Agorà

Dibattito. La teologia si veste di fantasy

Umberto Folena martedì 14 aprile 2015
Cara teologia, spiega le tue ali. Le hai ma forse te ne sei dimenticata, o ne diffidi e non le usi. Sono le ali della fantasia che permettono di esprimerci per immagini, metafore, parabole. Cara teologia, e se t’incontrassi con fantasy e fantascienza?L’invito farà rabbrividire chi ha sempre separato con una linea netta la letteratura alta da quella «di genere» e «popolare». Invito che solleticherà chi quella letteratura, ritenuta di serie B, la legge, magari non la cita per non veder arricciare il naso al professore imbevuto di pregiudizi accademici, però ne ricava piacere e nelle sue pieghe scopre un pensiero tutt’altro che fragile e superficiale, metafore a volte involontarie, tracce "religiose" neanche troppo velate.Tra chi esce allo scoperto ci sono organizzatori e partecipanti dell’incontro pubblico che si tiene domani all’Università Lateranense, «La teologia tra scienza e fantascienza». Tra di loro ci sono un matematico – Giandomenico Boffi, ordinario di Algebra e direttore del Laboratorio di Scienze matematiche all’Università degli Studi Internazionali di Roma (Unint), e direttore del Sefir (Scienza e fede sull’interpretazione del reale), un’area di ricerca dell’Istituto superiore di scienze religiose «Ecclesia mater» della Lateranense – e Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia fondamentale alla Lateranense. In questo caso, il Sefir ha assolto egregiamente al suo compito: ha fatto incontrare discipline all’apparenza remote. In nome della fantasia.«Per fare ricerca in matematica – spiega Giandomenico Boffi – non basta logica, ci vuole fantasia. Ma anche la teologia trarrebbe giovamento dal ricorso alle categorie dell’immaginario». Nel gioco di sponda replica Giuseppe Lorizio: «Ricordo la lettera di Ratzinger a Odifreddi: "La teologia non è fantascienza". Una battuta per sottolineare che quella teologica è a tutti gli effetti scienza. Ma ciò non toglie, con un pizzico di provocazione, che l’immaginario debba trovare spazio nella teologia. Oggi una teologia che si affidi soltanto a idee e concetti limita se stessa. La teologia classica è ricca di immagini. Si rivolge al futuro dell’uomo e del cosmo. Quanta teologia c’è nelle immagini delle cattedrali gotiche, e quanto ricorso alla fantasia nelle parabole di Gesù?». Nel suo intervento, Lorizio traccerà un filo rosso tra Daniele e l’Apocalisse, i Padri della Chiesa e la teologia medievale.All’incontro della Lateranense ci sarà spazio per due affondo specifici. Uno lo promette padre Michael Fuss, gesuita che alla Gregoriana tiene corsi su buddhismo e culti new age, che al suo intervento ha dato il titolo: «La forza sia con voi! Religione nella fantascienza contemporanea». L’allusione alla saga di Star Wars è trasparente. L’altro lo garantisce, sul versante fantasy, Antonio Sabetta, ordinario di Teologia fondamentale e preside dell’Issr «Ecclesia Mater», con un titolo promettente e impegnativo: «Per un ascolto teologico della saga di Harry Potter».«Ammetto che all’uscita del primo volume di Joanne Rowling ero scettico – racconta Sabetta –. Ero in Irlanda a perfezionare il mio inglese. Lessi La pietra filosofale in lingua originale. Ne rimasi catturato. Ho letto l’intera saga più volte e all’ultimo Harry Potter Day ero a Washington. La griglia cristologica di lettura mi appariva evidente. La vicenda di Harry Potter è una declinazione semplice del mistero della Redenzione. Neonato, sopravvive per il dono di un altro, la madre, il cui amore è superiore al più potente dei sortilegi. Harry permette alla storia di ricominciare e al male di non prevalere, morendo a sua volta». Sacrificio, giustizia... Sabetta vi legge le tracce di un cristianesimo anonimo, tipico dell’età post-secolare.Spogliandoci di ogni supponenza, ammettendo che la distinzione netta tra letteratura "alta" e "bassa" può essere falsa e fuorviante, le piste di ricerca si moltiplicano. Il cinema ne offre di innumerevoli, dalla ricerca del "padre creatore" e dall’accettazione della morte da parte della creatura che accetta di essere "finita" in Blade Runner, alle pulsioni mistiche (che cos’è la realtà? Chi siamo noi e qual è la nostra reale natura?) di Matrix. La letteratura precede il cinema. Guerra al grande nulla di James Blish, azzardata traduzione italiana dell’originale A Case of Conscience (1958), pone domande enormi: può esistere una civiltà non toccata dal peccato originale? Potrebbe Satana annidarsi in ciò che all’apparenza è puro?Negli anni Sessanta, la saga di Dune di Frank Herbert ha nel protagonista Paul Atreides un Messia, con richiami a Cristo e a Maometto, figlio di una programmazione genetica per obbligare a un balzo in avanti un’umanità sparsa nell’universo e decaduta. Negli anni Novanta la saga di Hyperion di Dan Simmons propone la tentazione più grande a cui potrebbe essere sottoposta la Chiesa: poter garantire ai propri fedeli la vita eterna qui, ora, in questo mondo.Fantasy e fantascienza si servono del proprio linguaggio. Spesso volano basse e non sono memorabili. A volte però pongono le domande e i temi della teologia attraverso intrecci, personaggi e metafore che con la loro forza lasciano una traccia profonda. Se davvero riuscissero a vincere i reciproci pregiudizi, un incontro tra teologia da una parte e fantasy e fantascienza dall’altra potrebbe dare risultati sorprendenti.