Mistica. La luce di Gemma Galgani sul dramma del '900
Non è mai facile avvicinarsi ai grandi mistici attraverso gli scritti e avere la percezione della concretezza della loro esistenza quotidiana. Qualcosa di più si comprende visitando i luoghi dove hanno vissuto, osservando gli oggetti usati, guardando qualche fotografia. L'agiografia classica, poi, esaltando gli aspetti spirituali e il loro contrasto col "mondo" (inteso nel senso del Vangelo di Giovanni), difficilmente aiuta su questa strada di comprensione. Ciò che è fisico resta separato da ciò che è spirituale. Qualcosa di diverso, però, accade con Gemma Galgani, la santa mistica del sacro Cuore e testimone della Misericordia divina, attraverso questo prezioso lavoro (solo 250 copie) fresco di stampa. Un cofanetto interamente dedicato alla notissima Autobiografia.
L'edizione, curata da Marinella Rizzone e Antonino Terzo, stampata dalla Legatoria Rapisarda di Catania per il Santuario Santa Gemma a Lucca, è composta da due piccoli volumi: il primo è la copia, in tutto "identica", del manoscritto così come, bruciato e annerito in ogni pagina, venne riconsegnato dal diavolo (che lo aveva trafugato) in seguito a un esorcismo del passionista Germano Ruoppolo; il secondo contiene la trascrizione "diplomatica" del testo, parallelamente alla trascrizione grammaticalmente corretta, corredate da un ampio apparato scientifico. Quest'ultimo è costituito da note critiche, note prosopografiche, analisi del testo, del linguaggio e della grafia oltre che da una spiegazione dettagliata (attraverso lettere e scritti dei protagonisti) dei passaggi biografici essenziali che portarono Gemma alla scrittura di questa sua "Confessione generale" («Il libro dei miei peccati») proprio su ordine di Ruoppolo, che era il suo padre spirituale.
Il lavoro è stato presentato venerdì sera nella chiesa del convento-satuario di Santa Gemma Galgani a Lucca alla presenza, oltre che dei due curatori, di un appassionato della grande mistica stigmatizzata, il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli, il rettore del santuario padre Giovanni Zubiani e la superiora del monastero madre Maria Camilla dell'Amore Crocifisso. Proprio monsignor Tardelli ha messo in evidenza l'efficacia di questa opera, per entrare nel cuore e nella vita della «Povera Gemma», come lei si definiva. Si tratta di uno studio «scientificamente solido, lontano da tentazioni agiografiche, capace di leggere nelle pieghe del testo con una miniera di approfondimenti che consentono di dare un volto nuovo alla Santa». Riguardo poi alla copia del manoscritto, per Zubiani «è impagabile la sensazione di trovarsi di fronte al testo originale nelle dimensioni reali, con le sfumature della scrittura, le parole sottolineate da Gemma, i suoi ripensamenti, gli errori di ortografia». Insomma, sfogliando e leggendo questa copia del manoscritto ci si può davvero immergere nella psicologia e nel sentire spirituale della giovane Gemma, che nel febbraio del 1901, a 23 anni e a soli due anni dalla morte, che avverrà l'11 aprile 1903, si accinge a scrivere la Autobiografia «per obbedienza», su due quaderni a righe.
E nei fatti, come ha spiegato Antonino Terzo, si tratta di «una copia come mai era stata fatta con tale precisione, che offre davvero la sensazione di avere l'originale fra le mani». Cura e dettaglio che si devono anche a meticolose ricostruzioni (da fonti storiche) di come erano i due quaderni prima del loro restauro e ricopertura, oltre che a una scansione con risoluzione a 600 Dpi reali, con scanner planetario, fatta in collaborazione con Ibam-Cnr di Catania, capace di fornire un risultato più leggibile dell'originale.L'altissima definizione delle scansioni digitali ha fra l'altro consentito ingrandimenti e studi particolari dei fogli, tali da mettere in evidenza sfumature prima non rilevabili e, fra queste, alcune impronte digitali non identificate. Si tratta di segni impressi nelle bruciature che, come abbiamo già accennato, furono lasciate dal diavolo, secondo il racconto della stessa Gemma e della testimonianza di Cecilia Giannini.
