Agorà

Teatro. . La storia di Napoli nel san Gennaro di Saviano e Borrelli

FULVIO FULVI giovedì 7 aprile 2016
MILANO Una reliquia come racconto. L’ampolla miracolosa con il sangue di un martire cristiano che si scioglie davanti agli occhi del suo popolo diventa il pretesto per una storia nella quale convivono il mito, la leggenda e la cronaca di una tormentata città e del suo amato patrono. Sacro e profano, fede e magia si confondono. Prende corpo così lo spettacolo Sanghenapule. Vita straordinaria di san Gennaro, andato in scena l’altro ieri in anteprima nazionale al Piccolo Teatro Grassi di Milano, dove resterà fino al 17 aprile (con ripresa nel gennaio 2017). Roberto Saviano e Mimmo Borrelli, autori del testo e della drammaturgia, si muovono sul palcoscenico mantenendo funzioni distinte ma concentriche, tra una narrazione storico- letteraria e una tragica e intensa rappresentazione dalle sfumature grottesche. Il ceppo della decapitazione come un’ara pagana, un pastorale e una mitra rossa damascata sono gli emblemi che partecipano sul proscenio ai sei “atti di sangue” in cui si snoda il duplice racconto su san Gennaro. Luci rossastre si irradiano sul palco illuminando il nero del fondo mentre in primo piano un muro circolare si muove come un ostensorio. Si segue il filo di una lingua inventata d’italiano arcaico mescolato a una specie di “latino sine flexione” che l’attore e regista di Bacoli manipola con perizia, sia nei panni del boia, del santo o di un Lucifero con tanto di corna, quel diavolo che sbattutto sulla terra da Dio fece nascere il sempre febbricitante Vesuvio. L’idioma usato da Borrelli si alterna a quello fluente e immediato dello scrittore di Gomorrache vestito in felpa nera cita Dumas, Filangeri, Vanzetti ed esalta il massone Domenico Cirillo, un eroe della Rivoluzione del 1799 “giustiziato” dai Borboni assieme a Mario Pagano. L’illuminista Saviano vorrebbe, forse, un san Gennaro giacobino e libertario: non indaga il Mistero, non lo sfiora nemmeno nei suoi monologhi…. Non si interroga più di tanto, lo scrittore, sulle ragioni dello scioglimento del sangue che fu raccolto sul patibolo dalla pia donna Eusebia, un miracolo che dai tempi di Costantino I accade tre volte l’anno in Duomo, salvo rare e funeste interruzioni (presagio di epidemie, eruzioni violente ed altre calamità), nella sacra ampolla mostrata dall’arcivescovo ai fedeli: gli basta citare la scienza che non ha mai dato del fenomeno spiegazione certa e definitiva. Gennaro è il santo dei napoletani e dei migranti. È questo l’architrave dello spettacolo. Saviano ricorda l’esodo sotto l’Immacolatella, il palazzo prospiciente al “mandracchio” (il porto piccolo di Napoli) una tragedia umana che cominciò alla fine dell’Ottocento, un’emorragia del popolo, sangue nostro che se ne va in America per vincere la miseria: dal 1861 ad oggi sono stati trenta milioni gli italiani che hanno lasciato la loro patria per cercare fortuna nel Nuovo Mondo. Raffaele Viviani, altro grande della cultura partenopea, vedendoli ammassati a migliaia sul molo in attesa delle navi che li avrebbero strappati forse per sempre da madri, padri e fratelli, li chiamava «carne da macello » inventando un modo di dire. Oggi come allora si vendono i corpi, si pagano cifre spropositate per avere un passaggio sull’imbarcazione che li porterà a un Eldorado di fatiche dai contorni confusi. Il rito, una tammurriata monocorde, la litania incessante e ossessiva tornano sul palco nello struggente finale di Borrelli, un san Gennaro che si percuote il petto con forza evocando nella cascata di parole una colata del Vesuvio: è un santo protettore che prende su di sé i peccati del popolo e persino le ingiurie che esso gli rivolge. È, ancora una volta, Napucalisse, dove la città dalle mille contraddizioni muore e risorge. Paradiso e inferno insieme. Un impasto di bellezze meravigliose, di sogni e nostalgia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Al Piccolo di Milano “Sanghenapule”, drammaturgia sulla vita del santo patrono che racconta la città tra miti, leggende, cronache e letteratura. L’attore-regista e lo scrittore insieme sul palco IN SCENA. Saviano e Borrelli