’è un pezzo di storia della nostra Italia.
Le duecentocinquanta pagine di Alberto Uncini Manganelli si leggono tutte d’un fiato. Albi, Maxi, Ricki, tre amici e una grande storia. Tre vite e una grande amicizia. Le prime corse dietro a un pallone. Le prime emozioni che tornano ad accendersi anche a distanza di anni. Nella sua prefazione Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello sport, racconta il libro con tredici parole: «Prima di andare a cercare la vita fuori l’avevamo trovata dentro una partita». Anche la dedica fa subito pensare. Ai compagni di squadra, gli amici migliori. Agli allenatori, gli insegnanti più duri. Ai genitori, i tifosi più fedeli. Sempre la vita che incrocia il calcio. Con storie e con ricordi. Come quello sull’allenatore della nazionale, Roberto Mancini. «Il Mancio aveva 18 anni quando Maxi, Ricki ed io eravamo nei pulcini del Bologna... Era il nostro mito. Lui, insieme al coetaneo Marco Macina, erano i talenti emergenti di Bologna e del calcio italiano. Uno veniva dalle Marche, uno da San Marino. Così simili e con un futuro così diverso. Marco smise a 26 anni con solo 13 presenze in serie A e nessun goal. Il Mancio esordì a 16 anni in serie A, diventando uno dei centrocampisti offensivi più forti della storia del calcio italiano: 541 presenze in serie A, 56 reti, 36 presenze in nazionale, 4 reti. Ha vinto 2 campionati italiani, 6 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Uefa».
Calcio e vita. Ancora una volta. E non è un caso che i ricavi del libro siano tutti destinati a sostenere Common Goal e i suoi progetti per i bambini nelle comunità più svantaggiate. Ecco l’altra lezione del calcio. Il calcio per lo sviluppo. Per l’uguaglianza. Per l’occupazione. Per la giustizia sociale. Il calcio per tendere la mano a chi resta indietro. Tre amici e un pallone fa pensare. E fanno pensare i commenti dei campioni che l’hanno letto lasciati sulla copertina del libro. Dunga, Kakà, Adriano… Loro la partita l’hanno vinta. Ma per chi non ce l’ha ancora fatta questo libro offre una lezione: «Nei supplementari della vita esiste sempre la speranza di ribaltare il risultato, di cambiarne le sorti, di credere fortemente al di là di ogni logica e di ogni ragione. La possibilità di sognare e di aspettarsi da noi stessi molto di più di quello che gli altri credano di noi. La volontà di andare sempre un po’ oltre quello che solo ieri sembrava il massimo del possibile. L’opportunità di scrivere e riscrivere una storia che non è mai finita».