Biografia. La santità di Carlo, ultimo degli Asburgo e "patrono dei perdenti"
Carlo d’Asburgo con la moglie Zita
Quando, il 1° aprile del 1922, invocando ripetutamente il nome di Gesù, Carlo d’Asburgo muore, non ha ancora compiuto trentacinque anni. Una vita breve, la sua, che, da un punto di vista puramente umano, è stata caratterizzata da un susseguirsi di fallimenti, come ricorda Marco Andreolli nel libro L’ultimo Imperatore d’Occidente. Carlo d’Asburgo il 'santo patrono dei perdenti' (San Paolo, pagine 176, euro 20). Succeduto nel 1916 al vecchio sovrano Francesco Giuseppe sul trono dell’impero austro-ungarico, Carlo si trovò nel bel mezzo della tragedia della Prima guerra mondiale, non riuscendo a evitarla, come avrebbe ardentemente desiderato, né a vincerla; dovette così assistere al dissolvimento dell’Impero degli Asburgo, che per secoli avevano dominato l’Europa, perdendo la corona più prestigiosa dell’Occidente; non gli fu possibile neanche conservare il proprio patrimonio personale, tanto che morì in povertà, a Funchal, nell’isola atlantica di Madeira, dove era stato esiliato, lontanissimo dalla sua Vienna; non vedrà neppure nascere l’ottava figlia, lui che, da padre buono e premuroso, avrebbe voluto dedicarsi intensamente alla sua numerosa e tanto amata prole; e la mor- te in giovane età lo privò anche della possibilità di vivere accanto all’adorata moglie Zita, che gli stette vicino fino all’ultimo respiro. Uno sconfitto, dunque? Forse sì, secondo la logica del mondo, ma non secondo quella del Vangelo. Non casualmente, infatti, il tre 3 ottobre del 2004 il santo pontefice Giovanni Paolo II lo proclamò beato, dedicandogli le seguenti significative parole: «Il compito decisivo del cristiano consiste nel cercare in tutto la volontà di Dio, riconoscerla e seguirla. L’uomo di Stato e cristiano Carlo d’Austria si pose quotidianamente questa sfida. Ai suoi occhi la guerra appariva come qualcosa di orribile. Nei tumulti della prima guerra mondiale cercò di promuovere l’iniziativa di pace del mio predecessore Benedetto XV. Fin dall’inizio, l’Imperatore Carlo concepì la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica. Per questo, il suo pensiero andava all’assistenza sociale. Sia un esempio per noi tutti, soprattutto per quelli che oggi hanno in Europa la responsabilità politica!». Ben presto, dopo la sua morte, la figura e l’esempio di Carlo d’Asburgo cominciarono ad affascinare un numero sempre maggiore di persone e si moltiplicarono le preghiere affinché la Chiesa gli riconoscesse ufficialmente la fama di santità che si era guadagnato durante la sua breve e non facile esistenza. Marito esemplare – Andreolli sostiene che il felice matrimonio con l’amatissima Zita rappresentò il vero fulcro della sua vita –, genitore affettuoso, uomo politico attento alle necessità dei sudditi, cristiano austero e distaccato dai beni mondani, Carlo non distolse mai lo sguardo dal Crocifisso, accettando con fede e serenità le dure prove e le numerose sofferenze che la vita gli riservò.