Musica. La seconda vita del folk italiano
Il gruppo siciliano dei Malanova
Dopo il boom della musica folk in Italia negli anni 70, con artisti quali Maria Carta, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Gipo Farassino, Maria Monti e molti altri giunti persino alle ribalte di tv e hit parade, si era un po’ persa di vista la nostra tradizione. Tanto che pure il cantare nelle lingue locali era divenuto per pochi: lo stesso Jannacci aveva dovuto rinunciarvi. Una riscoperta del folk nostrano è però iniziata con l’inatteso successo del laghée del bravo Davide Van De Sfroos, dagli inizi del Duemila in poi; e ora sembra proprio che la canzone popolare, dialetti compresi, sia tornata agli onori dei critici (il Tenco ha assegnato al grande Otello Profazio un premio alla carriera) e agli oneri di provare davvero a raccontare la vita italiana di tutti i giorni: in modo più “nostro” e meno generazionale di quanto non sappia fare il rap, e provando strade inedite per non limitarsi a guardare il passato senza farne vivere davvero la lezione. Da queste constatazioni nasce un viaggio fra Nord e Sud della penisola: ed ecco due realtà ancora fuori dai grandi circuiti, ma in grado di rappresentare molto bene la nuova canzone popolare italiana. La prima, dalla Sicilia: Malanova, un gruppo di non professionisti che seguendo stilemi tradizionali parlano di argomenti del 2016; la seconda, piemontese: Cristina Meschia, una giovane interprete che tiene vive melodie e testi di ieri ma portandoli ai giovani nel jazz. Un folk che torna, finalmente, vivo.