La vicenda si svolge fra la primavera e l'estate del 1901. Dall'8 giugno 1899, vigilia della festa del Sacro Cuore, Gemma ha le stigmate. Le compaiono ogni giovedì sera e restano fino alle 15 del venerdì. Orfana, malata e in una pessima situazione economica è stata accolta da un anno nella casa dei Giannini, una ricca e devota famiglia di Lucca, dove resterà fino alla morte. Fra queste mura conclude la stesura della sua Confessione generale il 15 maggio 1901. Così come le ha detto padre Germano, la consegna a Cecilia Giannini, che chiude a chiave i due quaderni nel cassettone della sua camera. Durante la redazione del manoscritto più volte Gemma era stata insidiata dal diavolo, che voleva farla desistere dall'impresa. Il 20 giugno 1901, scrivendo a padre Germano, racconta che in vari colloqui mistici Gesù le ha detto di tenersi pronta, perché «il demonio ti sta preparando una grande guerra». Qualche tempo dopo, di notte, Gemma vede il diavolo uscire da una finestra di casa con in mano il suo manoscritto. Avverte Cecilia che controlla nel cassettone e non lo trova. Entrambe scrivono al padre passionista, che si trova nella casa di Isola del Gran Sasso, dove è sepolto san Gabriele dell'Addolorata, all'epoca venerabile. Il 21 luglio Ruoppolo risponde che farà un esorcismo (il giorno dopo) chiedendo l'intercessione di Gabriele, affinché il diavolo venga obbligato a restituire i quaderni. E da una lettera di Cecilia a Germano sappiamo che la cosa accade proprio durante il rito: «Il libro è tornato, ma se vedesse in che stato!». «Tutto nero e anche bruciato».
Dopo averlo visto lo stesso Germano scrive: «Le sue pagine, da cima a fondo, erano tutte affumicate e abbrustolite dal fuoco, come se ciascuna di esse, separatamente, fosse stata esposta sopra un ardente camino, non così, però, che il carattere ne rimanesse guasto».Una vicenda resa ancor più singolare da alcune evidenze. Su tutte le pagine (di carta) dei quaderni ci sono inquietanti impronte prodotte da bruciature, ma ogni facciata ha la sua impronta totalmente indipendente da quella che è sul suo retro: il segno non è passante. Le pagine sono tutte ustionate tranne le ultime tre (bianche) del secondo quaderno, sulle quali Gemma non aveva scritto. Riguardo alle impronte digitali evidenziate dalla scansione non se ne conosce l'origine. Venerdì, nel corso della presentazione, sono state mostrate in immagini ingrandite e alcune sono particolarmente nitide. Ma al di là di queste curiosità e "singolarità spirituali", ciò che emerge evidente da questo lavoro è la figura a tutto tondo di Gemma Galgani.
Una donna che, come Teresa di Lisieux, chiude l'800 e apre a un secolo denso di esperienze mistiche al femminile: da suor Lucia di Fatima a Marthe Robin, a Faustina Kowalska, Simone Weil, Teresa di Calcutta e tante altre. Personaggi in cui, come ha sottolineato monsignor Tardelli, «si percepisce l'angoscia delle ferite del Novecento. Assumono su di loro il dramma dell'umanità. Una percezione di dolore universale, che viene però trasfigurato dall'intimità del dialogo con Dio, nel sentimento di urgenza d'amore vissuto come unica strada per la salvezza. E Gemma, all'inizio di quel secolo di immense tragedie e di smarrimenti umani, trasmette con la sua vita il messaggio della Misericordia, la speranza dell'amore di Dio. Una luce accesa sul dramma, che proprio questo suo essere costantemente nel soprannaturale, pur se immersa nella vita di tutti i giorni, rende fortemente credibile».