La presentazione. La rivoluzione del Maxxi
L’idea è quella del museo come luogo di incontro e di confronto, di scambio sociale e culturale. Un posto dove è piacevole stare e dove si va per vivere alcuni momenti della propria giornata in compagnia della cultura. Non solo, insomma, per vedere mostre e collezioni artistiche, ma anche solo semplicemente per godere dei singolari spazi disegnati da Zaha Hadid che hanno l’unico vidente scopo di immergere il visitatore in una condizione capace di aprire la mente alla percezione delle forme artistiche contemporanee e a quelle del futuro, possibile e impossibile. La proposta per il 2017 del Maxxi, il Museo nazionale dell’arte del XXI secolo di Roma si rafforza in questa direzione. La strada, del resto, è stata ben tracciata negli ultimi anni e i risultati del 2016 stanno lì a indicare che si tratta del percorso giusto: 33% di biglietti venduti in più, 28 nuove acquisizioni, 144 aziende e mecenati privati.
Se ne è parlato oggi in un incontro organizzato nella sede museale al quale hanno partecipato: il presidente della Fondazione Maxxi Giovanna Melandri, il direttore artistico Hou Hanru, il direttore del Maxxi architettura Margherita Guccione e il direttore del Maxxi arte Bartolomeo Pietromarchi. Nell’occasione sono state presentate le nuove iniziative e quella che, con un po’ di enfasi, è stata definita una “rivoluzione creativa”, che prevede anche "Jack tv”, la prima web tv internazionale dedicata alle arti contemporanee, ideata e promossa dal Maxxi in collaborazione con la società Engineering.
Nei fatti, come ha spiegato Guccione, vengono più che raddoppiati gli spazi della Collezione libera e permanente che viene interamente sistemata al piano terra con una ricollocazione degli spazi comuni di accoglienza, del bar, della libreria e della rivendita di gadget. I piani superiori saranno interamente dedicati alle collezioni e alle mostre con 15 eventi e progetti artistici speciali per celebrare grandi protagonisti dell’arte contemporanea, ma anche per discutere su eventi epocali in cui l’arte dialoga con la storia e con i grandi temi della contemporaneità come l’ambiente, il dialogo Nord-Sud, l’evoluzione scientifica. Più nel dettaglio Pietromarchi ha parlato di un progetto che intende “rimettere al centro dell’identità del museo la sua collezione come dispositivo dinamico e funzionale alla vita del museo”. Una sorta di “collezione dinamica” destinata a modificarsi spesso nell’aspetto e nei suoi componenti con l’obiettivo di “renderla viva” e accentuarne il senso di work in progress proiettato verso il futuro.
Ma al di là di quello che sarà il nuovo modo di proporsi e di “vivere col pubblico”, quel che si presenta più interessante sono alcune delle mostre preparate per l’anno in corso. Per la prima volta viene proposta una grande retrospettiva su Piero Gilardi, riconosciuto come una dei maggiori sperimentatori e interpreti italiani. Un artista che negli anni Sessanta si colloca all’origine dell’arte povera, che negli anni Ottanta è fra i primi a esprimersi con le tecnologie multimediali e, in epoca più recente, con le bio ed eco tecnologie.
Fra le mostre dedicate a grandi firme spicca quella su Yona Friedman, definita “figura leggendaria, punto di riferimento fondamentale per artisti e architetti, icona dell’architettura utopica del dopoguerra. La mostra, col titolo “Mobile Architecture” si propone di indagare il rapporto fra la dimensione utopica del design e la sua realizzazione concreta, partendo dalla teoria dell’architettura mobile concepita dalla stessa Friedman con lo spirito di ricondurre l’ideazione architettonica alle reali esigenze abitative degli individui.
A un anno dalla morte, naturalmente, non poteva mancare un’iniziativa per raccontare le idee, la tecnica e l’arte di Zaha Hadid che, proprio per le caratteristiche così preponderanti e per certi versi “condizionanti” della struttura del Maxxi è, nei fatti, la vera padrona di casa. La mostra si concentra sul rapporto col nostro Paese e sui progetti che la Hadid ha realizzato in Italia, con schizzi pittorici, lavori concettuali, modelli tridimensionali e virtuali, con grandi esempi come la Stazione marittima di Salerno e il progetto City Live per Milano.
Grande attesa per la mostra “Einstein oggi. Percorsi tra arte e scienza”. Iniziativa che si colloca a cento anni dalla teoria della relatività e si propone di indagare non solo le relazioni fra arte e scienza, ma anche i mille risvolti artistici della relatività. Un progetto complesso che propone lavori commissionati a grandi artisti internazionali e si avvale della collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana, l’Istituto nazionale di fisica nucleare e il Miur.
Il tema della reclusione inteso nel senso concreto del carcere e in quello metaforico della tante gabbie che la società ha costruito intorno a noi e alla nostra vita è affrontato nella mostra “Please come back. Il mondo come prigione?” che prende il titolo da un’opera del collettivo Claire Fontaine e (attraverso opere di 26 artisti) propone una riflessione sul mondodel lavoro inteso come spazio di reclusione e sullo sconfinamento della prigione al di fuori dei muri e delle strutture per essa concepiti: dalla superfetazione dei metodi di controllo e di sorveglianza a quella dei disciplinari di comportamento, all’esasperazione della condivisione attraverso i sociale che si configura come una sistematica violazione della privacy. Nella domanda “please come back?” si cela, insomma, il desiderio di ritorno a conquiste e abitudini che la modernità ha cancellato.
Sempre la modernità e le sue prospettive sono indagate nella terza tappa della “Trilogia Mediterranea” che dopo l’Iran e Istanbul, quest’anno ferma la sua attenzione su “Beirut. Rinascimento mediterraneo”. Un viaggio nel presente della città libanese che anche grazie alle ultime generazioni dei suoi artisti sta risorgendo dalla guerra civile proponendosi come esempio di resistenza e di rinascita a tutto il Medioriente.