Agorà

CANDIDATE. La più bella dello Stivale

Giacomo Gambassi mercoledì 2 ottobre 2013
L’Italia dei campanili si sfida sul terreno dell’arte, della storia e delle tradizioni per salire sulla ribalta continentale e individuare il capoluogo che diventerà la Capitale europea della cultura nel 2019. Fra sei anni toccherà al nostro Paese e alla Bulgaria ospitare le due polis che faranno andare a braccetto cultura e cittadinanza. E nella Penisola sono ventuno le città in lizza per il titolo assegnato dell’Unione europea. L’elenco delle contendenti è stato ufficializzato ieri dal dicastero dei Beni culturali. E, con una manciata di caratteri, il ministro Massimo Bray l’ha rilanciato su Twitter. La cifra va al di là di qualsiasi previsione. Ed è lo specchio della molla del particulare cara all’Italia ma anche il segno della vivacità del Paese nonostante una politica culturale non sempre all’altezza.I capoluoghi avevano tempo fino allo scorso 20 settembre per presentare i dossier di candidatura in via del Collegio Romano. Poi il ministero si è preso altri dieci giorni per mettere a punto la lista. Diciassette delle ventuno città in gara erano già date per sicure ai nastri di partenza: Aosta, Bergamo, Mantova, Venezia e il Nord Est, Ravenna, Pisa, Siena, Perugia («con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria»), Urbino. L’Aquila, Caserta, Matera, Lecce, Taranto, Palermo, Siracusa e il Sud Est, e Cagliari. Ha reso nota la sua partecipazione due giorni prima della scadenza Reggio Calabria che punta sul binomio fra passato e futuro rivendicando da un lato il ruolo baricentrico che per millenni la città ha avuto come crocevia delle rotte commerciali e culturali del Mediterraneo e dall’altra le potenzialità che Reggio possiede come porta ideale di comunicazione tra i popoli europei e quelli del Nord Africa. Ma gli innesti inattesi sono altri: tre città (o sarebbe meglio dire, angoli della Penisola) che fino all’ultimo minuto non hanno lasciato trapelare l’intenzione di essere pronte a contendersi il «sigillo» europeo. Ecco, quindi, comparire nel focus online del ministero anche Grosseto e la Maremma, Vallo di Diano ed Erice che hanno tenuto le carte nascoste fino alla chiusura del bando. La città del Sud-Ovest della Toscana porta a tre le sfidanti dell’ex Granducato ed è stata candidata da due «eclettici artisti» (come loro stessi si definiscono), Maurizio Cont e Gianmarco Serra, che hanno formato un comitato basato sul principio di «passione». Al centro del loro progetto la creazione di gruppi di lavoro che producano «pensiero ed arte senza limiti di tema: azioni, installazioni, eventi artistici, seminari, catene brulicanti di lavori, opere, fermenti». Si presenta come «città diffusa» Vallo di Diano che si è alleata con il «Cilento, la Regione Campania e il Mezzogiorno d’Italia», secondo la formula adottata nel dossier. Il regolamento della Ue prevede che le città candidate abbiano la possibilità di associare al loro programma un territorio regionale. Ad esempio, Lussemburgo 2007 ha unito la «Grande Regione» al proprio percorso, mentre Essen 2010 ha abbracciato la Ruhr. È la via adottata anche da Venezia (con il Nord Est), Perugia (con l’Umbria) e Siracusa (con il Sud Est). Resta, però, da capire se davvero Vallo di Diano possa rientrare nella categoria «città» (indispensabile per partecipare alla gara). Certo, Vallo di Diano con il suo parco delle biodiversità è già stato proclamato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. E lo stesso vale per il Cilento, terra che ha ispirato poeti e cantori e che può calare sul tavolo tesori come Paestum. Altra new entry è Erice, trentamila abitanti in provincia di Trapani: il guanto è stato lanciato dall’amministrazione comunale della Vetta che ha candidato il centro siciliano sul filo di lana. E così nell’isola – come avviene in Toscana – sono tre le pretendenti al titolo. Non si è presentata, invece, Torino dove un comitato della società civile ha lavorato per due anni ma non ha trovato il supporto delle istituzionali locali.Le candidature delle ventuno città saranno passate al vaglio di una commissione mista formata da sette membri nominati dell’Unione europea e da sei designati dal ministero dei Beni culturali. Proprio per i sei di stampo italiano si registrano i primi ritardi: i nomi dei commissari europei sono già noti da tempo e fra loro rientra anche il presidente, l’austriaco Manfred Gaulhofer, che resterà in carica per tutto quest’anno; invece quelli nazionali dovevano essere investiti con un decreto entro settembre, ma il dicastero non ha ancora completato la rosa. Ecco perché l’organismo non può dirsi ufficialmente costituito. Se il programma sarà rispettato, la prossima tappa è fissata a metà novembre quando ogni città sarà chiamata a Roma per presentare il dossier di fronte alla commissione. A dicembre la prima selezione: dal totale delle candidate si passerà a un gruppo ristretto di finaliste che saranno da quattro a sei. E tra loro verrà scelta entro l’inizio del 2015 la Capitale europea per l’Italia. Un’opportunità anche di crescita che le cifre della Ue confermano: infatti alcune città nominate Capitali negli anni passati hanno stimato che ogni euro investito nella manifestazione può generare da 8 a 10 euro. Non solo. Il settore culturale e creativo ha un ruolo economico e sociale trainante nel continente e contribuisce al 2,6% del Pil europeo. Dal 1985, anno in cui il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha adottato l’iniziativa ideata dal ministro greco della cultura, Melina Mercouri, sono state trentadue le città designate «Ecoc» (European capital of culture). L’Italia ne ha già espresse tre: Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 e Genova nel 2004. Nel 2019 sarà la quarta. E la futura Capitale dovrà coniugare la dimensione europea con quella cittadina, ha stabilito l’Ue. In pratica, andrà favorita la cooperazione tra operatori culturali, artisti e città degli Stati membri, dovrà essere promossa la convivenza delle differenze ma anche essere evidenziati gli aspetti che uniscono le culture europee; al tempo stesso, la Capitale sarà chiamata a incoraggiare la partecipazione dei cittadini e lo sviluppo socio-culturale a lungo termine del «cantiere» di idee, progetti e iniziative che la comunità saprà esprimere.