È una delle megalopoli più grandi del pianeta: 24 milioni di abitanti, se si considera tutta la superficie periferica. Più che una ragnatela urbana, Città del Messico è un colorato e caotico groviglio di quartieri, appesantito da un traffico insostenibile. Accade anche al centro storico: non c’è più spazio, non si può costruire e nemmeno abbattere l’antico. Migliaia di palazzi sono protetti, intoccabili. E siccome i grattacieli nella zona storica sono vietati, c’è chi ha pensato di ribaltare i fattori: il risultato, in teoria, non dovrebbe cambiare. Lo hanno ribattezzato
rascasuelos, ovvero
grattasuolo: un’altissima torre, ma a testa in giù, conficcata nella terra. Proprio nel cuore del Distretto Federale: nel
Zocalo, una delle piazze più estese del mondo. Possibile? «Oggi il centro storico ha l’urgente necessità di un rinnovamento. Servono nuovi uffici, negozi, spazi residenziali e infrastrutture, ma non ci sono terreni liberi disponibili. La Soprintendenza proibisce di toccare quello che c’è e, anche se fosse possibile, l’altezza sarebbe comunque limitata a otto piani. Ciò significa che l’unica via è verso il basso e nel Zocalo», sostiene Emelio Barjau, a capo del gruppo di giovani architetti dello studio
Bunker Arquitectura. Sono loro i responsabili di questo visionario progetto: un edificio di 65 piani che affonderà 300 metri sotto terra, proprio al di sotto dei 57.000 metri quadrati del Zocalo. L’origine del disegno, in fondo, è un pezzo di storia messicana. Più che un grattacielo rovesciato, infatti, si tratterebbe di una piramide ribaltata: una struttura architettonica cara alle antiche civiltà degli aztechi e dei maya. I materiali scelti sono gli stessi delle torri ultramoderne: vetro e acciaio. Sarà una sorta di cono, dunque, e una delle caratteristiche principali sarà il «vuoto centrale»: la luce naturale dovrebbe essere garantita fino in fondo, grazie all’uso della fibra ottica. I primi dieci piani verranno occupati da un enorme museo e un centro culturale dedicati agli aztechi e ai maya. La ragione è pratica: Città del Messico è «come una grande torta a strati sovrapposti, in cui si sono avvicendati strati messicani e spagnoli», spiega Esteban Suarez, direttore generale dello studio Bunker. Con gli scavi, gli architetti sanno che verranno alla luce grandi quantità di reperti e per questo hanno immaginato un grande spazio archeologico che li raccolga. A partire dall’undicesimo piano cominceranno i negozi e la zona residenziale (per migliaia di persone), mentre l’ultima parte sarà riservata agli uffici. Il tutto intervallato da giardini e ampi spazi verdi, che dovrebbero funzionare come polmoni naturali per rinnovare l’aria del
grattasuolo: per il mantenimento saranno costruiti impianti che tratteranno i rifiuti e le acque. La forma di piramide rovesciata è la migliore, sottolinea Barjau: «Con questo sistema di costruzione, tutte le pareti laterali saranno muri di contenzione per sostenere meglio la spinta laterale di migliaia di tonnellate di peso». Ma i dubbi sulla sicurezza sono inevitabili, data la sismicità del territorio messicano. Eppure, ribatte l’architetto capo, l’esperienza ha dimostrato che sotto terra c’è una buona tenuta alle scosse. Lo dimostrarono le stazioni della metropolitana di Città del Messico durante il grande terremoto del 1985: non ci furono danni. Il sogno dei disegnatori dello studio Bunker costerebbe 550 milioni di euro e per edificarlo ci vorrebbero cinque anni: una delle parti più difficili sarà convincere le autorità della capitale. «Contribuiremo a ridurre il caos urbano della città». Ma chi vorrà vivere o lavorare nelle viscere di Città del Messico? Il rischio di claustrofobia dovrebbe essere evitato grazie alla luce naturale che filtrerà nel cono: sarebbe come affacciarsi su un cortile interno. Quanto alla cattedrale e agli edifici storici esistenti nella piazza del Zocalo, niente paura. Verranno protetti: «L’attuale progresso tecnologico permette di realizzare cose che prima erano inimmaginabili»