Il museo. La «scuderia dei sogni» del signor Chicco con 770 cavalli giocattolo
Un interno del museo del cavallo giocattolo (Carlo Pozzoni)
Ogni cavallo ha un nome, come nella migliore tradizione ippica. Roberto è il primo che si incontra ed è anche il più grande: un magnifico esemplare lungo oltre sette metri e alto cinque. Un cavallo gigante. Arriva direttamente dal film di Roberto Benigni, Pinocchio, dove lo si vede dondolare allegramente nella piazza del Paese dei Balocchi. Ci sono poi Camilla, Garibaldo e Luigina, rarità del primo Novecento; ci sono il classico Edoardo, destriero di fine '800, e il futurista Fortunato (che fino al 18 febbraio 2018 si possono ammirare alla Triennale di Milano per la mostra Giro giro tondo); c’è Max, un cavallo stilizzato degli anni Trenta, fabbricato a Chicago; e c’è Hermete che arriva dalle “giostre” dell’Ungheria. Non mancano esemplari nordeuropei, mongoli, giapponesi, cubani. Insomma, se si vuole compiere il giro del mondo al trotto, anche in un solo pomeriggio, a Grandate, in provincia di Como, c’è una scuderia davvero speciale: è il Museo del cavallo giocattolo. Cavalli diversi, di tutte le epoche, di tutte le latitudini, uniti da un’unica grande missione: far divertire i bimbi di ogni età e liberare la loro fantasia. Cavalli giocattolo di legno, di stoffa, di cartapesta, di metallo o terracotta. Cavalli a dondolo, o su triciclo, grandi e piccoli, che animano il museo voluto dal cavaliere Pietro Catelli (scomparso nel 2006), fondatore del Gruppo Artsana, di cui fa parte il noto marchio di prodotti per bambini, Chicco. Un museo d’impresa che va ben oltre l’impre- sa, per raccontare non la storia dell’azienda, ma il suo sogno. «Ho sempre pensato che nella vita bisogna lasciare un segno. Il Museo del cavallo giocattolo è la mia testimonianza: ho voluto dare vita a una scuderia di sogni per il bambino che vive in ognuno di noi», disse il cavaliere inaugurando, il 14 aprile del 2000 (in occasione del suo ottantesimo compleanno), l’affascinante struttura che sorge a fianco del Chicco Village, in quella che un tempo era proprio una gloriosa scuderia, quella del Portichetto. Qui vi nacque negli anni Cinquanta il cavallo Tornese, il leggendario purosangue che espugnò gli ippodromi di mezzo mondo, vincendo 130 corse e conquistandosi l’appellativo di Sauro Volante. E Tornese è uno dei pezzi più belli e più in vista della collezione, un cavallo con sulky prodotto negli anni Cinquanta dalla torinese Algat e ispirato proprio al vero trionfante trottatore.
La scuderia dei sogni del “signor Chicco” conta oggi oltre 770 pezzi provenienti da tutto il mondo. Il curatore Giovanni Berera con passione si dedica alla valorizzazione di questo patrimonio, nato con l’acquisizione in blocco di una collezione privata di cinquecento cavalli giocattolo, ma che ogni anno si è arricchita e si arricchisce di nuovi destrieri. «Fin dall’apertura – spiega Berera – i visitatori hanno partecipato donando in prima persona i balocchi della propria infanzia e i ricordi a essi legati, che sono poi il vero patrimonio del Museo. Dal primo cavallino Evangelina, un dondolo donato da una bambina greca, proprio nell’anno di nascita del museo, per ringraziare Pietro Catelli, l’ideatore di quello che per anni era stato il suo inseparabile amico di avventure, un piccolo giocattolo della Chicco, a Giulia, tra gli ultimi dondoli entrato in collezione, disegnato da Paolo Pininfarina e realizzato da un pezzo unico di legno di cedro profumato. Giulia rappresenta il futuro, è un oggetto dal design contemporaneo, prodotto nel XXI secolo. Ben 2000 anni la separano da Gigi, il cavallo più antico del museo, datato I secolo d.C. e realizzato in terracotta». Una sezione a sé hanno i cavalli e i mezzi della collezione Lehmann, gli affascinanti giocattoli di latta della fabbrica tedesca (41 pezzi) che raccontano la meraviglia di Ernest Paul Lehmann osservando la realtà quotidiana fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
Un museo che conserva, ma che è sempre vivo. «Da quindici anni – continua Berera – elaboriamo un’offerta educativa rivolta alle famiglie e alle scuole dell’infanzia e primaria». Un’apertura e un legame con il territorio a cui tiene fortemente Francesca Catelli, terzogenita di Pietro Catelli e Csr director di Artsana, impegnatissima sul fronte sociale, anche con il progetto “Chicco di felicità”. «È questo un luogo unico, intriso di una magia che è stata in grado di alimentarsi solo grazie all’affetto e all’attenzione di tutti coloro che si sono lasciati conquistare dalla bellezza dei ricordi che solo un oggetto del passato sa custodire e suscitare – dice la Catelli –. Il Museo è un vero e proprio laboratorio per la formazione di quelli che saranno gli adulti di domani ». Chi l’avrebbe mai detto che con un cavallino a dondolo si potesse arrivare così lontano?