Agorà

Francoforte. La letteratura sfida la politica

Alessandro Zaccuri giovedì 9 ottobre 2014
Il primo colpo d’occhio non è incoraggiante. A Francoforte sono da poco passate del 10 del mattino, la Fiera del libro ha aperto da pochi minuti e il dibattito sull’Egitto ("dalla rivolta alla transizione") sta andando deserto. L’unico relatore presente fa roteare uno sguardo severo sulle sedie vuote, ma forse sarebbe bastato scegliere un orario meno impervio e il pubblico non sarebbe mancato. Perché questa del 2014 - nonostante la crisi che continua a incombere e l’ottimismo che sostanzialmente scarseggia - è pur sempre la Buchmesse dell’impegno ritrovato. Vecchio attrezzo novecentesco, l’engagement, che però torna utile in una stagione di nazionalismi minacciosi e di estremismi ribollenti. È un tasto su cui insiste volentieri il direttore della kermesse, Juergen Boos: in questi giorni, dice, Francoforte è capitale della letteratura mondiale, sfruttiamo l’occasione per esplorare nuovi modelli di dialogo, nuove occasioni di convivenza.Ragionamento più che comprensibile, non fosse altro che per ragioni di opportunità. Nel momento in cui il mercato del libro rimane stagnante, diventa importante ricordare il motivo per cui, da sempre, i libri si scrivono: per capire il mondo o, almeno, per cercare di farlo. L’esperimento lanciato quest’anno porta il titolo in apparenza sbarazzino di Frankfurt Undercover, "Francoforte clandestina", ed è coordinato da Janne Teller, scrittrice danese con una forte esperienza nel campo della mediazione internazionale in Africa e Medioriente. Non è una voce consolatoria, la sua. Si rivolge di preferenza ai ragazzi, che sono di volta in volta i protagonisti e i destinatari dei suoi libri (editi in Italia da Feltrinelli): adolescenti alla deriva nel duro romanzo Niente, prime vittime della violenza in Immagina di essere in guerra. «Spesso i conflitti vengono ricondotti a cause quali il nazionalismo, le opposizioni etniche o le differenze religiose – osserva Janne Teller –. A uno sguardo più ravvicinato, però, sono i fattori di tipo umano a prevalere. Paura, gelosia, avidità: ecco che cosa sta all’origine delle guerre. Gli scrittori lavorano proprio su questi elementi di umanità. È il nostro campo d’azione e, insieme, un territorio nel quale la politica e, in generale, il dibattito pubblico sembrano essersi ormai persi in un vicolo cieco. Servono spunti innovativi. Serve, più che altro, un atteggiamento del tutto diverso».Dal punto di vista pratico Frankfurt Undercover coinvolge autori di vari Paesi (nessun italiano, per la cronaca) in tre sessioni di discussione che domani culmineranno in quello che viene annunciato come «un compendio di idee, un dono ai politici da parte degli scrittori». Programma ambizioso? Certo che sì, ma che dalla letteratura occorra ripartire è un’opinione che inizia a essere abbastanza diffusa, se non altro per scongiurare il rischio che l’editoria viva in una bolla impermeabile delle tragedie della contemporaneità. La Buchmesse, a modo suo, ci prova, per esempio designando l’Indonesia come ospite del 2015. Un bel salto, e non soltanto geografico, rispetto alla Finlandia che quest’anno domina con la sua glaciale eleganza. L’Indonesia è il più popoloso dei Paesi musulmani e la convivenza interreligiosa è, fin d’ora, una delle tematiche messe in agenda per la prossima edizione.Nell’ufficialità, tuttavia, la prudenza sembra avere la meglio. Nell’area in cui sono collocati gli stand dei Paesi arabi, la presenza più vistosa è quella degli Emirati, che annunciano con orgoglio la Fiera del libro in programma ad Abu Dhabi per il maggio prossimo. Le rappresentanze siriane e irachene si accontentano di posizioni defilate, mentre i più attivi sono gli editori del Kuwait, che propongono opere divulgative sull’islam autentico e dvd in cui si ribadisce che la vera jihad va sferrata contro il terrorismo. Al piano superiore, la delegazione della Turchia punta imperturbabile sul fascino della tradizione, con un calligrafo sempre intento a destreggiarsi tra colori e pennelli. Su un altro fronte di crisi, va segnalato che qualche editore ucraino c’è, ma è strategicamente piazzato in un padiglione diverso da quello in cui troneggia lo stand della Russia. Di Crimea e dintorni, però, si discute a qualche metro di distanza dalla roccaforte moscovita. Sul palco, a parlarne, sono tutti scrittori.